Non incorre nella sanzione dell’improcedibilità il creditore opponente che abbia omesso di produrre copia autentica dello stato passivo formato dal giudice delegato, non trovando applicazione l’art. 347 c.p.c., comma 2, previsto solo per l’appello e potendo, comunque, il tribunale accedere direttamente al fascicolo di cui all’art. 90 L. Fall. per conoscere il contenuto del provvedimento impugnato.
Questo è il significativo principio di diritto stabilito dalla Corte di Cassazione, Sesta Sezione Civile, con la recentissima ordinanza n. 9339 del 07 aprile 2021 in materia di produzione documentale a corredo di un procedimento di opposizione allo stato passivo del fallimento.
I Giudici di legittimità, infatti, in applicazione dello stesso hanno ribaltato completamente il verdetto di primo grado con il quale il Tribunale aveva rigettato l’opposizione in questione sul mero presupposto, appunto, dell’omessa produzione in giudizio del decreto di esecutorietà dello stato passivo tale da aver precluso, a dire dello stesso Tribunale, al collegio giudicante “ogni valutazione sulle censure mosse dall’opponente all’impugnato decreto del Giudice Delegato“.
La Corte di Cassazione, invece, ha rivisto e corretto la visuale della problematica oggi in commento sia richiamando in applicazione un proprio orientamento dalla stessa ritenuto prevalente (vedi Cass. n. 23138 del 22 ottobre 2020 e Cass. n. 17286 del 24 agosto 2016) che, ed a maggior ragione, sottolineando altresì il dato testuale dell’art. 99 della Legge Fallimentare e, segnatamente, l’assoluta mancanza in questa norma di qualsivoglia riferimento al decreto di esecutorietà quanto al contenuto necessario del ricorso introduttivo dell’opposizione e della relativa produzione giudiziale.
Nel contempo, per avvalorare ulteriormente la propria decisione, la Corte Suprema ha anche sottolineato come nel caso in parola non possa trovare applicazione nemmeno l’art. 347 cpc comma 2 in quanto previsto unicamente per l’atto di appello e, cosa ancora più rilevante, ha rammentato il potere officioso del Giudicante di accedere direttamente al fascicolo di ufficio della procedura fallimentare nell’ambito del quale acquisire ogni documentazione utile per il proprio verdetto, compreso anche il decreto oggetto di impugnativa.
L’interessante ordinanza in commento, pertanto, sia pure nella sua stringata ma quanto mai efficace motivazione, ci appare certamente condivisibile perché conforme non solo, e non tanto, alle norme fallimentari dalla stessa richiamate nel loro contenuto testuale, ma soprattutto al fondamentale principio di diritto che sottende all’esercizio del potere giurisdizionale e che impone al Giudicante di utilizzare al meglio la produzione documentale facente parte del fascicolo d’ufficio, come è noto o automaticamente rimesso nella sua disponibilità già all’atto dell’opposizione ovvero dallo stesso richiedibile in qualunque momento della fase di opposizione a cura della Cancelleria competente, senza imporre a carico delle parti inutili aggravi di attività probatoria.
Occorre comunque preliminarmente evidenziare come la pronuncia in esame abbia giustamente soltanto escluso l’improcedibilità o l’inammissibilità della opposizione allo stato passivo in assenza di copia autentica dello stato passivo nella produzione documentale dell’opponente, senza che però ciò comporti l’ininfluenza o l’inutilità di tale documento ai fini del decidere poiché è noto come in tale contesto oppositivo il decreto di esecutorietà dello stato passivo sia atto indispensabile per la invocata decisione e debba essere, pertanto, comunque acquisito o su impulso della parte opponente, non obbligata, ovvero per iniziativa diretta del Tribunale che ne ha la disponibilità agli atti del fascicolo della procedura concorsuale.
Resta, pertanto, inteso come, de iure condendo, qualora le parti non vi abbiano provveduto spontaneamente, l’emissione del provvedimento decisorio rimanga pur sempre inibita dalla mancanza di tale documento e come la causa debba essere eventualmente rimessa in sede dibattimentale per l’integrazione del supporto probatorio richiesto, pena, a nostro parere, la legittima e fondata impugnativa della pronuncia irregolarmente emanata.
