ISSN 2385-1376
Testo massima
L’estratto conto conforme alla previsione di cui all’art. 50 del T. U. bancario e creditizio che sia ricognitivo delle partite di dare ed avere intervenute nel periodo tra le parti, una volta trascorso il periodo di tempo dalla sua comunicazione al correntista senza essere oggetto di contestazione o impugnazione, costituisce prova del credito anche nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo.
Così si è pronunciato il Tribunale di Bologna in persona del Giudice dott. Pasquale Liccardo che con la sentenza n.868 ha ritenuto l’estratto conto bancario prova valida in un giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo e confermando, per l’effetto, la validità della pretesa dell’istituto di credito in quanto la contestazione del tutto generica della capitalizzazione degli interessi non fa cadere il decreto ingiuntivo ottenuto dalla banca.
L’adito giudicante spiega come la problematica della natura giuridica dell’estratto conto e dell’approvazione del conto è stata più volte affrontata sia in giurisprudenza che in dottrina soprattutto con riferimento al conto corrente bancario che, in virtù del disposto dell’art. 1857 c.c. e della previsione dell’art. 102 legge bancaria del 1936 riconosceva a particolari istituti di credito la possibilità di ottenere sulla base dell’estratto dei saldoconti certificati da un proprio dirigente un provvedimento monitorio, per la riscossione dei crediti dovuti e risultanti dal saldoconto.
Va comunque ricordato che l’art. 50 t.u.b. (come già l’art. 102 l. b.), è norma eccezionale non suscettibile di interpretazione estensiva, cosicché l’efficacia probatoria dell’estratto conto deve intendersi essere limitata alla fase monitoria.
Pertanto, l’estratto conto costituisce elemento idoneo a determinare la convinzione del giudice dell’opposizione esclusivamente in ragione del valore probatorio che ad esso si può ascrivere alla stregua dei principi ordinari, con assimilazione alle scritture contabili dell’imprenditore idonee in base all’art.2710 cc a spiegare efficacia probatoria anche nei giudizi di cognizione.
In altri termini, il legislatore ha attribuito ad un documento, quale l’estratto conto (e non il saldoconto), purché corredato delle formalità prescritte dall’art.50 T.U. 385/93, il valore di “prova scritta” idonea ad ottenere ingiunzioni giudiziali di pagamento derogando ai principi generali in materia di prove, in primis quello secondo cui la dichiarazione resa o il documento redatto da una delle parti in lite è invocabile a suo danno, non già in suo favore.
Al riguardo va solo osservato come la Suprema Corte ha ritenuto che diversamente dal saldaconto che nella previsione di cui all’art.102 legge bancaria previgente, aveva efficacia probatoria nel solo procedimento monitorio, l’estratto conto conforme alla previsione di cui all’art.50 del T. U. bancario e creditizio (e quindi ricognitivo delle partite di dare ed avere intervenute nel periodo tra le parti), una volta trascorso il periodo di tempo dalla sua comunicazione al correntista senza essere oggetto di contestazione o impugnazione, costituisse prova del credito anche nel successivo giudizio di opposizione in quanto rivestito della connotazione di incontestabilità limitatamente alle annotazioni contabili degli addebiti e degli accrediti, senza peraltro precludere al correntista il diritto di contestare la validità ed l’efficacia dei rapporti obbligatori dai quali le partite annotate sul conto derivano, distinguendo così il piano formale dei rapporti da quello sostanziale dell’esistenza degli stessi e dei titoli che ne sono il fondamento (Cass. 26 luglio 2001 n 10186; Cass. 24 luglio 1986, n. 4735, in Banca Borsa tit. cred., 1988, p. 593; Cass. 24 maggio 1991, n. 5876, in Giust. civ., 1991, I, p. 2970; Cass. 11 marzo 1996, n. 1978, Cass. 11 settembre 1997, n. 8989 in Archivio civ., 1997, p. 1198).
In altri termini, pur ritenendo idoneo l’estratto conto a provare l’an ed il quantum del credito bancario anche nei giudizi di cognizione, la Suprema Corte rimane ferma nel riconoscere al correntista la possibilità di eccepire l’invalidità del rapporto (per negozio nullo, annullabile, inefficace o, comunque, fondato su situazione d’illiceità), gravandolo del relativo onere ai sensi del secondo comma dell’art. 2697 c.c. con il solo limite derivante dalla completezza del documento prodotto.
