ISSN 2385-1376
Testo massima
Solo quando un creditore, nel proporre la domanda di insinuazione al passivo, eccepisca, ai sensi dell’art. 56 r.d. n. 267/1942, la parziale compensazione tra il proprio credito di maggiore consistenza ed un minor credito vantato dal fallito per effetto di un diverso rapporto giuridico, l’esame del giudice delegato investe la validità, l’efficacia e la consistenza del titolo posto a fondamento della pretesa, con la conseguenza che il decreto di ammissione del credito residuo nei termini richiesti comporta implicitamente il riconoscimento della compensazione quale causa parzialmente estintiva della stessa pretesa e determina una preclusione endofallimentare, operante in ogni eventuale giudizio promosso per impugnare o contestare il titolo dal quale scaturisce il credito opposto in compensazione.
Diversamente, nelle ipotesi in cui il fallito ha assolto solo in parte le obbligazioni derivanti da un unico rapporto giuridico ad esecuzione continuata, quale il contratto di conto corrente bancario, il provvedimento di ammissione al passivo del credito rimasto insoluto, emanato in conformità alla richiesta del creditore, non presuppone neanche implicitamente una valutazione sulla validità e sull’efficacia dei pagamenti in precedenza effettuati in suo favore, di talché, non essendosi formato alcun giudicato endofallimentare su questi ultimi, l’azione revocatoria resta esperibile con riguardo agli atti estintivi delle maggiori ragioni del creditore.
A ribadire questi principi è stato il Tribunale di Salerno, Presidente dott. Salvatore Russo, con decreto del 10 giugno 2014 nell’ambito di un giudizio di opposizione allo stato passivo proposto da una Banca, ove è stata compiuta una ampia disamina della controversia, illustrandosi le ragioni per le quali il curatore prima ed il Giudice delegato poi erano stati indotti in errore.
In particolare, la Banca aveva chiesto l’ammissione al passivo di un credito, in forza di un decreto ingiuntivo non opposto, divenuto definitivo, per il minor importo risultante dalla decurtazione di quanto già riscosso, ed il giudice delegato aveva disatteso la domanda di ammissione sul presupposto che l’accertamento del credito richiesto dall’istante avrebbe determinato effetti ostativi all’esercizio dell’azione revocatoria del pagamento già incassato dall’istituto.
Proposta opposizione allo stato passivo, la curatela si costituiva, contestando la fondatezza dell’opposizione, assumendo che il giudice delegato avrebbe correttamente applicato il principio di diritto secondo cui, quando il creditore richiede l’ammissione al passivo per un importo inferiore a quello originario in virtù di una compensazione, la valutazione giudiziaria investe il titolo posto a fondamento della pretesa, la sua validità, la sua efficacia e la sua consistenza, sicché il provvedimento di accoglimento della domanda comporta l’implicito riconoscimento della compensazione quale causa parzialmente estintiva della pretesa e preclude al fallimento la possibilità di impugnare quel medesimo titolo.
Orbene, il Tribunale di Salerno, preliminarmente, osserva correttamente come la Banca, nel proporre la domanda di ammissione al passivo, contrariamente a quanto sostenuto dalla curatela, non avesse dedotto alcuna compensazione tra il credito derivante dai decreti ingiuntivi ed altro credito vantato nei propri confronti dalla società fallita, ma avesse solo dato atto di aver ricevuto un pagamento parziale.
In altri termini, viene precisato, come l’opponente non avesse invocato, quale modalità estintiva di un’obbligazione, a norma dell’art. 1241 cod. civ., la parziale compensazione tra il proprio credito di maggiore consistenza, per come cristallizzato nei decreti ingiuntivi irrevocabili, e un minor credito vantato dalla società fallita per effetto di altri e diversi rapporti giuridici intercorsi tra le parti, ma avesse rappresentato di aver già incassato parte della somma di cui alla ingiunzione.
A questo punto, il Tribunale richiama il principio, da ultimo enunciato dalla Corte di Cassazione a Sezione Unite con la sentenza n. 16508 del 14.07.2010, secondo cui, allorquando un soggetto formuli l’insinuazione al passivo per un credito inferiore a quello originario sulla base di un’eccezione di compensazione con un controcredito vantato dalla società fallita in forza di rapporti giuridici diversi da quelli consacrati nei suddetti decreti ingiuntivi, l’indagine del giudice delegato non può in alcun modo riguardare la validità e l’efficacia del titolo dal quale sarebbe derivato il credito compensato, sicché, in mancanza di qualsiasi accertamento al riguardo, l’ammissione dell’opponente per il residuo importo non comporta, in pregiudizio della massa, alcuna preclusione endoconcorsuale nell’instaurazione dell’azione revocatoria diretta a conseguire la declaratoria di inopponibilità del pagamento già ricevuto a deconto della maggiore pretesa creditoria.
