
In materia di fallimento, il deposito della domanda di ammissione al passivo comporta l’interruzione della prescrizione del diritto di credito con effetti permanenti sino alla chiusura della procedura concorsuale nei confronti dei fideiussori.
Questo è il principio espresso dal Tribunale di Napoli, Giudice Diego Ragozini con la sentenza n. 7542 del 8 agosto 2024.
I fideiussori di una società che aveva sottoscritto dei contratti di leasing finanziario con una società poi incorporata in una Banca, si opponevano al decreto ingiuntivo notificatogli dalla società cessionaria dei crediti, deducendo la prescrizione del diritto di credito “per il decorso del termine decennale decorrente dalla intimazione di pagamento e contestuale risoluzione del contratto del 11 ottobre 2011”.
Il Tribunale riteneva tale rilievo infondato, atteso che risultava in atti che, oltre alla lettera di risoluzione inviata l’11.10.2011, la società di leasing aveva depositato in data 20.12.2013 domanda di ammissione al passivo del fallimento della società debitrice, relativamente al credito nascente dai contratti di cui all’ingiunzione di pagamento.
Tale deposito aveva, di fatto, interrotto il termine di prescrizione del diritto di credito, con effetti permanenti fino alla chiusura della procedura concorsuale nei confronti dei fideiussori.
Sulla base di tali considerazioni, il Giudice ha rigettato l’opposizione, con condanna dei fideiussori alla refusione delle spese di lite in favore della società opposta.
Per ulteriori approfondimenti in materia si rinvia ai seguenti contributi pubblicati in Rivista:
TALE STATO SI ESTENDE ANCHE NEI CONFRONTI DEL CONDEBITORE SOLIDALE DEL FALLITO
Ordinanza | Corte Suprema di Cassazione, terza sezione civile, Pres. Di Amato – Rel. Cirillo | 19.04.2018 | n.9638
NON È NECESSARIA LA SUCCESSIVA EMANAZIONE DEL PROVVEDIMENTO
Sentenza | Cassazione Civile, sez. lavoro, Pres. D’Antonio – Rel. Spena | 30.08.2016 | n.17412.
PRESCRIZIONE: LA DOMANDA AMMISSIONE AL PASSIVO FALLIMENTARE DETERMINA INTERRUZIONE PERMANENTE
Sentenza | Corte di cassazione | 17.07.2014 | n.16408
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