ISSN 2385-1376
Testo massima
La prelazione del creditore ipotecario, ritualmente ammesso al passivo fallimentare, deve intendersi estesa ai frutti civili prodotti dall’immobile ipotecato dopo la dichiarazione di fallimento, tenuto conto della mancanza, nella disciplina dell’esecuzione concorsuale, di una previsione contraria ed incompatibile con tale estensione, operante nell’ambito dell’esecuzione individuale.
L’estensione della prelazione ai frutti civili anche in sede fallimentare trova, anche conferma nella L. Fall., art. 107, comma 4, secondo cui, nel testo anteriore alla riforma, “il curatore deve tenere un conto speciale delle vendite dei singoli immobili e dei frutti percepiti sui medesimi dalla data della dichiarazione di fallimento. La somma ricavata dalla vendita dei frutti è distribuita col prezzo degli immobili relativi“; infatti, la previsione di un conto speciale nel quale confluiscono anche i frutti si spiega soltanto con l’estensione ad essi della prelazione ipotecaria eventualmente gravante sull’immobile.
Con sentenza n.11025 del 09/05/2013 della Corte di Cassazione sono stati affermati i principi di diritto sopra riportati
E’ accaduto che un creditore, ammesso al passivo con il privilegio fondiario, aveva reclamato contro un piano di riparto nel quale gli era stato attribuito il netto ricavato dalla vendita dell’immobile sul quale aveva il privilegio ipotecario ma non gli era stato riconosciuto l’ulteriore importo corrispondente alla somma incassata dal fallimento a titolo di canoni per la locazione del predetto immobile.
Il motivo del mancato riconoscimento era stato individuato dal Tribunale nel fatto che il fallimento non poteva essere equiparato tout court al pignoramento, con l’automatica applicazione degli effetti per questo previsti dall’art.2912 cc, e che la legge fallimentare quando ha voluto estendere alla procedura fallimentare tali effetti lo ha fatto esplicitamente, come nel caso della L. Fall., art.54, uc, laddove si richiamano gli artt.2788 e 2855 cc, ove si stabilisce che i creditori garantiti fanno valere il loro diritto di prelazione sul prezzo dei beni vincolati, senza alcun riferimento ai frutti.
Gli Ermellini hanno dato torto al Tribunale, accogliendo il ricorso, sul presupposto che “In mancanza di una disciplina incompatibile, nulla osta a che le norme in tema di esecuzione singolare possano trovare applicazione nella procedura fallimentare, quale complessa forma di esecuzione, regolata da norme che costituiscono un sistema autonomo e tendenzialmente completo ed autosufficiente, ma tuttavia non tale da potersi isolare rispetto al resto dell’ordinamento e da non poter mutuare da questo norme e principi non contrastanti con la natura dell’esecuzione collettiva.”
La differenza ontologica tra la procedura esecutiva individuale e quella concorsuale sta nel fatto che la prima è rivolta alla soddisfazione dell’interesse del creditore, che deve ottenere la soddisfazione dei propri interessi nel quadro e con le garanzie dell’ordinamento giuridico, con le modalità previste dal giudice ed in virtù dell’esistenza di un valido titolo esecutivo.
E’ chiaro pertanto che i frutti civile devono essere attribuiti al creditore ipotecario.
Testo del provvedimento
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