ISSN 2385-1376
Testo massima
L’imprenditore defunto tramite i suoi eredi può presentare domanda di concordato preventivo anche in bianco.
Nel caso di domanda di concordato che si innesti nell’ambito di un’istruttoria prefallimentare già in corso, se la procedura di concordato, che inizia, nell’ipotesi dell’art. 161, co. 6, con la concessione da parte del tribunale del termine dalla stessa disposizione previsto, entro cui effettivamente l’imprenditore abbia depositato la proposta, il piano e la relativa documentazione di supporto, si concluda – all’esito del procedimento – con una pronunzia di inammissibilità, la decisione sull’istanza di fallimento eventualmente proposta dai creditori o dal PM non soggiace al termine annuale di cui agli artt. 10 e 11, il quale va riferito invece della data di ammissione alla procedura minore.
Sono questi i principi espressi dalla settima sezione civile del Tribunale di Napoli, in persona del Presidente Dott. Lucio Di Nosse e del Giudice relatore Dott.ssa Ilaria Grimaldi, con la sentenza n.392 del 15.11.2013.
LA NORMATIVA
ART. 10 L.Fall.- FALLIMENTO DELL’IMPRENDITORE CHE HA CESSATO L’ESERCIZIO DELL’IMPRESA.
Gli imprenditori individuali e collettivi possono essere dichiarati falliti entro un anno dalla cancellazione dal registro delle imprese, se l’insolvenza si è manifestata anteriormente alla medesima o entro l’anno successivo.
In caso di impresa individuale o di cancellazione di ufficio degli imprenditori collettivi, è fatta salva la facoltà per il creditore o per il pubblico ministero di dimostrare il momento dell’effettiva cessazione dell’attività da cui decorre il termine del primo comma.
ART. 11. L.Fall. – FALLIMENTO DELL’IMPRENDITORE DEFUNTO.
L’imprenditore defunto può essere dichiarato fallito quando ricorrono le condizioni stabilite nell’articolo precedente.
L’erede può chiedere il fallimento del defunto, purché l’eredità non sia già confusa con il suo patrimonio; l’erede che chiede il fallimento del defunto non è soggetto agli obblighi di deposito di cui agli articoli 14 e 16, secondo comma, n. 3).
Con la dichiarazione di fallimento cessano di diritto gli effetti della separazione dei beni ottenuta dai creditori del defunto a norma del codice civile.
ART. 162 L.FALL. – INAMMISSIBILITÀ DELLA PROPOSTA
Il Tribunale può concedere al debitore un termine non superiore a quindici giorni per apportare integrazioni al piano e produrre nuovi documenti.
Il Tribunale, se all’esito del procedimento verifica che non ricorrono i presupposti di cui agli articoli 160, commi primo e secondo, e 161, sentito il debitore in camera di consiglio, con decreto non soggetto a reclamo dichiara inammissibile la proposta di concordato. In tali casi il tribunale, su istanza del creditore o su richiesta del pubblico ministero, accertati i presupposti di cui agli articoli 1 e 5 dichiara il fallimento del debitore.
Contro la sentenza che dichiara il fallimento è proponibile reclamo a norma dell’articolo 18. Con il reclamo possono farsi valere anche motivi attinenti all’ammissibilità della proposta di concordato.
ART. 180, co.7 L.Fall. – GIUDIZIO DI OMOLOGAZIONE COMMA VII
Il tribunale, se respinge il concordato, su istanza del creditore o su richiesta del pubblico ministero, accertati i presupposti di cui gli articoli 1 e 5, dichiara il fallimento del debitore, con separata sentenza, emessa contestualmente al decreto.
IL CASO – I FATTI DEL PROCESSO
La vicenda trae origine dal ricorso proposto da due società creditrici al fine di ottenere la dichiarazione di fallimento del titolare di una ditta individuale.
Nella fattispecie, a seguito del decesso di quest’ultimo, avvenuto oltre un anno prima della emananda sentenza di fallimento, gli eredi avevano presentato istanza di concordato preventivo con riserva, ex art. 161, co.6 L.Fall.
Il Tribunale, chiamato a giudicare sulla proposta e sul piano di concordato successivamente depositati, ne ha sancito l’inammissibilità.