Laddove il documento prodotto in giudizio dalla banca sia privo di ogni preciso riferimento alle partite di dare e avere che conducono alla individuazione del saldo, il correntista non può ritenersi onerato di un onere di specifica contestazione al fine di superarne l’efficacia probatoria in quanto proprio l’ assoluta laconicità del documento abilita il correntista ad una sua generica contestazione.
Testo del provvedimento
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE DI BOLOGNA
QUARTA SEZIONE CIVILE
Il Tribunale, nella persona del giudice unico Dott. Pasquale Liccardo ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile di primo Grado iscritta al n. 18530/2005 R.G. promossa da:
S. S.r.l. ;
Attore
contro:
BP. S.p.A.;
Convenuto
CONCISA ESPOSIZIONE DELLE RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE
1. A motivo di opposizione a decreto ingiuntivo, la società S. S.r.l. e le garanti BS. e BV. hanno dedotto la nullità del decreto opposto perché emesso sulla base di un semplice saldaconto e non già di un estratto conto certificato conforme secondo la previsione di cui all’art.50 T.U.B. nonché la insussistenza di alcun contratto con la società quanto conto corrente ed anticipazioni all’esportazione accordate in costanza di rapporto.
Nel costituirsi in giudizio, in qualità di interveniente in forza dell’operata cessione da parte della BP. S.p.A. della Filiale presso la quale era in essere il rapporto, la CR. S.p.A. ha contestato ogni assunto attoreo chiedendone la integrale reiezione per genericità di ogni addebito e ritualità di ogni produzione documentale operata in sede monitoria.
Deduceva infine la Banca la piena validità della fideiussione prestata dalle opponenti, negando ogni addebito quanto a malafede nella condotta osservata sia nei confronti della società affidata, nelle more fallita, sia nei confronti delle sue garanti. Il giudizio ha registrato la sua interruzione relativamente alla sola controversia introdotta dalla S. S.r.l. per intervenuto suo fallimento. L’opposizione è infondata e come tale va per intero disattesa.
1. Quanto al motivo di opposizione avente ad oggetto la dedotta nullità del decreto ingiuntivo per essere lo stesso stato emesso sulla base del solo estratto di conto, lo stesso non abbia alcun pregio e come tale vada disatteso. Ed invero, la problematica della natura giuridica dell’estratto conto e dell’approvazione del conto è stata più volte affrontata in giurisprudenza come in dottrina soprattutto con riferimento al conto corrente bancario, in virtù del disposto dell’art.1857 cc e della previsione dell’art.102 legge bancaria del 1936 che riconosceva a particolari istituti di credito la possibilità di ottenere sulla base dell’estratto dei saldoconti certificati da un proprio dirigente un provvedimento monitorio, per la riscossione dei crediti dovuti e risultanti dal saldoconto.
La riforma della normativa bancaria di cui al T.U. n.385 del 1993, prescrive all’art.50 che il provvedimento di cui all’art.633 cpc può essere richiesto dalle banche sulla base dell’estratto conto, oggetto di richiamo anche dall’art.119 sotto la rubrica comunicazioni periodiche alla clientela, a tenore del quale, l’estratto conto deve essere “inviato al cliente con periodicità annuale o, a scelta del cliente, con periodicità semestrale, trimestrale o mensile”.
Ciò posto, va del pari ricordato come l’art.50 tub (come già l’art.102 l b), è norma eccezionale non suscettibile di interpretazione estensiva, cosicché l’efficacia probatoria dell’estratto conto deve intendersi essere limitata alla fase monitoria.
Pertanto, secondo la ricostruzione proposta in dottrina e consolidata in giurisprudenza (cfr. Cass. 18 luglio 1994, n.6707, in Corr. giur., 1994, 1098) nel giudizio di opposizione e in genere nei procedimenti di cognizione, l’estratto conto costituisce elemento idoneo a determinare la convinzione del giudice dell’opposizione esclusivamente in ragione del valore probatorio che ad esso si può ascrivere alla stregua dei principi ordinari, con assimilazione alle scritture contabili dell’imprenditore idonee in base all’art.2710 cc a spiegare efficacia probatoria anche nei giudizi di cognizione. In altri termini, il legislatore ha attribuito ad un documento, quale l’estratto conto (e non il saldoconto), purché corredato delle formalità prescritte dall’art.50 T.U. 385/93, il valore di “prova scritta” idonea ad ottenere ingiunzioni giudiziali di pagamento derogando ai principi generali in materia di prove, in primis quello secondo cui la dichiarazione resa o il documento redatto da una delle parti in lite è invocabile a suo danno, non già in suo favore.
