ISSN 2385-1376
Testo massima
In riferimento all’effetto interruttivo automatico conseguente all’apertura del fallimento ai sensi della L. Fall., art. 43, comma 3, come novellato dal D.Lgs. n. 5 del 2006, art. 41 il termine per la riassunzione del processo decorre dalla data della legale conoscenza che dell’evento interruttivo ha avuto la parte interessata alla prosecuzione.
La conoscenza legale dell’evento interruttivo in capo alla parte interessata alla riassunzione deve intendersi in senso processualcivilistico con riferimento non alla data di iscrizione della sentenza di fallimento nel registro delle imprese ma alla data nella quale l’intervenuto fallimento sia stato portato a conoscenza di tale parte ad opera della controparte a mezzo di dichiarazione in udienza ovvero di atto notificato.
Tanto ha stabilito il Tribunale di Milano, Sez. Specializzata in Materia di Impresa, Rel. E. Riva Crugnola, con sentenza del 28 marzo 2014, chiarendo un aspetto peculiare in ordine all’applicazione dell’art.43 L.Fall., in combinato disposto con l’art.305 cpc.
La controversia trae origine dall’opposizione a decreto ingiuntivo proposta nei confronti di una società, poi, dichiarata fallita.
A seguito dell’interruzione, la causa è stata riassunta dall’opponente nei confronti del Fallimento, che però ha eccepito, tra l’altro, la tardività della riassunzione sul presupposto che la data di legale conoscenza dell’apertura del fallimento andava peraltro individuata, anche per la parte diversa da quella fallita, nella data di iscrizione della sentenza dichiarativa del fallimento nel Registro delle imprese, posto che, ai sensi del terzo comma dell’art. 16 L. Fall., gli effetti di tale sentenza nei riguardi dei terzi si producono dalla data di iscrizione della sentenza nel registro delle imprese (registro al quale il cancelliere, il giorno successivo al deposito, deve trasmettere estratto della sentenza).
Il Tribunale affronta, pertanto, la questione della decorrenza del termine per la riassunzione ex art. 305 cpc, alla luce del novellato art. 43 lf.
In primis, il Tribunale osserva che l’art. 43, terzo comma, L. Fall. configura l’interruzione del processo quale conseguenza automatica della dichiarazione di fallimento di una delle parti, così elidendo, per lo specifico caso di interruzione rappresentato dal fallimento, la disciplina generale disegnata dall’art. 300 c.p.c., quanto alla rilevanza endoprocessuale dell’evento interruttivo solo a seguito di dichiarazione in udienza ovvero di notifica alle altre parti ad opera del difensore costituito.
Il Tribunale riporta, poi l’orientamento di legittimità che ha affermato la necessità di una lettura costituzionalmente orientata della disciplina ricavabile dal combinato disposto degli artt. 43 L. Fall e 305 c.p.c. ispirata dalle pronunce della Corte Costituzionale, secondo cui: “in riferimento all’effetto interruttivo automatico conseguente all’apertura del fallimento ai sensi della L. Fall., art. 43, comma 3, come novellato dal D.Lgs. n. 5 del 2006, art. 41 il termine per la riassunzione del processo decorre, secondo l’interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 305 cod. proc. civ., dalla data della legale conoscenza che dell’evento interruttivo ha avuto la parte interessata alla prosecuzione.
La parte che eccepisca l’estinzione per tardiva riassunzione può comunque dimostrare che la conoscenza in forma legale dell’evento (la quale per la curatela fallimentare si estende anche alla conoscenza della pendenza del processo) si è verificata antecedentemente alla dichiarazione in giudizio dell’evento medesimo.” (così, da ultimo, Cass. n. 5650/2013, la cui motivazione si rifà ai numerosi precedenti di legittimità e alle pronunce della Corte Costituzionale, citando in particolare la sentenza della Corte Costituzionale n. 17/2010).