LA DECISIONE
Il Tribunale ha affrontato la questione dell’applicazione del termine di cui agli artt. 10 e 11 L.Fall., in ipotesi di contemporanea pendenza della procedura di concordato preventivo e di quella di fallimento.
Si è, dunque, preliminarmente soffermato sulla ammissibilità, in generale, del ricorso di concordato in caso di imprenditore defunto, richiamando un proprio precedente decreto ed individuando la ratio del nuovo assetto normativo soprattutto a seguito dell’introduzione del c.d. “concordato in bianco” nella considerazione del fallimento quale extrema ratio (in linea, peraltro, con la disposizione testuale di cui all’art. 162., co.2 L.Fall.).
Circa la possibilità di dichiarare il fallimento all’esito della pronuncia sull’inammissibilità del concordato, anche trascorso il termine di un anno dal decesso dell’imprenditore, il Tribunale, sulla base dell’interpretazione del citato art.162, comma 2 L.Fall, ha fornito una risposta positiva, sostenendo che tale ultima disposizione “sembra escludere, nel caso di dichiarazione di fallimento che segua all’esito negativo dell’istanza di concordato preventivo, la rilevanza del termine annuale dell’art. 11 richiedendo a tal fine solo la verifica del presupposto oggettivo, della qualità di imprenditore commerciale (art. 1), e soggettivo, dello stato di insolvenza (art. 5)“.
A tale considerazione si accompagna la valutazione circa la natura speciale delle disposizioni di cui agli artt.10 e 11, che si riferiscono espressamente alla disciplina del fallimento, trovando la propria ratio nella necessità di tutelare l’imprenditore che sia soggetto passivo di un ricorso proposto dai creditori o dal P.M., e limitatamente al caso in cui l’insolvenza si sia manifestata anteriormente alla cancellazione dal registro delle imprese, o entro l’anno successivo, ovvero naturalmente prima della sua morte, così scongiurando il pericolo di una dichiarazione di fallimento sine die, nonostante la cessazione dell’attività d’impresa.
A questo punto il Collegio rileva come, stante la riferita ratio delle disposizioni degli artt. 10 ed 11, si possa sostenere che le stesse non siano compatibili con l’ipotesi di fallimento che segua al caso in cui sia, invece, proprio l’imprenditore in crisi a prendere l’iniziativa per l’accesso alla procedura di concordato preventivo, la quale concreta sicuramente una disciplina di favore, consentendogli di superare la crisi ed evitare la procedura fallimentare.
Il Tribunale ha richiamato, poi, l’orientamento della giurisprudenza di legittimità, la quale ha sancito, pur se con specifico riferimento alla disciplina precedente l’introduzione del procedimento di concordato che si instaura con il ricorso di cui all’art. 161, co. 6 cit., il principio della consecutività delle due procedure concorsuali.
In tale ottica, la sentenza di fallimento rappresenta l’atto terminale del procedimento, “mentre ai fini della verifica in ordine al decorso del termine annuale di cui agli art. 10 ed 11 L. Fall., nel caso in cui la dichiarazione di fallimento dell’imprenditore defunto o cessato faccia seguito alla mancata omologazione o alla risoluzione o all’annullamento del concordato preventivo, cui l’imprenditore sia stato ammesso, deve tenersi conto della data di ammissione alla procedura minore (cfr. Cass. civ., sez. I, 03 novembre 2005, n. 21326; Cass. civ., sez. i, 21 novembre 2002, n.16415)“.
A conferma della correttezza di tale assunto, il Tribunale fa riferimento al c.d. “automatic stay” di cui all’art. 168 L.Fall., vale a dire la preclusione per i creditori di proporre azioni esecutive sui beni dell’imprenditore, in pendenza della procedura di concordato.
Peraltro lo stesso ultimo comma dell’art. 180 L.Fall vigente, nel prevedere che il tribunale che respinga il concordato, all’esito del procedimento di omologa, su istanza dei creditori o su richiesta del P.M. dichiara il fallimento, se accerta i presupposti dell’art. 1 e 5 L.Fall., non fa alcun richiamo al termine di cui agli artt. 10 e 11.
Ed ancora, in ipotesi pendenza contemporanea della procedura di concordato e di quella di fallimento, un tale orientamento non è ritenuto in contrasto con il principio di autonomia delle differenti procedure concorsuali, che non ha riguardo alcuno al termine annuale di cui si discute.