In definitiva, dunque, ciò cui la Corte Suprema ci induce a voler riflettere attentamente è solo la declaratoria di esclusione di qualsivoglia conseguenza pregiudizievole per l’opposizione proposta dal creditore in mancanza di produzione diretta dello stato passivo, dal momento che tale fase, pur avendo natura impugnatoria, non può assimilarsi in alcun modo all’appello (vedi Cass. Civ. Sezione Prima, sentenza n. 17286 del 24 agosto 2016) dovendo essa essere regolamentata unicamente dalle disposizioni speciali della Legge Fallimentare.
In realtà, sul punto gli orientamenti della giurisprudenza circa la natura impugnatoria ovvero cognitiva dell’opposizione de qua sono stati quanto mai contrastanti ed addirittura hanno visto nell’autorevole ripetuto intervento della Corte Costituzionale (ordinanze 28.05.2001 n. 167; 18.07.1998 n. 304; 29.04.1975 n. 94; 18.11.1970 n. 158) una posizione maggiormente propensa per la seconda ipotesi, quasi che si tratti, in definitiva, di una fase, eventuale, dalla cognizione piena “finalizzata a raccogliere elementi utili alla decisione del collegio sulla base dei motivi dell’opposizione stessa, suscettibili d’introdurre nuovo materiale probatorio” (ord. n. 304/1998) che segue quella primigenia sommaria della semplice verifica del credito “fondata su materiale probatorio di carattere esclusivamente cartolare”.
Si tratta, si badi bene, di una distinzione non soltanto meramente interpretativa o accademica, poiché dall’accoglimento dell’una piuttosto che dell’altra tesi derivano importanti conseguenze anche sotto il profilo delle prerogative e degli obblighi probatori imposti al creditore opponente, per cui bene è a dirsi che la giurisprudenza della Corte Suprema sia stata sempre orientata nel senso della natura impugnatoria della opposizione allo stato passivo (vedi già Cassazione Civile, Sezione Prima, sentenza n. 845 del 25 gennaio 1993) e lo sia tuttora, sebbene differenziandola, come abbiamo visto, da quella propria dell’appello, poiché altrimenti non saremmo pervenuti oggi alla conclusione in commento.
Correttamente, invero, ancora una volta i Giudici di legittimità hanno sottolineato come l’obbligo, derivante dalla locuzione “deve” contenuta nel comma 2 dell’art. 347 cpc, per l’appellante di produrre “copia della sentenza appellata” non sia applicabile per analogia al caso di specie, anche alla luce della precisa indicazione del contenuto necessario del ricorso in opposizione stabilita dall’art. 99 Legge Fallimentare che, appunto, non fa alcun riferimento a questo documento.
Si tratta, in conclusione, di atti e documenti che, come detto, fanno già parte del fascicolo della procedura concorsuale, in quanto formati dagli organi di questa o assunti dall’autorità giudiziaria che ne ha la competenza, e che pertanto sono a disposizione sia del Giudice Delegato che del Tribunale Fallimentare in qualunque fase del fallimento stesso, compresa anche quella oppositiva, a differenza di quelli, invece, già prodotti dal creditore a supporto della propria istanza di insinuazione al passivo che, pur essendo ricompresi nel fascicolo informatico o cartaceo della procedura, devono essere tuttavia specificatamente indicati e/o acclusi all’interno dell’atto di opposizione per poter essere utilizzati sotto il profilo probatorio anche in questa fase e non incorrere così nella decadenza prevista dall’art. 99 comma 2 punto 4) della Legge Fallimentare (vedi Cass. Civ. sentenza n. 23138 del 22 ottobre 2020).
Come si vede, quindi, ci troviamo difronte ad un ulteriore, significativo, passo in avanti per la supremazia della legge speciale fallimentare rispetto a quella codicistica ordinaria, nel solco di una lettura dei principi della gerarchia delle fonti che non possiamo non ritenere sostanzialmente ineccepibile.
Per ulteriori approfondimenti in materia, si rinvia ai seguenti contributi pubblicati in Rivista:
OPPOSIZIONE STATO PASSIVO: AMMISSIBILE LA PRODUZIONE DI NUOVI DOCUMENTI
SI TRATTA DI UN GIUDIZIO DIVERSO DA QUELLO ORDINARIO DI COGNIZIONE, AUTONOMAMENTE DISCIPLINATO DALLA L. FALL., ARTT. 98 E 99
Ordinanza | Corte di Cassazione, VI sez. civ., Pres. Scaldaferri – Rel. Caiazzo | 25.02.2020 | n.4952
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