Ed infatti, l’ammissione al passivo concorsuale di un credito residuo non preclude la revocabilità dei pagamenti parziali effettuati dal debitore prima della dichiarazione di fallimento, giacché non impedisce al curatore la proposizione dell’azione di inefficacia degli atti estintivi delle maggiori ragioni creditorie, implicando un accertamento in ordine alla sussistenza del titolo giustificativo di quel residuo, ma non anche circa l’insussistenza di un credito più consistente, di talché prescinde da indagini sulla validità e sull’opponibilità nei confronti della massa dei parziali pagamenti antecedenti, pur se indicati dal ricorrente per chiarire contabilmente il motivo della limitazione della propria pretesa rispetto ad un credito originario di maggior importo, e lascia impregiudicate le relative questioni (cfìr., ex plurimis, Cass. 7 giugno 1988, n. 3848; Cass. 3 giugno 1991, n. 6237; Cass. 18 maggio 2005, n. 10429; Cass., Sez. Un., 14 luglio 2010, n. 16508).
Viene correttamente chiarito come, nel caso di ammissione al passivo di un credito residuo, l’azione revocatoria possa essere de plano esercitata, dal momento che la preclusione endofallimentare formatasi in relazione all’ammissione del credito insoddisfatto per versamenti non effettuati non si estende alla parte di credito già soddisfatto, anche se dipendente dal medesimo titolo, in ragione dell’autonomia che caratterizza i singoli pagamenti posti in essere.
In tale ipotesi, invero, l’accertamento dell’esistenza di una posizione creditoria da parte del giudice delegato determina un effetto preclusivo in relazione all’avvenuta quantificazione del credito ammesso, ma non anche con riferimento agli adempimenti precedentemente intervenuti, per i quali, di conseguenza, non era stata formulata alcuna richiesta di insinuazione al passivo.
Si osserva, poi, come l’identità del titolo posto a base di quest’ultima istanza con quello in ragione del quale erano stati in precedenza effettuati i versamenti dovuti non sia sufficiente per configurare una preclusione rispetto all’esercizio di un’azione finalizzata alla declaratoria di inefficacia di tali pagamenti, giacché, in sede di ammissione, l’indagine del giudice delegato è circoscritta alla disamina dell’esistenza delle condizioni necessarie per raccoglimento della relativa richiesta e non si estende, dunque, ad una verifica in ordine all’opponibilità alla massa dei parziali pagamenti antecedenti, che, peraltro, costituendo atti giuridici del tutto autonomi tra loro, sono individualmente assoggettabili ad azione revocatoria, a norma dell’art 67, comma 2, r.d. n. 267/1942.
In definitiva, solo quando un creditore, nel proporre la domanda di insinuazione al passivo, eccepisca, ai sensi dell’art. 56 r.d. n. 267/1942, la parziale compensazione tra il proprio credito di maggiore consistenza ed un minor credito vantato dal fallito per effetto di un diverso rapporto giuridico, l’esame del giudice delegato investe la validità, l’efficacia e la consistenza del titolo posto a fondamento della pretesa, con la conseguenza che il decreto di ammissione del credito residuo nei termini richiesti comporta implicitamente il riconoscimento della compensazione quale causa parzialmente estintiva della stessa pretesa e determina una preclusione endofallimentare, operante in ogni eventuale giudizio promosso per impugnare o contestare il titolo dal quale scaturisce il credito opposto in compensazione.
Diversamente, nelle ipotesi in cui il fallito ha assolto solo in parte le obbligazioni derivanti da un unico rapporto giuridico ad esecuzione continuata, quale il contratto di conto corrente bancario, il provvedimento di ammissione al passivo del credito rimasto insoluto, emanato in conformità alla richiesta del creditore, non presuppone neanche implicitamente una valutazione sulla validità e sull’efficacia dei pagamenti in precedenza effettuati in suo favore, di talché, non essendosi formato alcun giudicato endofallimentare su questi ultimi, l’azione revocatoria resta esperibile con riguardo agli atti estintivi delle maggiori ragioni del creditore.
Sulla base di tale iter argomentativo, il Tribunale, rilevato che l’opponente, nel formulare la domanda di insinuazione al passivo, non aveva eccepito alcuna compensazione, accoglie l’opposizione e per l’effetto ammette al passivo il credito, fondato su titoli di formazione giudiziale opponibili al fallimento.
Testo del provvedimento
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