Venendo alla fattispecie in esame, il Tribunale ha ritenuto, poi, che a favore dell’inapplicabilità del termine annuale dalla morte dell’imprenditore per la dichiarazione di fallimento, militasse la considerazione che l’impresa non era di fatto cessata, ma era proseguita, senza soluzione di continuità, dagli eredi, in regime di gestione provvisoria, avendo accettato l’eredità del defunto, nella quale l’impresa stessa era compresa, con beneficio di inventario.
Sulla base di tali presupposti, l’organo giudicante è giunto alla conclusione che nel caso di domanda di concordato che si innesti nell’ambito di un’istruttoria prefallimentare già in corso, se la procedura di concordato, che inizia, nell’ipotesi dell’art. 161, co. 6, con la concessione da parte del tribunale del termine dalla stessa disposizione previsto, entro cui effettivamente l’imprenditore abbia depositato la proposta, il piano e la relativa documentazione di supporto, si concluda – all’esito del procedimento – con una pronunzia di inammissibilità, la decisione sull’istanza di fallimento eventualmente proposta dai creditori o dal PM non soggiace al termine annuale di cui agli artt. 10 e 11, il quale va riferito invece della data di ammissione alla procedura minore.
Per tutte queste ragioni il Tribunale, verificata la sussistenza degli ulteriori requisiti di cui agli artt. 1 e 5 L.Fall., ha dichiarato il fallimento dell’imprenditore deceduto, operando un corretto bilanciamento tra l’interesse alla tutela della conservazione dell’impresa in crisi (che, peraltro, ad ulteriore sostegno della decisione, non aveva subito alcuna soluzione di continuità, per effetto dell’attività degli eredi) e le ragioni dei creditori, con una pronuncia che si segnala per la chiarezza espositiva e la novità della questione affrontata, attese le più recenti riforme della normativa sul concordato preventivo.
Testo del provvedimento
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE DI NAPOLI
Il Tribunale di Napoli, VII sezione civile, riunito in camera di consiglio nella seguente composizione:
Dr. Lucio Di Nosse Presidente
Dr. Stanislao De Matteís Giudice
Dr. Ilaria Grimaldi Giudice rel.
Ha pronunciato la seguente
SENTENZA
Letto il ricorso di fallimento iscritto al n. 1308/11, presentato da ALFA S.P.A., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’avv.(OMISSIS);
cui è riunito il ricorso iscritto al nn. 494/13, presentato da BETA SOC.COOP.;
tutti tendenti ad ottenere la dichiarazione di fallimento di V.S., titolare dell’impresa individuale corrente in (OMISSIS);
udita la relazione del giudice delegato all’istruttoria;
letto il decreto in pari data emesso all’esito di ricorso per concordato preventivo proposto dagli eredi del debitore;
OSSERVA
1. In primo luogo, il contraddittorio risulta correttamente instaurato, attesa la regolarità della notifica dell’originario ricorso di fallimento e attesa la costituzione degli eredi dell’imprenditore, nelle more defunto, che hanno proposto domanda di concordato preventivo, cui l’istanza di fallimento è stata riunita.
Incontroversa, inoltre, è la sussistenza del presupposto soggettivo per farsi luogo alla dichiarazione di fallimento.
2. Va a questo punto evidenziato che non può ritenersi decorso il termine annuale di cui all’art. 11 L.Fall., per far luogo alla dichiarazione di fallimento dell’imprenditore defunto in data 17.10.2012.
Invero, gli eredi dello stesso, in data 8.1.2013 hanno proposto istanza di concordato preventivo ex art. 161,. co. 6 L.Fall., con riserva di depositare la proposta, il piano e la documentazione di cui ai commi secondo e terzo della medesima disposizione, nel termine concesso dal tribunale con decreto del 20-28.2.2013.; dunque, in data 29.4.2013 hanno depositato la proposta con allegata la documentazione di legge.
Disposta la convocazione degli istanti per rendere chiarimenti in relazione a vari profili di criticità rilevati dal tribunale, con contestuale decreto in data odierna la proposta di concordato è dichiarata inammissibile.
