Nell’opposizione allo stato passivo, il decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo ex art. 642 c.p.c. che sia stato opposto con giudizio cancellato dal ruolo per inattività delle parti e non riassunto, non è opponibile alla massa fallimentare, laddove il giudizio di opposizione sia iniziato prima dell’entrata in vigore, il 25 giugno 2008, ex art. 50 del d.l. n. 118 del 2008, convertito nella l. n. 133 del 2008, del nuovo testo dell’art. 181, primo comma c.p.c. alla luce del quale l’estinzione del giudizio in caso di inattività delle parti può essere pronunciata d’ufficio.
Ne consegue che, in difetto di una esplicita pronuncia di estinzione divenuta inoppugnabile, il decreto ingiuntivo non munito, prima della dichiarazione fallimento, del decreto di esecutorietà ex art. 647 c.p.c. non può considerarsi passato in cosa giudicata formale e sostanziale e pertanto non è opponibile alla massa fallimentare.
Questi i principi espressi dalla Corte di Cassazione I sez. civ, Pres. Didone – Rel Vella con la sentenza n. 5657 del 26 febbraio 2019.
Nella vicenda in esame veniva respinta l’opposizione allo stato passivo del fallimento di una società proposta da un creditore ai fini dell’ammissione in via privilegiata del suo credito, sul presupposto che la mancanza di un’espressa dichiarazione di estinzione del giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo sarebbe stata impeditiva del giudicato, con conseguente difetto di un valido titolo per l’insinuazione al passivo fallimentare.
Avverso tale pronuncia il creditore ha proposto ricorso per cassazione lamentando che il decreto ingiuntivo, verso il quale non era più proseguibile il giudizio di opposizione non riassunto nei termini dopo la cancellazione, era del tutto assimilabile ad una pronuncia passata in giudicato in quanto divenuto definitivo senza che fosse necessaria la declaratoria di esecutività ex art. 647 cod. proc. civ., essendo esso già provvisoriamente esecutivo ex art. 642 cod. proc. civ..
Il Collegio per orientamento prevalente della giurisprudenza di legittimità, il decreto ingiuntivo acquista efficacia di giudicato sostanziale, idoneo a costituire titolo inoppugnabile per l’ammissione al passivo, solo nel momento in cui il giudice lo dichiari, in mancanza di opposizione o di costituzione dell’opponente, esecutivo ai sensi dell’art. 647 c.p.c.; laddove il decreto ingiuntivo sia stato opposto, lo stesso è opponibile alla massa fallimentare a condizione che sia stata pronunciata sentenza di rigetto dell’opposizione ovvero ordinanza di estinzione divenute non più impugnabili prima della dichiarazione di fallimento e qualora l’estinzione del processo di opposizione avverso il decreto ingiuntivo, ancorché verificatasi ope legis, non possa essere dichiarata con ordinanza resa a ex art. 653 primo comma c.p.c., alla parte che ha richiesto ed ottenuto il provvedimento monitorio deve riconoscersi la facoltà di far valere la suddetta estinzione mediante istanza di declaratoria di esecutorietà dell’ingiunzione ex art. 654 primo comma c.p.c, allo stesso giudice che ha emesso l’ingiunzione.
Conformandosi a tali principi, la Suprema Corte si è pronunciata per l’infondatezza della doglianza del ricorrente rilevando che trattandosi di giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo iniziato prima del 25 giugno 2008, ad esso non risultavano applicabili gli artt. 181, comma 1 e 307, comma 4, cod. proc. civ. come modificati la L. n. 133/08 dalla L. n. 69/2009, con la conseguenza che l’estinzione non poteva operare d’ufficio, ma era necessaria la relativa pronuncia con apposita ordinanza; non risultava, poi, dagli atti che l’opponente avesse fatto istanza di esecutorietà ex art. 654, comma 1, cod. proc. civ., sicché il titolo azionato in sede di verifica era semplicemente un decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo ex art. 642 cod. proc. civ., come tale effettivamente inopponibile al fallimento.
Sulla scorta di tali rilievi, la Corte si è pronunciata per il rigetto del ricorso con l’ulteriore sanzione del raddoppio del contributo unificato ex art. 13, comma 1-quater, del D.P.R 115/2002.
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