ISSN 2385-1376
Testo massima
LE MASSIME
Ove l’imprenditore, poi fallito, continui ad esercitare la attività di impresa dopo la dichiarazione di fallimento, il curatore fallimentare ha diritto ad ottenere il saldo attivo, detratte le passività incontrate, in forza dell’applicazione dell’art. 42 legge fallimentare in luogo dell’art. 44
IL CONTESTO NORMATIVO
ART. 42 BENI DEL FALLITO LEGGE FALLIMENTARE SECONDO COMMA
Sono compresi nel fallimento anche i beni che pervengono al fallito durante il fallimento, dedotte le passività incontrate per l’acquisto e la conservazione dei beni medesimi.
ART.44 LEGGE FALLIMENTARE – ATTI COMPIUTI DAL FALLITO DOPO LA DICHIARAZIONE DI FALLIMENTO
Tutti gli atti compiuti dal fallito e i pagamenti da lui eseguiti dopo la dichiarazione di fallimento sono inefficaci rispetto ai creditori.
Sono egualmente inefficaci i pagamenti ricevuti dal fallito dopo la sentenza dichiarativa di fallimento.
Fermo quanto previsto dall’articolo 42, secondo comma, sono acquisite al fallimento tutte le utilità che il fallito consegue nel corso della procedura per effetto degli atti di cui al primo e secondo comma.
IL CASO
Una curatela fallimentare aveva proposto domanda di inefficacia ex art. 44 lf sul presupposto che la Banca avesse incassato somme di pertinenza della procedura dopo la dichiarazione di fallimento.
Si era costituita la Banca, eccependo l’applicazione dell’art. 42 lf in luogo dell’art. 44 lf, evidenziando che l’attività di impresa era proseguita sino a data successiva alla dichiarazione di fallimento e che i pagamenti erano stati effettuati nell’esercizio dell’attività produttiva con la conseguenza che la curatela aveva il diritto di acquisire solo il saldo attivo del conto.
Il Tribunale di Catanzaro rigettava la domanda ex art. 44 legge fallimentare proposta dalla curatela, aderendo alla posizione della Banca, anche alla luce della movimentazione rilevata sul conto corrente.
La curatela proponeva appello, censurando la decisione, che aveva applicato alla fattispecie l’art. 42 e non 1’art.44 legge fallimentare, ritenendo erroneo il presupposto che l’attività della fallita fosse continuata anche dopo la dichiarazione del fallimento e deducendo che l’attività a quella data era, invece, cessata in quanto tutti gli incassi di somme erano relativi ad attività svolte e fatturate in data anteriore alla dichiarazione di fallimento, per cui sarebbe stato onere probatorio della banca dare prova del contrario.
Si costituiva la Banca, ribadendo la correttezza della sentenza appellata.
La Corte ha respinto l’appello sul presupposto della circostanza, provata, che l’attività di impresa del fallito era proseguita dopo la dichiarazione di fallimento.
La Corte rileva, infatti, come le risultanze di causa, contrariamente a quanto assunto dalla curatela, inducessero a ritenere che la fallita ebbe a continuare l’attività di impresa anche dopo la sentenza che ne dichiarava il fallimento.
In particolare, tale assunto viene desunto non solo dai plurimi incassi sul cc bancario ma anche dalle altre numerose e significative operazioni bancarie (emissioni di assegni, prelievo contante..) protrattesi oltre la dichiarazione di fallimento dell’imprenditore, nonché dalle risultanze degli atti del curatore del fallimento, ed, in particolare, dall’interrogatorio deferito all’imprenditore che dichiarava che l’attività di impresa era proseguita, non essendosi provveduto tempestivamente alle comunicazioni di rito e alla affissione della sentenza di fallimento, notificata all’amministratore della società in epoca in cui era stata proseguita la suddetta attività di impresa.
Sulla base di tali presupposti, la Corte giunge a ribadire l’applicazione dell’art. 42 lf in luogo dell’art. 42 della medesima legge .
IL COMMENTO
La sentenza riprende una vexata questio relativa alla applicazione dell’art.42 lf nell’ipotesi in cui l’attività di impresa sia proseguita dopo la dichiarazione di fallimento, confermando il principio secondo il quale il curatore ha diritto alla restituzione del solo saldo attivo, detratti i pagamenti eseguiti, quali le passività sopportate per l’esercizio dell’attività di impresa, di talché il curatore, in tali ipotesi, non può conseguire l’inefficacia di tutte le operazioni post fallimentari.
Tale principio è desumibile dall’art.42, secondo comma, legge fallimentare in quanto in ipotesi di beni pervenuti successivamente alla dichiarazione di fallimento – devono essere dedotte tutte e le passività incontrate per l’acquisto e la conservazione dei beni medesimi.
Testo del provvedimento
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Numero Protocolo Interno : 420/2014