Al riguardo va solo osservato come la Suprema Corte (cfr. Cass. 25 settembre 2003 n.14234) ha ritenuto che diversamente dal saldaconto che nella previsione di cui all’art. 102 legge bancaria previgente, aveva efficacia probatoria nel solo procedimento monitorio, l’estratto conto conforme alla previsione di cui all’art.50 del T. U. bancario e creditizio (e quindi ricognitivo delle partite di dare ed avere intervenute nel periodo tra le parti), una volta trascorso il periodo di tempo dalla sua comunicazione al correntista senza essere oggetto di contestazione o impugnazione, costituisse prova del credito anche nel successivo giudizio di opposizione in quanto rivestito della connotazione di incontestabilità limitatamente alle annotazioni contabili degli addebiti e degli accrediti, senza peraltro precludere al correntista il diritto di contestare la validità ed l’efficacia dei rapporti obbligatori dai quali le partite annotate sul conto derivano, distinguendo così il piano formale dei rapporti da quello sostanziale dell’esistenza degli stessi e dei titoli che ne sono il fondamento (Cass. 26 luglio 2001 n 10186; Cass. 24 luglio 1986, n. 4735, in Banca Borsa tit. cred., 1988, p. 593; Cass. 24 maggio 1991, n. 5876, in Giust. civ., 1991, I, p. 2970; Cass. 11 marzo 1996, n. 1978, Cass. 11 settembre 1997, n. 8989 in Archivio civ., 1997, p. 1198).
In altri termini, pur ritenendo idoneo l’estratto conto a provare l’an ed il quantum del credito bancario anche nei giudizi di cognizione, la Suprema Corte rimane ferma nel riconoscere al correntista la possibilità di eccepire l’invalidità del rapporto (per negozio nullo, annullabile, inefficace o, comunque, fondato su situazione d’illiceità), gravandolo del relativo onere ai sensi del secondo comma dell’art.2697 cc con il solo limite derivante dalla completezza del documento prodotto: appare infatti evidente che nel caso in cui il documento prodotto in giudizio dalla banca sia privo di ogni preciso riferimento alle partite di dare e avere che conducono alla individuazione del saldo, il correntista non può ritenersi onerato di un onere di specifica contestazione al fine di superarne l’efficacia probatoria in quanto proprio l’ assoluta laconicità del documento abilita il correntista ad una sua generica contestazione.
La documentazione prodotta dalla ricorrente in monitorio (doc. 2 fascicolo monitorio della parte) risulta coerente con il dettato normativo, in quanto risulta composta dell’estratto di conto ricognitivo della movimentazione del periodo (dal 4/01/2005 alla cessazione del rapporto): del pari, la banca opposta ha prodotto nel corso del presente giudizio, lo sviluppo integrale degli estratti conto dalla sua accensione, assolvendo pertanto all’onere sulla stessa gravante quanto a prova documentale delle annotazioni operate.
2. Quanto alla contestazione delle singole annotazioni operate in conto con riferimento alla dedotta nullità del contratto di apertura del conto corrente di corrispondenza, va qui solo osservato che:
I) BV. in qualità di legale rappresentante della società S. S.r.l. ha provveduto alla sottoscrizione del contratto di apertura di conto corrente prodotto in atti (cfr. doc. 3 allegato al fascicolo della fase monitoria pag. 1), dichiarando altresì che “un esemplare del presente contratto” le era stato contestualmente consegnato;
II) la stipulazione del predetto contratto appare evidente, non potendo assegnarsi significato diverso alla indicazione “della presa d’atto” di cui al predetto contratto, in quanto incoerente con la sottoscrizione dello stesso, le clausole pattuite e con il prosieguo del rapporto intervenuto pacificamente tra le parti.