Ebbene, la questione dell’ammissibilità del ricorso di concordato in ipotesi di imprenditore defunto è già stata risolta positivamente da questo tribunale con decreto del 20-28.2.2013, con il quale è stato concesso il termine di cui all’art. 161, co.6 cit., per l’elaborazione della proposta e del piano, nonché della documentazione relativa.
Tale interpretazione è in linea con la ratio delle recenti riforme in materia di concordato preventivo, quale in particolare appare confermata dalla riconosciuta facoltà dell’imprenditore di presentare istanza di c.d. concordato in bianco, introdotta con D.L. 22 giugno 2012, n. 83, convertito con modifiche in L. 7 agosto 2012, n. 134, cui consegue il divieto per i creditori per titolo e causa anteriore di iniziare o proseguire azioni esecutive e cautelari sul suo patrimonio, fino alla pronunzia sull’omologa, di cui all’art. 168 L.Fall..
Tali disposizioni, infatti, si collocano in una linea di massimo favore nei confronti dell’imprenditore in crisi e per le soluzioni concordate della stessa, confermando ed accentuando il carattere residuale e di extrema ratio della procedura fallimentare.
La nuova disciplina non detta una regolazione specifica ed analitica del rapporto tra concordato c.d. in bianco e ricorso di fallimento, nella particolare ipotesi in cui l’imprenditore presenti domanda di concordato nel corso dell’istruttoria prefallimentare già pendente, limitandosi in tal caso a prevedere che il termine di cui al comma sesto è di sessanta giorni, prorogabili, per giustificati motivi, di non oltre sessanta giorni (art. 161, ult. co.).
E’ stato rimesso, dunque, alla giurisprudenza il compito di individuare i principi regolatori del rapporto tra le due procedure, pervenendo ad una soluzione in termini di mera consequenzialità logica dell’una rispetto all’altra, che ne impone il coordinamento, dovendo il giudice fallimentare bilanciare le opposte iniziative di creditori istanti e del debitore proponente e presupponendo la sentenza di fallimento una delibazione negativa dell’istanza di concordato.
Tale soluzione, del resto, è in linea con le disposizioni dell’art.162, co. 2, L.Fall., secondo le quali quando il tribunale, all’esito del procedimento di concordato, accerta che non ne ricorrono i presupposti, ne dichiara l’inammissibilità e, su iniziativa del creditore o su richiesta del P.M., dichiara il fallimento del debitore, qualora accerta la sussistenza dei presupposti di cui agli artt. 1 e 5 L.Fall..
Con riferimento specifico alla problematica dell’applicazione del termine di cui agli arti. 10 e 11 L.Fall., in ipotesi di contemporanea pendenza di ricorso di concordato e di istanza di fallimento, va evidenziato, pertanto, in primo luogo, il dato testuale dell’art. 162 cit., il quale sembra escludere, nel caso di dichiarazione di fallimento che segua all’esito negativo dell’istanza di concordato preventivo, la rilevanza del termine annuale dell’art. 11 richiedendo a tal fine solo la verifica del presupposto oggettivo, della qualità di imprenditore commerciale (art. 1), e soggettivo, dello stato di insolvenza (art. 5).
D’altro canto, è stato sostenuto che un ulteriore argomento si ricava dall’analisi sistematica, per cui può sostenersi che l’art. 10 L.Fall., a differenza, dell’art. 1, il quale espressamente detta i presupposti per l’individuazione delle “imprese soggette al fallimento e cd concordato preventivo”, è una norma speciale dettata con riferimento esclusivo alla disciplina del fallimento, in quanto trova la sua ratio nell’esigenza di tutelare l’imprenditore che sia soggetto passivo di un ricorso proposto dai creditori o dal P.M., e limitatamente al caso in cui l’insolvenza si sia manifestata anteriormente alla cancellazione dal registro delle imprese, o entro l’anno successivo, ovvero naturalmente prima della sua morte, così scongiurando il pericolo di una dichiarazione di fallimento sine die, nonostante la cessazione dell’attività d’impresa e, peraltro, con facoltà solo da parte dei creditori e del P.M. di provare il diverso momento dell’effettiva cessazione dell’attività, nonostante l’avvenuta cancellazione, e solo nel caso di imprenditore individuale o di impresa collettiva cancellata d’ufficio dal Registro delle Imprese.