Il Tribunale di Milano osserva che, di per sé, la norma ex art. 16 L. Fall. può essere riferita ai soli effetti per così dire “concorsuali” della sentenza dichiarativa di fallimento, senza che dal tenore e dalla collocazione di tale norma debba necessariamente trarsi anche la rilevanza endoprocessuale della iscrizione nel Registro delle imprese ricostruita dall’opposto.
Tale interpretazione della disciplina fallimentare trova conferma nell’analogo orientamento della Corte di Cassazione in tema di irrilevanza endoprocessuale della presunzione ex art. 2193 c.c. di conoscenza in capo ai terzi dei fatti iscritti nel Registro delle imprese, orientamento espresso, a composizione di un precedente contrasto, in particolare nella sentenza delle Sezioni Unite n. 19509/2010. La massima recita: “In tema di fusione per incorporazione, realizzata prima dell’entrata in vigore del novellato art. 2504 bis cod. civ., l’impugnazione è validamente notificata al procuratore costituito di una società che, successivamente alla chiusura della discussione (o alla scadenza del termine di deposito delle memorie di replica) si sia estinta per incorporazione, se l’impugnante non abbia avuto notizia dell’evento modificatore della capacità della giuridica mediante la notificazione di esso“.
Si legge, poi, in motivazione come a tal fine si imponga un attento bilanciamento tra le esigenze del soggetto che intenda impugnare la decisione sfavorevole e quelle del soggetto protagonista di una vicenda modificatrice della capacità di stare in giudizio, dallo stesso voluta e non immediatamente percepibile sulla base degli atti del processo. Non appare da questo punto di vista ragionevole gravare la parte interessata all’impugnazione dell’onere di una permanente consultazione del registro delle imprese al solo fine di consentirle la semplice gestione del processo, quest’ultimo orientamento è stato poi seguito anche dalle conformi pronunce della Corte di Cassazione n. 266/2011 e n. 22056/2013.
Il Tribunale di Milano ritiene, pertanto, come le considerazioni delle Sezioni Unite quanto alla necessità di un bilanciamento degli interessi delle contrapposte parti processuali siano applicabili anche al caso in esame, nel quale la interpretazione proposta dal Fallimento opposto comporterebbe, ove seguita, in sostanza un permanente onere di consultazione del Registro delle Imprese in capo ad ogni parte processuale onde verificare il sopraggiungere o meno di pronunce dichiarative del fallimento della controparte, e ciò a prescindere dal comportamento del difensore costituito della stessa controparte, il tutto a pena del maturare di decadenza dalla facoltà di tempestiva riassunzione del processo: onere che, ad avviso del Tribunale, verrebbe a contrastare con il precetto costituzionale in tema di “giusto processo” e con l’esigenza di effettività e pienezza del contraddittorio da tale precetto presupposto.
Partendo da tale iter argomentativo, il Tribunale di Milano giunge ad affermare il principio secondo cui la conoscenza legale dell’evento interruttivo in capo alla parte interessata alla riassunzione debba intendersi in senso processualcivilistico con riferimento (non alla data di iscrizione della sentenza di fallimento nel registro delle imprese ma) alla data nella quale l’intervenuto fallimento sia stato portato a conoscenza di tale parte ad opera della controparte a mezzo di dichiarazione in udienza ovvero di atto notificato.
Da ciò, il Giudice milanese, esprimendo il principio di diritto in epigrafe, ha fatto discendere il rigetto dell’eccezione di estinzione, di cui alla conclusione preliminare del Fallimento, disponendo la prosecuzione del giudizio.
Testo del provvedimento
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Numero Protocolo Interno : 467/2014
Tags : 28-03-2014, art. 16 L.F., art. 2504 c.c., art. 305 c.p.c., art. 41 L.F., art. 43 L.F., dalla sentenza dichiarativa di fallimento, decorrenza, fallimento, giusto processo, interruzione, registro delle imprese, riassunzione, Sezioni Unite, Termini processuali, Trib. Milano Sez. Specializzata in materia di imprese