La domanda di insinuazione allo stato passivo del fallimento produce l’effetto dell’interruzione della prescrizione del credito, con effetti permanenti dalla proposizione della domanda fino alla chiusura della procedura concorsuale, i quali effetti possono essere fatti valere anche nei confronti del debitore tornato in bonis, con decorrenza di un nuovo periodo prescrizionale dalla chiusura della medesima procedura.
Questo il principio espresso dalla Corte di Cassazione, Sez. V, Pres. Virgilio – Rel. D’Aquino, con la sentenza n. 16415 del 9 giugno 2023, con la quale è stato accolto il ricorso presentato dall’Agenzia della Riscossione sul rilievo dell’avvenuto effetto interruttivo della prescrizione di alcuni crediti erariali.
Secondo la Suprema Corte, la domanda di insinuazione allo stato passivo del fallimento produce l’effetto dell’interruzione della prescrizione del credito.
Alla conservazione degli effetti della domanda di ammissione allo stato passivo nella procedura concorsuale fa pendant la norma che prevede che i creditori, con la chiusura del fallimento, “riacquistano il libero esercizio delle azioni verso il debitore per la parte non soddisfatta dei loro crediti per capitale e interessi” (L.Fall., art. 120, comma 3).
Con la chiusura del fallimento si verifica, pertanto, sia la perdita degli effetti protettivi ai fini della prescrizione prodottisi con la domanda di ammissione al passivo, sia il riacquisto da parte dei creditori delle azioni esecutive individuali.
Di questo effetto interruttivo/sospensivo il creditore ne beneficia nei confronti del debitore dichiarato fallito, una volta che quest’ultimo torni in bonis. E’ questo il senso del “riacquisto” delle azioni esecutive nei confronti del debitore, azioni che il creditore ha fatto valere ai fini del concorso, per effetto della proposizione della domanda giudiziale di ammissione allo stato passivo (pur non potendole esercitare individualmente), i cui effetti si sono conservati con efficacia permanente sino alla chiusura della procedura.
Se il creditore ha conservato i propri diritti di credito durante la procedura anche ai fini prescrizionali (salvo il divieto di azioni esecutive), la possibilità per il creditore di agire nei confronti del debitore non può che accompagnarsi alla conservazione dell’effetto sospensivo della prescrizione, invalso durante la pendenza della procedura concorsuale e non oltre la sua chiusura, con la ripresa in esito alla chiusura di un nuovo periodo prescrizionale.
La Suprema Corte ha preso atto del fatto che la sentenza impugnata non abbia fatto corretta applicazione del suddetto principio e l’ha cassata con rinvio, al fine di accertare per quali crediti il creditore erariale abbia fatto domanda di ammissione allo stato passivo e se, in relazione ai relativi crediti, tenuto conto dell’effetto interruttivo a efficacia permanente della prescrizione, sia maturata la prescrizione dei crediti come sopra indicato. Al giudice del rinvio è rimessa anche la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
Per ulteriori approfondimenti in materia si rinvia ai seguenti contributi pubblicati in Rivista:
IL CREDITORE NON DEVE PROPORRE UNA PROCEDURA INDIVIDUALE ESECUTIVA NEI CONFRONTI DEL TERZO
Sentenza | Corte di Cassazione, sez. III Civ., Pres. Vivaldi – Rel. D’Arrigo | 21.01.2020 | n.1149
PRESCRIZIONE: IL DEPOSITO DELLA DOMANDA DI INSINUAZIONE AL PASSIVO NE DETERMINA L’INTERRUZIONE CON EFFETTI PERMANENTI FINO ALLA CHIUSURA
TALE STATO SI ESTENDE ANCHE NEI CONFRONTI DEL CONDEBITORE SOLIDALE DEL FALLITO
Ordinanza | Corte Suprema di Cassazione, terza sezione civile, Pres. Di Amato – Rel. Cirillo | 19.04.2018 | n.9638
PRESCRIZIONE: LA DOMANDA DI AMMISSIONE COMPORTA L’INTERRUZIONE CON EFFETTI PERMANENTI FINO A CHIUSURA PROCEDURA
NON È NECESSARIA LA SUCCESSIVA EMANAZIONE DEL PROVVEDIMENTO
Sentenza | Cassazione Civile, sez. lavoro, Pres. D’Antonio – Rel. Spena | 30.08.2016 | n.17412
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