ISSN 2385-1376
Testo massima
L’omessa contestazione degli estratti conto da parte del correntista costituisce elemento dal quale trarre il convincimento per il giudice del merito sulla correttezza delle operazioni ivi contemplate.
La Corte di Cassazione, con sentenza n.8457 del 28/05/2012, si è così pronunciata sul ricorso promosso da una società correntista, avverso le decisioni con cui il Tribunale di primo grado e la Corte di Appello poi, avevano rigettato la richiesta di restituzione somme per l’emissione di trentuno assegni circolari mai richiesti nè consegnati al legale rappresentante della società.
Nel corso del giudizio la banca convenuta chiamava in causa, a scopo di eventuale rivalsa, il legale rappresentante che aveva rivestito la carica di contabile e che per conto di questa aveva mantenuto i rapporti con la banca, facendosi consegnare gli assegni circolari di cui si discute.
La Corte territoriale ritenne, infatti, che la banca non poteva essere accusata di scarsa diligenza per aver emesso e consegnato gli assegni circolari al legale rappresentante, atteso che le firme dello stesso, unitamente al timbro della società, sulle relative richieste di emissione, non risultavano tali da farle apparire palesemente apocrife, e che l’emissione degli assegni circolari sopra menzionati era avvenuta nell’arco di nove mesi senza che la correntista avesse mai contestato in quel lasso di tempo le risultanze degli estratti conto ad essa inviati dalla banca.
La Corte, pertanto, uniformandosi alla decisione dei giudici di merito, ha affermato che la mancata contestazione di quegli estratti da parte della correntista era comunque un comportamento da cui il giudice poteva trarne argomento di prova.
Nel caso di specie, invero, la corte d’appello si era limitata appunto a trarre dal silenzio serbato per lunghi mesi, dopo il ricevimento degli estratti conto, un argomento logico a sostegno dell’esistenza di una delega ad operare in banca rilasciata dal legale rappresentante della società al contabile cui gli assegni erano stati consegnati.
Alla luce di quanto esposto, gli ermellini, hanno ribadito il principio in base al quale la mancata contestazione degli estratti conto è un elemento dal quale il Giudice può liberamente trarre argomento di prova.
Testo del provvedimento
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 3202/2011 proposto da:
ALFA SAS;
RICORRENTE
contro
BANCA;
CONTRORICORRENTE
contro
P.O.;
INTIMATO
avverso la sentenza n. 600/2010 della CORTE D’APPELLO di SALERNO, depositata il 08/06/2010;
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Nel 1992 la ALFA SAS (in prosieguo indicata come OMISSIS) citò in giudizio dinanzi al Tribunale di Salerno la BANCA (in prosieguo OMISSIS), con cui aveva intrattenuto un rapporto di conto corrente, riferendo che nei due anni precedenti si era vista addebitare in conto l’importo complessivo di L. 96.163.435 per l’emissione di trentuno assegni circolari mai richiesti nè consegnati al legale rappresentante della società. Chiese perciò che la banca convenuta fosse condannata alla restituzione di detta somma.
La BANCA resistette alla domanda e chiamò in causa a scopo di eventuale rivalsa il sig. P.O., che aveva rivestito la carica di contabile della società ALFA SAS e che per conto di questa aveva mantenuto i rapporti con la banca, facendosi consegnare gli assegni circolari di cui si discute.
Il tribunale rigettò la domanda della società attrice e dichiarò pertanto inammissibile quella proposta dalla banca convenuta nei confronti del terzo chiamato, disponendo di conseguenza anche in ordine alle spese processuali.
Chiamata a pronunciarsi sui contrapposti gravami delle parti, la Corte d’appello di Salerno, con sentenza depositata l’8 giugno 2010, confermò le statuizioni di primo grado, compensando però le spese processuali nel rapporto tra banca convenuta e terzo chiamato.
La corte territoriale ritenne, infatti, che la BANCA non potesse essere accusato di scarsa diligenza per aver emesso e consegnato gli assegni circolari di cui si tratta al sig. P., atteso che le firme del legale rappresentante della correntista ALFA sulle relative richieste di emissione, con il timbro dell’ALFA SAS, non risultavano tali da farle apparire palesemente apocrife, che il predetto sig. P. operava da tempo presso l’agenzia bancaria quale contabile della medesima società ALFA e che l’emissione degli assegni circolari sopra menzionati era avvenuta nell’arco di nove mesi senza che la correntista avesse mai contestato in quel lasso di tempo le risultanze degli estratti conto ad essa inviati dalla banca.
Avverso tale sentenza la ALFA ha proposto ricorso, prospettando due motivi di censura.
La BANCA ha replicato con controricorso, mentre nessuna difesa ha svolto in questa sede il sig. P..
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il PRIMO motivo di ricorso, che lamenta vizi di motivazione della sentenza impugnata, non è fondato.
Il convincimento del giudice d’appello è adeguatamente spiegato, nei termini che son già stati dianzi sinteticamente riferiti, e la circostanza che esso non risulti condiviso dalla ricorrente non equivale all’individuazione di un qualche vizio logico da cui la motivazione della sentenza sia affetta.
E’ solo necessario aggiungere che la necessità di una delega scritta della ALFA al proprio contabile, affermata nel ricorso per criticare il passaggio dell’impugnata sentenza che fa leva invece proprio sull’esistenza di una delega verbale, non trova appiglio in alcuna previsione normativa o convenzionale;
che non è rilevante la mancata presentazione di apposita istanza di verificazione dell’autenticità delle firme apposte in calce alle richieste di rilascio degli assegni circolari disconosciute dalla ALFA SAS, avendo la corte d’appello escluso che l’eventuale contraffazione di quelle firme fosse riconoscibile con l’uso della diligenza all’uopo occorrente;
e che neppure è pertinente il richiamo alla giurisprudenza che esclude la possibilità di riferire la tacita approvazione degli estratti conto bancari alla validità ed agli effetti delle operazioni segnate in conto, giacchè la mancata contestazione di quegli estratti è comunque un comportamento di cui il giudice può tener conto per trame argomento di prova e, nel caso di specie, la corte d’appello si è limitata appunto a trarre dal silenzio serbato per lunghi mesi dalla società, dopo il ricevimento degli estratti conto, un argomento logico a sostegno dell’esistenza di una delega ad operare in banca rilasciata dal legale rappresentante della società al contabile cui gli assegni erano stati consegnati.
Neppure è fondato il SECONDO motivo di ricorso, che denuncia violazioni di legge in tema di mandato e di operazioni bancarie in conto corrente, poiché la corte d’appello non ha in alcun modo disatteso i principi relativi alla diligenza del mandatario e dell’accorto banchiere, invocati dalla ricorrente, ma ne ha fatto applicazione, motivando – in modo, come si è visto sopra, non criticabile – il perché ha ritenuto che nel caso in esame il lamentato difetto di diligenza non fosse ravvisabile.
Il rigetto del ricorso comporta la condanna della ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità,liquidate come in dispositivo.
PQM
La corte rigetta il ricorso e condanna la società ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 1.500,00 per onorari e 200,00 per esborsi, oltre alle spese generali ed agli, accessori di legge.
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Numero Protocolo Interno : 36/2012