La violazione di una norma imperativa non dà luogo necessariamente alla nullità del contratto, potendo altresì costituire il presupposto per la revocazione degli atti lesivi della par condicio creditorum, ciò in quanto l’art. 1418 primo comma del codice civile, con l’inciso “salvo che la legge disponga diversamente” impone all’interprete di accertare se il legislatore, anche nel caso di inosservanza del precetto, abbia consentito la validità del negozio predisponendo un meccanismo idoneo a realizzare gli effetti voluti dalla norma.
Il contratto di mutuo ipotecario, potenzialmente lesivo della par condicio creditorum, non è nullo ex se per illiceità della causa.
Questi i principi espressi dalla Cassazione Civile, sez. prima, , Pres. Nappi – Rel Bisogni con la sentenza n. 19169 del 28.09.2016.
Nel caso in oggetto una Banca chiedeva l’ammissione in via ipotecaria al passivo del fallimento di una società sua debitrice relativamente ad un credito per saldo capitale di un contratto di mutuo edilizio concesso alla stessa società e garantito da ipoteca.
Si costituiva il Fallimento negando la possibilità di ammettere il credito al passivo e comunque di ammetterlo in via ipotecaria sulla base dell’eccepita nullità del contratto di mutuo in quanto stipulato al solo fine di precostituire una situazione di indebito vantaggio in favore della banca in vista della ritenuta prossima apertura di una procedura concorsuale, con l’intento dunque di alterare la par condicio creditorum e tale da realizzare una ipotesi di bancarotta preferenziale ex art. 216 L.F. in concorso con la banca.
La curatela fallimentare prospettava inoltre la nullità del contratto, in relazione alla sua natura di mutuo di scopo edilizio, perché all’epoca della stipula la costruzione dell’immobile oggetto del finanziamento ora pressoché ultimata e la somma mutuata era stata in realtà destinata al pagamento di crediti chirografari della fallita verso la stessa Banca e altri creditori; la simulazione del contratto in relazione alla sua natura di mutuo edilizio e alla iscrizione di ipoteca a fronte della reale volontà delle parti di estinguere le preesistenti obbligazioni e di sostituire crediti ipotecari a crediti altrimenti chirografari.
Il Tribunale di Terni dichiarava la nullità del contratto di mutuo e della iscrizione di ipoteca ritenendo la stipulazione del contratto avvenuta con il comune ed illecito motivo di alterare la par condicio creditorum.
Tale provvedimento veniva impugnato dalla Banca dinanzi alla Corte di appello di Perugia, la quale respingeva l’appello ritenendo sussistenti le cause di nullità già rilevate in primo grado.
In seguito a cessione del credito, la Banca cessionaria proponeva ricorso per cassazione avverso il provvedimento di secondo grado, affidandolo a due motivi con i quali deduceva la violazione e falsa applicazione di norme in relazione sia alla pretesa nullità del contratto di mutuo edilizio e della iscrizione di ipoteca per violazione della par condicio creditorum ed alla presunta frode alla legge della costituzione di ipoteca e alla sua rilevanza penale.
Si difendeva con controricorso il Fallimento della società.
In merito alle doglianze della ricorrente, i giudici di legittimità, richiamando precedente giurisprudenza conforme, hanno osservato che, mancando una norma che vieti, in via generale, di porre in essere attività negoziali pregiudizievoli per i terzi, il negozio lesivo dei diritti o delle aspettative dei creditori non può configurarsi di per sé nullo per illiceità di causa, in quanto, il motivo illecito che, se comune e determinante, determina la nullità del contratto deve necessariamente identificarsi con una finalità vietata dall’ordinamento.
In merito alla rilevanza dell’ipotesi di bancarotta preferenziale ai fini dell’accertamento della illiceità della causa, il Collegio non ha condiviso le argomentazioni della Corte territoriale, ritenendo che la violazione dell’art. 216, comma 3, L.F., non dia luogo alla nullità del contratto ma costituisca il presupposto per la revocazione degli atti lesivi della par condicio creditorum, ciò in quanto l’art. 1418 primo comma del codice civile, con l’inciso “salvo che la legge disponga diversamente” impone all’interprete di accertare se il legislatore, anche nel caso di inosservanza del precetto, abbia consentito la validità del negozio predisponendo un meccanismo idoneo a realizzare gli effetti voluti dalla norma.
In ragione dei suesposti rilievi la Corte ha accolto il ricorso, cassato la sentenza impugnata e rinviato, anche per la decisione sulle spese del giudizio di cassazione, alla Corte di appello di Perugia in diversa composizione.
Per altri precedenti si veda:
L’ANTERIORITÀ DEL CONTRATTO È DIMOSTRATA ANCHE DALL’AZIONE DI INEFFICACIA DELLE RIMESSE PROPOSTA DALLA CURATELA
Decreto | Tribunale Salerno, Pres. Russo – Rel. Brancaccio | 18.12.2015 | n.4154
FALLIMENTO: LA MANCANZA DI DATA CERTA DEL CONTRATTO DI C/C NON È MOTIVO SUFFICIENTE PER L’ESCLUSIONE
LA PRODUZIONE DEGLI ESTRATTI CONTO FIN DALL’INIZIO DEL RAPPORTO È IDONEA A CONSENTIRE L’AMMISSIONE AL PASSIVO
Decreto | Tribunale di Pavia, Pres. Rel. Andrea Balba | 12.05.2015 |
FALLIMENTO: AI FINI DELLA DATA CERTA È SUFFICIENTE IL TIMBRO POSTALE SULLA PRIMA PAGINA
OPPONIBILE IL CONTRATTO ANCHE SE LA SOTTOSCRIZIONE È APPOSTA SUL FOGLIO NON RECANTE IL TIMBRO POSTALE
Decreto | Tribunale di Napoli, Pres. De Matteis rel. De Gennaro | 20.11.2014 | n.1074
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