ISSN 2385-1376
Testo massima
Il diritto del comodatario non è mai opponibile al fallimento, a prescindere della sua durata ed anche quando sia di data certa anteriore.
Questo l’interessante principio affermato recentemente dal Tribunale di Taranto, dott. Claudio Cesarano, con la sentenza n. 200 del 23.01.2015.
Il fallimento affermava che il fallito risultava proprietario, fra gli altri, di alcuni immobili concessi in comodato gratuito decennale ad alcuni familiari.
L’attore chiedeva che le controparti fossero condannate al rilascio dei suddetti beni sul presupposto che ai sensi dell’art. 2923, c.c. il comodato, peraltro gratuito e di data non certa, non fosse opponibile al fallimento, da intendersi infatti come un pignoramento generale di tutti i beni del fallito.
L’istante chiedeva altresì che le parti convenute fossero condannate al pagamento di un equo indennizzo per l’occupazione dei predetti immobili fin dalla data del fallimento, intervenuto due anni prima ex art. 64 della legge fallimentare.
Invero, ai sensi dell’art. 2923 c.c., con riguardo all’opponibilità al terzo acquirente, in sede di vendita forzata, viene presa in considerazione la detenzione qualificata derivante dalla locazione, ossia da un contratto oneroso, mentre nulla viene detto con riferimento al comodato.
Dunque, detenzione qualificata derivante dal comodato, per la sua naturale precarietà, è meno garantita dalla legge rispetto a quella conseguita dal conduttore di un contratto di locazione.
Il Giudice ha ritenuto che non sia “possibile un’interpretazione analogica, trattandosi di fatti diversi: in un caso un contratto oneroso, nell’altro una forma di liberalità“.
Sul punto il Giudice ha svolto un’attenta disamina sul presupposto anche degli artt. 64 e 80 della legge fallimentare.
Nello specifico, l’art. 64 l.f. dispone che “Sono privi di effetto rispetto ai creditori, se compiuti dal fallito nei due anni anteriori al fallimento, gli atti a titolo gratuito
“. Il Giudice ha ritenuto che per gli atti di comodato più risalenti rispetto ai due anni dal fallimento, come quello in esame, la regola non è quella della conservazione della loro efficacia sino alla scadenza del termine di durata prevista nel comodato atteso che la predetta norma contempla gli atti di vera e propria disposizione di un bene del fallito a titolo gratuito, come reso evidente dalla sua seconda parte: “
esclusi i regali d’uso e gli atti compiuti in adempimento di un dovere morale o a scopi di utilità sociale, in quanto la liberalità sia proporzionata al patrimonio del donante“.
Né poi si legge in sentenza – può applicarsi al caso in esame la regola fissata per le locazioni dall’art. 80 della legge fallimentare, atteggiandosi, come sopra si è già detto, il comodato come un “caso diverso e non analogo“.
Pertanto, in assenza di indicazioni precise, il Tribunale ha ritenuto applicabile il disposto dell’art. 1809, II co. c.c., secondo cui anche quando il termine di durata del comodato non sia cessato, è ammesso il recesso del comodante in caso di urgente e impreveduto bisogno; e non si può negare che in caso di sopravvenuto fallimento soprattutto, oltre che di pignoramento, il comodante fallito, nella persona del curatore, abbia urgente bisogno della restituzione immediata del bene.
In conclusione, il diritto del comodatario è destinato a cedere sempre, a prescindere dalla durata e della sua certa anteriorità, quando il bene venga pignorato ed a maggior ragione quando si verifica il fallimento.
Testo del provvedimento
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