In sede di accertamento dello stato passivo, ai fini della decisione circa l’opponibilità al fallimento di un credito documentato mediante la quale voglia darsi la prova del momento in cui il negozio è stato concluso, il giudice di merito, ove sia dedotto un fatto diverso da quelli tipizzati nell’art. 2704 cod. civ. (registrazione, morte o sopravvenuta impossibilità fisica di uno dei sottoscrittori, riproduzione in un atto pubblico), ha il compito di valutarne, caso per caso, la sussistenza e l’idoneità a stabilire la certezza della data del documento, con il limite del carattere obiettivo del fatto, il quale non deve essere riconducibile al soggetto che lo invoca e deve essere, altresì, sottratto alla sua disponibilità.
Questo il principio affermato dalla Cassazione civile, Sez. VI – 1, Pres. DI PALMA Rel. DE CHIARA, con l’ordinanza del 26/09/2014, n. 20393.
Nel caso in esame, il Tribunale negava l’insinuazione nello stato passivo di un credito derivante da apertura di credito in conto corrente concessa alla fallita da una banca, nei cui rapporti era, poi, succeduto altro istituto di credito.
Il Tribunale rigettava la relativa opposizione, poiché il credito discendeva da un contratto di apertura di credito in sé privo di data certa. Tuttavia il contratto, come detto, era stato sottoscritto dal preposto a una filiale che risultava essere stata ceduta a un’altra banca diversi anni prima della dichiarazione del fallimento.
La documentazione prodotta dimostrava che la filiale in questione (nonché tutte le altre filiali della medesima provincia) era ricompresa nel ramo di azienda assegnato, nell’ambito di una scissione parziale, a un nuovo soggetto bancario.
E la data della scissione (anteriore rispetto al fallimento) è stata ritenuta “certa”, risultando dal relativo atto pubblico.
Gli Ermellini, infatti, disattendendo le conclusioni della relazione ex art. 380 bis c.p.c., hanno osservato che la documentazione allegata dalla ricorrente ed, in particolare l’atto di scissione parziale di ramo d’azienda, tutti aventi data certa anteriore al fallimento della debitrice, fossero invero di contenuto tale da integrare la prova certa – nel senso voluto dall’art. 2704 c.c. , comma 1, u.p., – dell’anteriorità ai medesimi (e dunque alla dichiarazione del fallimento) della scrittura privata di apertura di credito.
Invero, in sede di accertamento dello stato passivo, ai fini della decisione circa l’opponibilità al fallimento di un credito documentato mediante la quale voglia darsi la prova del momento in cui il negozio è stato concluso, il giudice di merito, ove sia dedotto un fatto diverso da quelli tipizzati nell’art. 2704 cod. civ. (registrazione, morte o sopravvenuta impossibilità fisica di uno dei sottoscrittori, riproduzione in un atto pubblico), ha il compito di valutarne, caso per caso, la sussistenza e l’idoneità a stabilire la certezza della data del documento, con il limite del carattere obiettivo del fatto, il quale non deve essere riconducibile al soggetto che lo invoca e deve essere, altresì, sottratto alla sua disponibilità, (da ultimo, Cass 2299/12).
In conclusione, nel caso di specie, la Corte ha ritenuto che il giudice può valutare caso per caso la data certa nell’accertamento dello stato passivo e che il contratto di apertura di credito sottoscritto dalla banca in data anteriore alla dismissione del ramo d’azienda è rilevante ai fini della prova “certa” nel senso voluto dall’art. 2704 c.c.
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