In materia di fallimento, nel caso in cui la liquidazione delle spese legali del giudice della causa, contenuta in sentenza passata in giudicato, sia più generosa di quella del giudice delegato, il professionista può invocare il giudicato come titolo per ottenere la maggior somma che gli compete per l’opera prestata che, se incamerata dal curatore, ne determinerebbe un ingiusto arricchimento. E la sede per farlo è il procedimento di reclamo ex art. 26 l.fall., al quale è rimesso, in caso di contestazione, l’accertamento dei crediti derivanti dalle liquidazioni di compensi, a norma dell’art. 111-bis l.fall.
A tal fine non occorre che il professionista provi la ricezione dei maggiori importi da parte della massa, spontaneamente o all’esito di azioni esecutive.
Questo è il principio espresso dalla Corte di cassazione, Pres. Cristiano – Rel. Perrino, con la sentenza n. 27586 del 29 settembre 2023.
La pronuncia veniva resa ad esito del ricorso in Cassazione proposto dal difensore avverso il decreto del Tribunale di Alessandria di rigetto del reclamo proposto contro il decreto del giudice delegato al fallimento, che aveva liquidato il suo compenso in misura inferiore rispetto al compenso liquidato dal giudice del merito con sentenza passata in giudicato.
Il difensore, in particolare, col primo motivo di ricorso, lamentava la violazione o falsa applicazione dell’art. 324 c.p.c. e dell’art. 2909 c.c., nonché dei principi in materia di determinazione e liquidazione dei compensi di avvocato, perché il tribunale avrebbe trascurato che le statuizioni sulle spese contenute nella sentenza passata in giudicato erano vincolanti per il giudice delegato e avrebbe applicato una norma diversa da quella cui si riferiva la giurisprudenza di legittimità che, pure, aveva inteso seguire.
Il giudice dichiarava infondato tale motivo. Infatti, da un lato la liquidazione autonoma del giudice delegato non è preclusa dal provvedimento che il giudice di quella causa abbia reso ai sensi dell’art. 91 c.p.c., quanto al regolamento finale delle spese processuali; dall’altro, la discrasia tra le due liquidazioni va fatta esercitando azione di ingiustificato arricchimento in danno del curatore fallimentare in sede di reclamo, ex art. 26 l.fall., al quale è rimesso, in caso di contestazione, l’accertamento dei crediti derivanti dalle liquidazioni di compensi, a norma dell’art. 111-bis l.fall.
Per ulteriori approfondimenti in materia si rinvia ai seguenti contributi pubblicati in Rivista:
OPPOSIZIONE A FALLIMENTO: L’ONORARIO DELL’AVVOCATO È DI VALORE INDETERMINATO
IN SEDE DI OPPOSIZIONE ALLA SENTENZA DICHIARATIVA DI FALLIMENTO IL VALORE DELLA CAUSA DEVE CONSIDERARSI INDETERMINABILE E NON SUL PASSIVO
Sentenza | Cassazione civile, Sezione prima | 21.01.2013 | n.1346
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