La violazione dell’obbligo di astensione nelle ipotesi previste dall’art. 51 c.p.c., comma 1 e con la sola eccezione dell’ipotesi di interesse diretto nella causa non si converte mai in un motivo di nullità della sentenza, in assenza di rituale istanza di ricusazione che sia stata respinta e che sia stata, in conseguenza di tale rigetto, impugnata.
Questo è quanto espresso dall’ordinanza n. 12057 della Corte di Cassazione, Sezione prima Civile, pubblicata l’8 maggio 2019.
Nel caso di specie, viene proposto ricorso per Cassazione avverso la sentenza della Corte d’Appello di Venezia che ha dichiarato la nullità della sentenza di fallimento di una società, dichiarato in violazione dell’art. 25 del Regio decreto n. 267/1942 (cd. Legge fallimentare, così come da ultimo modificata dal Decreto legislativo n. 54/2018 in vigore dal 25 giugno 2018) sui poteri del giudice delegato.
Prendendo testualmente l’articolo di riferimento, la Suprema Corte ha specificato che “il giudice delegato esercita funzioni di vigilanza e di controllo sulla regolarità della procedura e: 1) riferisce al tribunale su ogni affare per il quale è richiesto un provvedimento del collegio; 2) emette o provoca dalle competenti autorità i provvedimenti urgenti per la conservazione del patrimonio, ad esclusione di quelli che incidono su diritti di terzi che rivendichino un proprio diritto incompatibile con l’acquisizione; 3) convoca il curatore e il comitato dei creditori nei casi prescritti dalla legge e ogni qualvolta lo ravvisi opportuno per il corretto e sollecito svolgimento della procedura; 4) su proposta del curatore, liquida i compensi e dispone l’eventuale revoca dell’incarico conferito alle persone la cui opera è stata richiesta dal medesimo curatore nell’interesse del fallimento; 5) provvede, nel termine di quindici giorni, sui reclami proposti contro gli atti del curatore e del comitato dei creditori; 6) autorizza per iscritto il curatore a stare in giudizio come attore o come convenuto. L’autorizzazione deve essere sempre data per atti determinati e per i giudizi deve essere rilasciata per ogni grado di essi. Su proposta del curatore, liquida i compensi e dispone l’eventuale revoca dell’incarico conferito ai difensori nominati dal medesimo curatore; 7) su proposta del curatore, nomina gli arbitri, verificata la sussistenza dei requisiti previsti dalla legge; 8) procede all’accertamento dei crediti e dei diritti reali e personali vantati dai terzi, a norma del capo V. Il giudice delegato non può trattare i giudizi che abbia autorizzato, né può far parte del collegio investito del reclamo proposto contro i suoi atti. I provvedimenti del giudice delegato sono pronunciati con decreto motivato”.
Gli Ermellini sostengono che la violazione dell’obbligo di astensione non si converta in un motivo di nullità della sentenza, in assenza di rituale istanza di ricusazione che sia stata respinta e che sia stata, in conseguenza di tale rigetto, impugnata. Pertanto, sussiste – contrariamente a quanto ritenuto nella sentenza impugnata – un onere di ricusazione preventiva, fermo restando che detta istanza diverrà inefficace allorché il giudice si sia astenuto: in assenza di detta istanza non può affermarsi la nullità della sentenza impugnata. Infatti, “il potere di ricusazione costituisce un onere per la parte: se la parte non lo esercita entro il termine all’uopo fissato dall’art. 52 c.p.c. essa non ha mezzi processuali per far valere il difetto di capacità del giudice; consegue che, in mancanza di ricusazione, la violazione da parte del giudice dell’obbligo di astenersi non può essere fatta valere in sede di impugnazione come motivo di nullità della sentenza (leggasi Cass. S.U. 1545/201, Cass. 13935/2016, Cass. 26223/2014 e Cass. S.U. 3527/2002)”.
La Corte di Cassazione, nell’accogliere il ricorso, ha cassato la sentenza impugnata, rinviando alla Corte d’Appello di Venezia in diversa composizione.
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