ISSN 2385-1376
Testo massima
L’imprenditore fallito, in caso di inerzia del curatore, ha la facoltà di proporre istanza di condono fiscale in quanto, alla luce dell’art.16 Legge 289/2002, conserva la qualità di soggetto passivo del rapporto tributario ed è esposto alle sanzioni conseguenti alla definitività dell’atto impositivo.
La giurisdizione del tribunale fallimentare sull’ammissione dei crediti al passivo non può estendersi su questioni riguardanti il debito tributario perché di competenza esclusiva delle commissioni tributarie.
È quanto precisato dalla Corte di Cassazione, sesta sezione, con ordinanza n.6248 pubblicata il 18 marzo 2014, che ha respinto il ricorso di una società la quale aveva impugnato la sentenza di secondo grado che aveva riconosciuto all’amministratore di una società dichiarata fallita il diritto di domandare condono fiscale per tributi dovuti in ragione della precedente attività d’impresa.
La Suprema Corte, richiamando la precedente giurisprudenza ed evocando la norma di cui all’art.16, L. 289/2002 in tema di chiusura delle liti fiscali, ha affermato che a seguito della sentenza di fallimento, legittimato a domandare la definizione agevolata con il condono fiscale è anche il contribuente fallito ove il curatore non abbia assunto alcuna iniziativa in tal senso.
La dichiarazione di fallimento, infatti, non priva l’imprenditore della qualità di soggetto passivo del rapporto tributario anche considerato che potranno ancora essere erogati nei suoi confronti provvedimenti sanzionatori che conseguono alla definitività dell’atto impositivo e all’inerzia del curatore, per cui deve essere riconosciuta allo stesso una tutela giurisdizionale.
Inoltre la Corte ha precisato che la giurisdizione del Tribunale fallimentare sull’accertamento dei crediti e sulla loro ammissione al passivo non può estendersi a questioni sulla debenza dei tributi (o di sanzioni tributarie) o a tributi in genere, in quanto l’art.12, comma 2, Legge 448/2001 ha attribuito per tale fattispecie una giurisdizione esclusiva delle commissioni tributarie.
La Corte ha rigettato il ricorso e condannato la società ricorrente al pagamento delle spese di giudizio.
Testo del provvedimento
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