In tema di opposizione allo stato passivo, il principio di consecuzione delle procedure concorsuali, non avendo carattere generale, non rileva rispetto all’ammissione con riserva del credito in virtù di una sentenza emessa in pendenza di concordato preventivo sfociato in fallimento a seguito dell’intervenuta revoca, ex art. 173 l.fall.. L’art. 96, comma 3, n. 3, l.fall., impone, infatti, di considerare, ai fini dell’opponibilità della sentenza nei confronti della massa, la data della dichiarazione di fallimento e non quella della pubblicazione della domanda di ammissione al concordato preventivo, sicché l’accertamento del credito contenuto nella sentenza anteriore alla dichiarazione di fallimento, passata in giudicato nelle more della procedura concordataria, è alla stessa opponibile.
Va ammesso al passivo il credito che abbia titolo in una sentenza di accertamento, pubblicata prima del fallimento del debitore e sebbene passata in giudicato dopo, non potendosi aver riguardo, ai fini di invocarne l’inefficacia, la data – ancora anteriore – della domanda di ammissione del debitore al concordato, poi seguito da revoca. Il principio di unitarietà tra le due procedure in consecutività, infatti, si riflette in termini di retrodatazione solo nei casi di espressa previsione normativa, come nel calcolo del periodo sospetto, non esprimendo una regola generale. Nella fattispecie, né la società debitrice (prima di fallire), né il curatore fallimentare ai sensi dell’art. 96, comma 3, n. 3, l.fall., avevano impugnato la sentenza.
Questi i principi di diritto espressi dalla Corte di Cassazione, Pres. Scaldaferri, Rel. Amatore, con sentenza n. 5090 del 16/02/2022.
Nel caso concreto è accaduto che in danno di una società posta in concordato veniva emessa sentenza di accertamento e successivamente la detta procedura veniva risolta ed il Tribunale dichiarava il fallimento.
Il credito veniva escluso dal passivo ed il creditore proponeva una vittoriosa opposizione allo stato passivo.
Il curatore fallimentare impugnava il provvedimento di ammissione, deducendo la violazione e falsa applicazione della L. Fall., art. 96, comma 3, n. 3, per la mancata applicazione del principio di consecuzione delle procedure concorsuali, per la erronea considerazione della perdita della capacità processuale del fallito alla data della dichiarazione di fallimento, anzichè alla data di apertura del concordato in applicazione del principio di consecuzione delle procedure concorsuali.
La Corte ha rilevato che non si rinviene nell’ordinamento positivo alcuna disposizione normativa che riconosca in via generale la retrodatazione degli effetti del fallimento a partire dall’inizio della procedura concordataria.
Nel caso concreto gli Ermellini hanno respinto il ricorso ritenendo opponibile al fallimento la sentenza di accertamento emessa in danno della società posta in concordato e passata in giudicato dopo la dichiarazione di fallimento in quanto la data da considerare ai fini della opponibilità della sentenza nei confronti della massa è quella della dichiarazione di fallimento e non quella di pubblicazione della domanda di ammissione al concordato preventivo.
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