ISSN 2385-1376
Testo massima
L’ente pubblico debitore della appaltatrice fallita, per opere da questa realizzate (anche per mezzo dei subappaltatori), deve adempiere le sue obbligazioni e pagare quanto dovuto alla procedura fallimentare, la quale poi provvederà a ripartire l’attivo fra i creditori nel rispetto della graduazione determinata dalla norme fallimentari e civilistiche.
Ai subappaltatori della società fallita (a sua volta appaltatrice di opere pubbliche) non spetta il riconoscimento della prededuzione.
Invero, l’ammissione di un credito sia pure in prededuzione non equivale al pagamento al subappaltatore e non risulta di per sé strumento idoneo a realizzare il presupposto per il pagamento dalla stazione appaltante.
Così si è pronunciato il Tribunale di Bolzano, sezione Fallimentare, in persona del Giudice delegato dott.ssa Francesca Bortolotti, che con l’interessante e preciso decreto del 21.02.2014, ha contrastato, a ragion veduta, il principio espresso dalla Suprema Corte con la pronuncia n. 3402/12, nella parte in cui era stato ammesso in prededuzione un credito sorto ante fallimento.
La Corte, invero, con la pronuncia attentamente vagliata dal GD, aveva riconosciuto la prededuzione a tutti i crediti derivanti da attività, anche poste in essere precedentemente all’apertura della procedura, qualora il loro pagamento garantisca la miglior soddisfazione del ceto creditorio.
Infatti, secondo la Cassazione, “la prededuzione attua un meccanismo satisfattorio destinato a regolare non solo le obbligazioni della massa sorte al suo interno, ma quelle che interferiscono con l’amministrazione fallimentare ed influiscono per l’effetto sugli interessi dell’intero ceto creditorio“.
Il pagamento del credito del subappaltatore, alla luce della disciplina del codice degli appalti, è destinato ad incidere sulla gestione fallimentare, dal momento che esso si atteggia, stando alla motivazione della sentenza, quale condizione di esigibilità del credito che la fallita vanta a sua volta nei confronti della stazione appaltante.
Tale affermazione finisce per smentire osserva il Tribunale – l’orientamento giurisprudenziale di merito secondo cui i crediti in prededuzione sono quelli sorti in corso di procedura, sia fallimentare che concordataria, mentre tutti i crediti sorti prima avrebbero natura concorsuale e come tali soggetti al principio della par condicio creditorum.
L’adito GD ha, quindi, dettagliatamente evidenziato i motivi per i quali ha ritenuto di non condividere la pronuncia della Suprema Corte.
Primo fra tutti: la questione circa l’applicabilità al fallimento dell’art.118 comma 3 e 3 bis, come modificato dall’art.13 DL 145/2013, del Codice degli Appalti, data per presupposta dalla Cassazione.
Le dette disposizioni, la cui ratio è quella di tutelare la PA (nel vedere realizzata l’opera pubblica nei termini ed alle condizioni previste dal contratto di appalto), prevedono la possibilità, in condizioni di particolare urgenza inerenti al completamento dell’opera, di provvedere al pagamento diretto del subappaltatore, anche in deroga alla previsioni del bando di gara.
Inoltre, l’art.3bis prevede la possibilità per la stazione appaltante di provvedere ai pagamenti dovuti per le prestazioni eseguite dall’affidatario e dai subappaltatori nella pendenza della procedura di concordato preventivo.
Ebbene, è pacifico – osserva la dott.ssa Bortolotti – come la detta disposizione si possa riferire solo ai casi di concordato con continuità aziendale, essendo prevista solo per questa categoria di concordato la possibilità di proseguire, a determinate condizioni, i contratti in corso di esecuzione alla data di deposito del ricorso di concordato.
Ed è proprio tale motivazione che induce a sostenere la tesi per cui l’art.118 cod. app. ha ragion d’essere solo ove vi sia una continuità nei rapporti tra stazione appaltante e affidatario .
Per contro in caso di fallimento dell’affidatario il contratto fra questo e la stazione appaltante si scioglie ipso jure.
Da tanto consegue che il meccanismo ex art.118 cod. app. presuppone l’esistenza di un contratto ancora in corso di esecuzione.
Del resto l’art.118 cod. app. non può trovare applicazione in costanza di fallimento, atteso che, in presenza della detta procedura concorsuale, prevalgono i principi cardine che regolano lo svolgimento della procedura fallimentare nel suo insieme. Diversamente verrebbe leso, non solo il fondamentale principio della par condicio creditorum, ma anche l’altrettanto fondamentale principio secondo cui tutti i pagamenti devono essere effettuati nell’ambito della procedura concorsuale in osservanza dei privilegi di legge e della norma sulla prededuzione.
A ciò si aggiunga che, laddove si volesse ragionare nell’ottica di riconoscere la prededuzione al subappaltatore in sede di ammissione al passivo, la stessa verrebbe ad essere eseguita solo in fase di riparto, per cui nessun subappaltatore potrebbe rilasciare fattura quietanzata senza aver percepito l’importo dovuto, ragion per cui l’appaltatore fallito non avrebbe comunque titolo per incassare dall’ente il suo credito.
In sostanza, dunque, l’ammissione di un credito – sia pure in prededuzione – non equivale al pagamento al subappaltatore e non risulta di per sé strumento idoneo a realizzare il presupposto per il pagamento dalla stazione appaltante.
Alla luce delle considerazioni svolte e dei principi di diritto evidenziati, l’adito giudicante ha così escluso la prededuzione per i crediti dei subappaltatori, richiamando a tal fine la graduazione determinata dalle norme fallimentari e civilistiche.
Testo del provvedimento
in allegato il testo integrale del provvedimento
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