3. Del pari, quanto alla contestazione del tutto generica della capitalizzazione degli interessi, va qui rilevato:
I) per orientamento della Suprema Corte “la contestazione degli estratti conto (in tema di conto corrente bancario) deve essere specifica, non potendo riferirsi genericamente all’insieme della movimentazione del conto corrente, ancorché la mancata tempestiva contestazione dell’estratto conto da parte del correntista nel termine previsto dall’art.1832 cc renda inoppugnabili gli addebiti solo sotto il profilo meramente contabile e non precluda, pertanto, la contestazione della validità e dell’efficacia dei rapporti obbligatori da cui essi derivino” (da ultimo Cass. 18.9.2008 n.23807 );
II) nel contratto è stata convenuta la previsione di reciprocità nella capitalizzazione degli interessi con periodicità trimestrale (cfr. clausola l. 7 del predetto doc. 3 allegato al fascicolo della fase monitoria) in aderenza a quanto previsto dall’art.120 del predetto TUB integrato dalla nota circolare C.I.C.R. del 9.2.2000 e che risultano analiticamente indicate tutte le condizioni economiche – dai tassi alle spese alle decorrenze delle valute ecc. – che avrebbero regolato il rapporto. Al contratto risulta infatti allegata la rituale scheda sulla trasparenza contenente l’ analitica indicazione delle condizioni economiche applicate al rapporto, scheda questa sottoscritta dalla società correntista, rendendo anche sul punto evidente la insussistenza di ogni motivo di reale contestazione.
Deve pertanto essere disattesa ogni istanza formulata dalle opponenti quanto a CTU essendo evidente il contenuto esplorativo della consulenza richiesta.
4. Quanto infine alla dedotta nullità per mancanza di forma scritta del contratto di anticipazione su fatture intervenuto con la società opponente, va qui solo ricordato:
I) la previsione di concessione di linee di credito era inserita nel contratto di conto corrente (cfr. clausola 6 del doc. 3) rendendo pertanto coerente la condotta osservata dalle parti, in quanto trattasi di operazioni e servizi effettuati in esecuzione di previsioni contenute nel contratto di apertura di c/c redatto per iscritto;
II) le operazioni di anticipazione risultano tutte registrate in conto (cfr. doc. 13 allegato al fascicolo della fase di opposizione);
III) i contratti di anticipazione su fatture sono operazioni equiparate a quelle di sconto – “sconto improprio” (cfr. Cass. 31.8.2007 n. 18447) con insussistenza di ogni obbligo di forma scritta (“In tema di contratto di sconto bancario, che risulti stipulato per fatti concludenti, non rileva – al fine del sorgere delle obbligazioni derivanti dal contratto – né l’assenza di un contratto di apertura di credito, né la mancanza di un “castelletto di sconto“, atteso che il contratto di sconto non richiede la forma scritta né ad substantiam né ad probationem” (Cass. 14.7.2010 n. 16560 in Giust. Civ. Mass. 2010, 9, 1124, richiamata dalla difesa di parte opposta).
5. Il rigetto di ogni contestazione formulata quanto alla sussistenza del rapporto in essere con la società garantita priva di ogni fondamento l’opposizione delle garanti, non senza rilevare in questa sede come la banca opposta abbia adeguatamente comprovato i motivi di recesso dal contratto in essere con la società S. S.r.l.: gli eventi pregiudizievoli segnalati sia presso la Centrale dei Rischi – che evidenziava numerose sofferenze (cfr. doc. 12 allegato al fascicolo della fase monitoria) – che presso l’Agenzia del Territorio con la pubblicazione di iscrizioni di ipoteche giudiziali a carico delle garanti (cfr. docc. 10 – 11 allegati al fascicolo della fase monitoria) come oggetto di documentazione già all’atto della pronuncia monitoria, radicano revoca dei rapporti in essere operata dalla banca, privando di ogni fondamento le contestazioni mosse dalle opponenti, prive di adeguata ponderazione sistematica e argomentativa.
4. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano, in ragione della natura delle difese rassegnate in atti, in Euro 9.500.00 per compensi, oltre 95,00 per spese, oltre accessori di legge.
La sentenza è munita di formula per legge.
PQM
Il Tribunale di Bologna, definitivamente pronunciando sulla opposizione introdotta con atto di citazione notificato in data 14.12.05 dalla società S. S.r.l. e da BS. e BV., così provvede:
1. rigetta in quanto infondato in fatto ed in diritto ogni motivo di opposizione proposti, confermando per l’effetto anche a norma dell’art.653 cpc a favore della Banca ingiungente, nonché, in virtù dell’intervenuta cessione ex art.58 TUB, a favore della cessionaria CR. S.p.A. il decreto ingiuntivo opposto nei confronti di S.Br. e Ve.Bi.;
2. condanna gli opponenti all’integrale rifusione delle spese che si liquidano in Euro 9.500.00 per compensi, oltre 95,00 per spese, oltre accessori di legge.
3. La sentenza è munita di formula per legge.
Così deciso in Bologna il 21 marzo 2013.
Depositata in Cancelleria il 21 marzo 2013.
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Numero Protocolo Interno : 422/2013