Stante la riferita ratio delle disposizioni degli artt. 10 ed 11, allora, si può sostenere che le stesse non sono compatibili con l’ipotesi di fallimento che segua al caso in cui sia, invece, proprio l’imprenditore in crisi a prendere l’iniziativa per l’accesso alla procedura di concordato preventivo, la quale concreta sicuramente una disciplina dì favore, consentendogli di superare la crisi ed evitare la procedura fallimentare.
Un’interpretazione, dunque, che ritenga precluso all’imprenditore cessato o anche agli eredi dell’imprenditore defunto, in pendenza o nell’approssimarsi dei termini ex artt. 11 e 10 L.Fall. ed in caso di pendenza di ricorso di fallimento, l’accesso alla procedura di concordato, anche c.d. in bianco, salvo naturalmente i casi di abuso dello strumento concordatario, tradirebbe lo spirito della normativa di riforma di tale istituto, volta a favorire al massimo la soluzione concordata della crisi. Invero, se dovessimo ritenere che la decisione sul ricorso di fallimento debba intervenire comunque nel rispetto del termine annuale, da ciò deriverebbe come effetto automatico l’inammissibilità o l’assorbimento dell’istanza di concordato nella decisione sul fallimento, qualora – come è di regola – lo stato di insolvenza coincida con lo stato di crisi, precludendo in nuce all’imprenditore qualsiasi possibilità di diversa soluzione della stessa.
Va considerato, altresì, che la giurisprudenza di legittimità, pur se con specifico riferimento alla disciplina precedente l’introduzione del procedimento di concordato che si instaura con il ricorso di cui all’art. 161, co. 6 cit., ha anche di recente affermato il principio della consecutività delle due procedure concorsuali, costituendo la sentenza di fallimento l’atto terminale del procedimento, ai sensi dell’art. 162, co.2, non assumendo rilievo l’abbandono, in sede normativa, dell’automatismo di tale dichiarazione, per la quale ora sono necessari l’iniziativa di un creditore o del P.M., atteso che presupposti comuni delle due procedure sono l’elemento oggettivo, di cui all’art. 1 L.Fall., nonché l’insolvenza, anche quando, come nelle procedure minori, essa si traduca in una temporanea difficoltà, che solo ex post risulti corrispondente ad un vero e proprio stato di decozione (cfr. Cass. civ., sez. I, n. 18437 del 06/08/2010); pertanto, è stato ritenuto che il principio di unitarietà delle procedure concorsuali comporta che, ai fini della verifica in ordine al decorso del termine annuale di cui agli art. 10 ed 11 L. Fall., nel caso in cui la dichiarazione di fallimento dell’imprenditore defunto o cessato faccia seguito alla mancata omologazione o alla risoluzione o all’annullamento del concordato preventivo, cui l’imprenditore sia stato ammesso, deve tenersi conto della data di ammissione alla procedura minore (cfr. Cass. civ., sez. I, 03 novembre 2005, n. 21326; Cass. civ., sez. i, 21 novembre 2002, n.16415).
A tale soluzione può analogamente pervenirsi con riferimento alla normativa del concordata preventivo come oggi riformata, e ciò del resto può trovare conferma nella previsione del c.d. automatic stay di cui all’art. 168 L.Fall., ossia nell’effetto preclusivo di ogni azione esecutiva o cautelare, come anche di ogni prescrizione e decadenza, che si verifica per effetto della pubblicazione del ricorso di concordato, anche proposto ai sensi del comma 6 dell’art. 161 cit., e fino al momento della definitività del decreto di omologa.
Dunque, l’effetto preclusivo delle iniziative dei creditori, ai sensi dell’art.168,come da ultimo modificato dal D.L. n. 83/2012 cit., si ha con la pubblicazione del ricorso nel registro delle imprese, e ciò anche nel caso di istanza ai sensi dell’art. 161, co. 6, con concessione da parte del tribunale del termine ivi previsto, e resta in piedi fino alla definitiva decisione sull’omologa del concordato; è quello, dunque, il momento in cui inizia il procedimento concordatario, verificandosi uno degli effetti tipici, quale quello della preclusione della possibilità di esperire azioni esecutive ai danni dell’imprenditore.
