ISSN 2385-1376
Testo massima
In tema di ammissione al passivo, la domanda relativa ai soli interessi, anteriori e successivi alla data del fallimento, non è preclusa dalla già avvenuta ammissione al passivo del credito per capitale, non costituendo essa pretesa nuova e dunque potendo essere azionata in via tardiva.
Si tratta, invero, di un credito accessorio ma pur sempre relativo ad un diritto distinto rispetto a quello sul capitale, cui solo si riferisce potendo, pertanto, azionarsi autonomamente anche ex art.101 Legge Fallimentare.
La presente decisione è difforme dal precedente orientamento (Cass. 2476/2003), per il quale, la negazione che il creditore, già ammesso al passivo per il credito del capitale, potesse proporre domanda tardiva dì ammissione per gli interessi, non richiesti con la domanda tempestiva, veniva argomentata con il rilievo che il decreto di esecutorietà dello stato passivo costituisce giudicato endofallimentare e, come tale, copre il dedotto e il deducibile, laddove nel “deducibile” rientrerebbe, appunto, la pretesa accessoria degli interessi.
Il caso
Il CONSORZIO BETA, chiedeva di essere ammesso, in via privilegiata, al Fallimento FUCSIA SRL per un credito derivante dalla tariffa rifiuti.
Il G.D. ammetteva la domanda ma senza il chiesto privilegio.
Avverso tale decisione il CONSORZIO BETA proponeva ricorso ex art.98 e 101 Legge Fallimentare, con il quale da un lato contestava l’ammissione al passivo senza il privilegio e, dall’altro proponeva insinuazione tardiva al passivo, con lo stesso privilegio, per gli interessi legali sul predetto credito anteriori e successivi alla dichiarazione del fallimento.
Il Tribunale adito respingeva entrambe le domande affermando:
– quanto all’opposizione, che la tariffa rifiuti non è un tributo, ma un corrispettivo di diritto privato, e che soltanto i tributi previsti dal T.U. sulla finanza locale approvato con R.D. 14 settembre 1931, n.1175 godono dell’invocato privilegio;
– quanto all’insinuazione tardiva, che gli interessi post fallimentari andavano esclusi per effetto della confermata natura chirografaria del credito per il capitale, e che, ad ogni buon contro, la domanda relativa agli interessi già maturati alla data del fallimento era preclusa in conseguenza della già avvenuta ammissione del credito per il capitale, rispetto al quale la domanda degli interessi era priva del requisito della novità.
Il CONSORZIO BETA, proponeva ricorso per saltum innanzi la Corte di Cassazione, lamentando, tra l’altro, violazione degli artt.54, 55 e 101 Legge Fallimentare denunciando la statuizione di inammissibilità della domanda tardiva degli interessi, sostenendo, contrariamente all’assunto del Tribunale, il carattere di novità della medesima rispetto a quella relativa al credito del capitale già ammesso al passivo.
La curatela fallimentare non svolgeva difese.
La decisione
La Corte ha accolto il ricorso, ha cassato la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, ha accolto l’opposizione e la domanda tardiva, ammettendo il credito del CONSORZIO BETA al passivo del fallimento FUCSIA con il privilegio di cui all’art.2752 cc, ultimo comma, nonché gli interessi legali, assistiti dal medesimo privilegio.
La decisione del Tribunale si basava sul rilievo che il decreto di esecutorietà dello stato passivo costituisce giudicato endofallimentare e, come tale, copre il dedotto e il deducibile, laddove nel “deducibile” rientrerebbe, la pretesa accessoria degli interessi.
Detta tesi, non è stata però condivisa dalla Corte secondo la quale, l’estensione del giudicato al “deducibile”, non trova giustificazione ove si tratti di diritto distinto da quello cui il giudicato si riferisce, laddove il credito degli interessi, per quanto accessorio, sul piano genetico, a quello del capitale, è appunto un credito autonomo.
A conclusione di tale ragionamento gli ermellini hanno affermato il principio per cui la domanda relativa agli interessi maturati alla data del fallimento non è preclusa dalla già avvenuta ammissione al passivo del credito per capitale: si tratta invero di un credito accessorio ma pur sempre relativo ad un diritto distinto rispetto a quello sul capitale, cui solo si riferisce potendo, pertanto, azionarsi autonomamente anche ex art.101 Legge Fallimentare.
Testo del provvedimento
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
CONSORZIO BETA;
RICORRENTE
contro
FALLIMENTO FUCSIA SRL;
INTIMATO
avverso la sentenza del Tribunale di Treviso n. 2402/04 depositata il 12 novembre 2004;
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con unico ricorso ai sensi degli artt.98 e 101 Legge Fallimentare depositato il 9 febbraio 2004 il CONSORZIO BETA propose sia opposizione allo stato passivo del fallimento della FUCSIA SRL, al quale il suo credito di Euro 759,73 per tariffa rifiuti era stato ammesso senza il privilegio richiesto ai sensi dell’art.2752 cc, ultimo comma, sia insinuazione tardiva al passivo, con lo stesso privilegio, per gli interessi legali sul predetto credito anteriori e successivi alla dichiarazione del fallimento, e precisamente su Euro 48,43 dal 4 al 17 aprile 2003, su Euro 554,26 dal 18 aprile 2003 al 7 gennaio 2004 e su Euro 759,73 dall’8 gennaio 2004 sino alla liquidazione dei beni mobili.
