ISSN 2385-1376
Testo massima
Commento redatto a cura dell’Avv. Francesco Mazzocca del foro di Napoli
È improponibile il giudizio di omologazione di un concordato preventivo di gruppo atteso che l’ordinamento giuridico italiano, allo stato attuale della legislazione, non prevede una normativa positiva del fenomeno e, in particolare, non disciplina la competenza, la forma del ricorso, la nomina degli organi della procedura, la formazione delle classi dei creditori e le masse attive e passive.
Questo il principio espresso dalla Corte di Cassazione, Sezione Prima, Pres. Ceccherini Rel. Nazzicone, con la sentenza n. 20559 del 13.10.2015.
Nel caso di specie, il Tribunale omologava globalmente il concordato preventivo di una società di persone, nonché di quattro società di capitali, in qualità di soci illimitatamente responsabili.
L’Agenzia delle Entrate ed altri creditori proponevano reclamo: la Corte di Appello dichiarava inammissibile quello dell’Ente e respingeva gli altri.
Avverso detto provvedimento, l’ente proponeva ricorso per cassazione.
Il Collegio, premesso che la realtà economica odierna indica che le imprese operanti sul mercato sono frequentemente organizzate in gruppi di società, ha poi chiarito che “l’attuale sistema del diritto fallimentare, in particolare per quanto attiene al concordato preventivo, non conosce il fenomeno, non dettando alcuna disciplina al riguardo, che si collochi sulla falsariga di quella enunciata in tema di amministrazione straordinaria alla L. 8 luglio 1999, n. 270, art. 80 e ss., o dal D.L. 23 dicembre 2003, n. 347, art. 4 bis, sulla ristrutturazione industriale di grandi imprese in stato di insolvenza, convertito, con modificazioni, in L. 18 febbraio 2004, n. 39, o con riguardo ai gruppi bancari od assicurativi insolventi“.
Neppure l’operazione societaria posta in atto nella vicenda in esame, con la costituzione della nuova società nella sede ligure in funzione esclusiva della competenza del tribunale fallimentare del circondario, e la successiva presentazione di un unico piano concordatario per questa e per le sue socie, dunque per la ‘impresa di gruppo’, “può superare in via interpretativa l’assenza di una disciplina positiva che regoli il concordato di gruppo“.
Ed invero, nella fattispecie, a) “la competenza territoriale per l’omologazione del concordato preventivo, a norma della L. Fall., art. 161, sarebbe appartenuta, in merito a proposte necessariamente distinte, ai tribunali nel cui circondario ciascuna società aveva la sede principale dell’impresa“, restando irrilevante, il trasferimento della stessa intervenuto nell’anno antecedente; b) il concordato preventivo avrebbe dovuto riguardare individualmente le singole società del gruppo, non la società personale e le società di quella socie, non ammettendosi un unico giudizio omologatorio; c) “il concordato preventivo della società non si estende ai soci illimitatamente responsabili, i quali beneficiano solo dell’effetto esdebitatorio“, ai sensi dell’art. 184, 2 comma, l.f., inoltre unicamente per i debiti sociali, non per quelli personali di ciascuno di essi; d) “in presenza di un concordato di diverse società legate da rapporti di controllo, anche ove soggette a direzione unitaria, occorre tenere distinte le masse attive e passive, che conservano la loro autonomia giuridica“, mentre il pregresso conferimento dei patrimoni nella neonata società ha nei fatti operato una commistione dei medesimi, nonostante il formale rispetto del principio della loro distinzione (risultando che solo piccole parti del patrimonio delle socie fu escluso dai conferimenti in fase di costituzione della società personale);
In sostanza, la vicenda dedotta in giudizio ha prodotto, a parere del Collegio, una forzatura del dato normativo, “oltre i limiti che, a mezzo di una mera interpretazione ed in mancanza di una disciplina positiva del fenomeno (una legge che intenda disciplinare il concordato preventivo di gruppo dovrebbe verosimilmente occuparsi di regolarne la competenza, le forme del ricorso, la nomina degli organi, la formazione – delle classi e delle masse), esso poteva ragionevolmente tollerare”.
In conclusione, la Cassazione ha cassato senza rinvio il decreto di omologazione del concordato ed il provvedimento impugnato, perché l’azione non poteva essere intrapresa.
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Testo del provvedimento
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Numero Protocolo Interno : 99/2015