Inoltre, l’attuale testo dell’art. 180, ult. co., L.Fall. prevede che il tribunale che respinga il concordato, all’esito del procedimento di omologa, su istanza dei creditori o su richiesta del P.M. dichiara il fallimento, se accerta i presupposti dell’art. I e 5 L.Fall., dunque anche in tal caso senza alcun richiamo al termine di cui agli artt. 10 e 11.Infine, la riferita interpretazione non è in contrasto con l’affermato principio di autonomia delle diverse procedure concorsuali, come riconosciuto dalle Sezioni Unite della Suprema Corte, che non riguarda comunque la questione del rispetto del termine di cui agli artt. 10 e 11 L.Fall., in ipotesi di contemporanea pendenza di concordato ed istanza di fallimento.
Con particolare riferimento, poi, al caso che ci occupa, giova rimarcare che a favore dell’inapplicabilità del termine annuale dalla morte dell’imprenditore per la dichiarazione di fallimento, milita la considerazione che l’impresa non è di fatto cessata, ma è proseguita, senza soluzione di continuità, dagli eredi, in regime di gestione provvisoria, avendo accettato l’eredità del defunto, nella quale l’impresa stessa è compresa, con beneficio di inventario.
Alla luce di tutte le considerazione suesposte, dunque, deve, concludersi che un’interpretazione della legge fallimentare fondata su un corretto bilanciamento della tutela e conservazione dell’impresa in crisi, anche se cessata o facente capo a soggetto defunto, con le esigenze di salvaguardia delle ragioni dei creditori della stessa, porta a ritenere che, nel caso di domanda di concordato che si innesti nell’ambito di un’istruttoria prefallimentare già in corso, se la procedura di concordato, che inizia, nell’ipotesi dell’art. 161, co. 6, con la concessione da parte del tribunale del termine dalla stessa disposizione previsto, entro cui effettivamente l’imprenditore abbia depositato la proposta, il piano e la relativa documentazione di supporto, si concluda – all’esito del procedimento – con una pronunzia di inammissibilità, la decisione sull’istanza di fallimento eventualmente proposta dai creditori o dal PM non soggiace al termine annuale di cui agli artt. 10 e 11, il quale va riferito invece della data di ammissione alla procedura minore.
3. Venendo all’esame del presupposto oggettivo del fallimento, appare evidente che l’impresa debitrice versi in stato d’insolvenza, resa manifesta dal mancato adempimento dei crediti vantati dagli istanti, alcuni dei quali recati da titoli esecutivi, rimasti insoddisfatti nonostante la tentata esecuzione, i quali inoltre superano abbondantemente la soglia di e 30.000,00, di cui all’art. 15, ult. co., L.Fall..
Lo stato di decozione, inoltre, risulta confermato dalla pendenza di procedure esecutive, di cui ha dato prova l’istante nel ricorso riunito.
Del resto, l’esito negativo della domanda di concordato proposto dagli eredi, il quale prevede il pagamento in percentuale dei creditori chirografari, conforta ulteriormente che l’impresa versa in uno stato di insolvenza irreversibile, che porta a concludere per la dichiarazione di fallimento.
PQM
Visti gli artt. 1, 5, 6, 9, 15, 16 e 17 L. Fall.;
DICHIARA
Il fallimento di V.S., titolare dell’impresa individuale corrente (OMISSIS);
NOMINA
Giudice Delegato dr.
STABILISCE
Che l’adunanza dei creditori e l’esame dello stato passivo dinanzi al Giudice Delegato avverrà in data 12.03.2014
ASSEGNA
Ai creditori ed ai terzi che vantino diritti reali o personali su cose in possesso del fallito, il termine perentorio di giorni 30 prima dell’adunanza di cui sopra, per la presentazione delle domande di insinuazione, da inviare a mezzo PEC all’indirizzo della procedura, con i relativi allegati in formato PDF;
DISPONE
Che a cura della cancelleria siano eseguite le formalità di cui all’art. 17 L. Fall.. Così deciso in Napoli, li 7.11.2013
Il Giudice est.
Dott.ssa Ilaria Grimaldi
Il Presidente
Dott. Lucio Di Nosse
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Autore, Titolo, in Ex Parte Creditoris - www.expartecreditoris.it - ISSN: 2385-1376, anno
Numero Protocolo Interno : 700/2013