Il Tribunale di Treviso respinse entrambe le domande affermando:
– quanto all’opposizione, che la tariffa rifiuti non è un tributo, bensì un corrispettivo di diritto privato, e comunque soltanto i tributi previsti dal T.U. sulla finanza locale approvato con R.D. 14 settembre 1931, n.1175 godono dell’invocato privilegio;
– quanto all’insinuazione tardiva, che gli interessi postfallimentari andavano esclusi per effetto della confermata natura chirografaria del credito per il capitale, e che la domanda relativa agli interessi già maturati alla data del fallimento era preclusa in conseguenza della già avvenuta ammissione del credito per il capitale, rispetto al quale la domanda degli interessi era priva del requisito della novità.
Il Consorzio ha dunque proposto, con l’assenso scritto della curatela, ricorso per saltum a questa Corte articolando tre motivi di censura illustrati anche con memoria.
La curatela fallimentare non ha svolto difese.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. – Con il PRIMO MOTIVO di ricorso, denunciando violazione dell’art.2752 cc, ultimo comma e art.2778 cc e del D.Lgs. 5 febbraio 1997, n.22, art.49, si censura la negazione della natura tributaria della tariffa rifiuti.
2. – Con il SECONDO MOTIVO, denunciando violazione dell’art.2752 cc, ultimo comma, e art.2778 cc, si censura l’esclusione del medesimo tributo dalla previsione della prima di tali norme.
3. – Entrambi i motivi, dei quali è opportuna la trattazione congiunta in ragione della loro connessione, sono fondati.
Questa Corte ha già avuto occasione di riconoscere al credito della tariffa rifiuti il privilegio di cui all’art.2752 cc, ultimo comma, con Cass. 5297/2009.
E’ poi seguita Cass. Sez. Un. 13894/2009 – pronunciata in sede di regolamento di giurisdizione – che, ritenendo la natura non tributaria della tariffa pur in presenza di precedenti tra loro contrastanti nella giurisprudenza di questa Corte, ha sollevato eccezione dì illegittimità costituzionale della previsione della giurisdizione del giudice tributario.
Un mese dopo, però, Corte Cost. 238/2009 ha confermato – in relazione ad altre ordinanze di rimessione – la natura tributaria della tariffa e successivamente, con ord. 64/2010, ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione sollevata dalle Sezioni Unite; le quali, a loro volta, preso atto di quest’ultima decisione, con ordinanza 14903/2010, hanno dichiarato la giurisdizione del giudice tributario per le controversie aventi ad oggetto 1’obbligazione di pagamento della medesima tariffa.
Sempre le Sezioni Unite hanno anche risolto, con la sentenza 11930/2010, la questione dell’interpretazione dell’art.2752 cc, ultimo comma, accogliendone l’interpretazione estensiva per la quale tutti i tributi locali, siano o meno previsti dal richiamato R.D., godono del privilegio di cui trattasi.
4. – Con il TERZO MOTIVO di ricorso, denunciando violazione degli artt.54, 55 e 101 Legge Fallimentare, si censura la statuizione di inammissibilità della domanda tardiva degli interessi, sostenendo, contrariamente all’assunto del Tribunale, il carattere di novità della medesima rispetto a quella relativa al credito del capitale già ammesso al passivo.
5. – Anche tale motivo è fondato.
La negazione che il creditore già ammesso al passivo per il credito del capitale possa proporre domanda tardiva dì ammissione per gli interessi, non richiesti con la domanda tempestiva, viene dì solito argomentata con il rilievo che il decreto di esecutorietà dello stato passivo costituisca giudicato endofallimentare e, come tale, copre il dedotto e il deducibile. Nel “deducibile” rientrerebbe, appunto, la pretesa accessoria degli interessi.
Detta tesi, accolta anche da Cass. 2476/2003 (in via, peraltro, di obiter dictum, riguardando quella fattispecie una liquidazione coatta amministrativa, nella quale la preclusione della domanda tardiva degli interessi, essendo stato dal commissario liquidatore ammesso il solo credito del capitale, era già esaustivamente spiegata con la considerazione del potere officioso di formazione dello stato passivo spettante al commissario stesso, il cui provvedimento di ammissione del solo capitale equivaleva dunque a diniego degli interessi, superabile solo con un’opposizione ai sensi degli artt.98 e 201 legge fall.), non è però condivisa dal Collegio.
L’estensione del giudicato al “deducibile”, infatti, se si giustifica con riguardo al diritto sostanziale oggetto del giudicato stesso (che non può essere rimesso in discussione dopo la sua formazione), non ha giustificazione ove si tratti di diritto distinto da quello cui il giudicato si riferisce. E il credito degli interessi, per quanto accessorio, sul piano genetico, a quello del capitale, è appunto un credito autonomo (cfr., fra le altre, Cass. 687/1980, 4682/1981, 935/1984, 9800/1991, 10738/1994, 2945/2007), dunque azionabile separatamente e anche successivamente al credito principale già riconosciuto con decisione passata in giudicato.
6. – La sentenza impugnata va pertanto cassata.
Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito in questa sede (art.384 cpc, comma 1, ult. parte) con l’accoglimento sia dell’opposizione che della domanda tardiva e la conseguente ammissione al passivo fallimentare del credito del ricorrente come da domanda.
E’ equo dichiarare irripetibili le spese dell’intero giudizio, sia di merito che di legittimità, in considerazione delle incertezza giurisprudenziali sulle questioni affrontate.
PQM
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie l’opposizione e la domanda tardiva e, per l’effetto, ammette il credito del consorzio ricorrente al passivo del fallimento intimato con il privilegio di cui all’art.2752 cc, ultimo comma e gli interessi legali, assistiti dal medesimo privilegio, sino alla liquidazione dei beni mobili e con decorrenza dal 4 al 17 aprile 2003 su Euro 48,43, dal 18 aprile 2003 al 7 gennaio 2004 su Euro 554,26 e dall’8 gennaio 2004 su Euro 759,73; dichiara irripetibili le spese dell’intero processo.
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Numero Protocolo Interno : 3/2012