LA MASSIMA
A seguito dell’ammissione al passivo di un credito per il saldo residuo derivante dalla compensazione ex art.56 Legge Fallimentare, dedotta dal creditore, si determina una preclusione endofallimentare in relazione al titolo negoziale da cui deriva il credito del fallito, per cui il Curatore non può più agire per la revoca delle operazioni che hanno dato origine a detto credito, neanche deducendo la natura anormale del pagamento effettuato dal fallito, avendo l’onere di sollevare detta questione in sede di verifica dei crediti.
IL CASO
Un creditore ha presentato istanza al fine essere ammesso al passivo per la sola differenza di L.27.818.259, PREVIA COMPENSAZIONE tra il proprio credito per forniture di merci di L.43.178.940, maturato nel periodo agosto 1997 – marzo 1998, ed il credito della fallita GIALLO SRL, per forniture di merce e servizi eseguiti nei confronti della VIOLA SPA, per il totale di L. 15.360.681.
Il Giudice Delegato ha ammesso il creditore al passivo per l’importo come richiesto.
Successivamente, la Curatela del Fallimento GIALLO SRL ha promosso azione revocatoria, ex art.67, n.2, Legge Fallimentare, dei pagamenti pari a L.15.360.681, in quanto effettuati con asseriti mezzi anormali.
Il Tribunale ha accolto la domanda, rilevando che l’ammissione al passivo della VIOLA SPA come da domanda non determinava alcuna preclusione da giudicato sulla successiva revocatoria, della quale riteneva nel merito la sussistenza degli elementi costitutivi.
La pronuncia veniva impugnata dalla VIOLA SPA.
La Corte d’appello, con sentenza depositata il 20/7/2005, in accoglimento dell’appello, ha respinto le domande proposte dal FALLIMENTO GIALLO SRL, condannando lo stesso alla rifusione alla VIOLA SPA delle spese dei due gradi del giudizio.
La Corte territoriale ha ritenuto fondata la prima censura avanzata dall’appellante, applicando il principio generale, secondo il quale “la preclusione dell’azione revocatoria dopo l’ammissione al passivo del credito può ritenersi in tutti quei casi nei quali l’azione stessa, incidendo direttamente sull’atto dal quale il credito ammesso deriva, si riflette sulla formazione della massa passiva e, quindi, interferisce direttamente sulla verifica dei crediti ammessi, ma va negata nell’ipotesi in cui i suoi effetti, anche se non limitati alla mera integrazione dell’attivo, non importano, comunque, esclusione in tutto o in parte del credito ammesso e non incidono, quindi, sul provvedimento di ammissione nella sua esistenza formale e nel suo elemento contenutistico. La revoca di un pagamento parziale, cioè, lascia del tutto integro il provvedimento di ammissione del giudice delegato” (così Cass. 3236/1975, S.U. 1333/1976, Cass. 2848/1988, Cass. 6237/1991).
Applicando tale principio alla compensazione, la Corte del merito ha rilevato che il creditore, che sia a sua volta debitore del fallito, e che voglia far valere la compensazione ex art.56 Legge Fallimentare, ha la facoltà di chiedere al Giudice delegato di pronunciarsi sulla compensazione e quindi di essere ammesso al passivo per la differenza; che avendo nel caso il creditore chiesto al Giudice delegato di essere ammesso per la differenza tra il suo credito e quello della società fallita, sottoponendo espressamente la questione della compensazione ed essendo stata la domanda ammessa come da richiesta, sul punto si era formato giudicato endofallimentare, per cui la successiva revocatoria, diretta alla declaratoria di inefficacia delle forniture effettuate dalla GIALLO SRL a favore della VIOLA SPA, proposta dal Curatore, doveva ritenersi inammissibile, in quanto il Giudice delegato ne aveva riconosciuto la legittimità, compensando i due debiti.
Avverso detta pronuncia propone ricorso per cassazione il FALLIMENTO GIALLO SRL, sulla base di due motivi.
Resiste con controricorso la VIOLA SPA.
LA DECISIONE
La Corte ha rigettato il ricorso, condannando il Fallimento ricorrente a rifondere le spese processuali.
La decisione è in linea con la giurisprudenza della Suprema Corte ed in particolare con la sentenza delle Sezioni unite, n. 16508/2010, che ha ribadito il principio costantemente (quanto meno implicitamente) affermato, secondo cui:
Nel procedimento di verifica del passivo, il creditore, con la domanda di insinuazione, può dedurre la compensazione e, qualora ottenga l’ammissione del residuo credito, nella misura risultante dalla differenza dell’importo originario rispetto ad un minor debito verso il fallito, il relativo provvedimento del giudice delegato, investe ogni questione attinente al fondamento, la consistenza e l’efficacia del titolo posto a base della domanda e dunque implica che, formatosi su di essa il giudicato endofallimentare, diviene preclusa l’autonoma azione con cui il curatore contesti il medesimo titolo sotto il profilo dell’efficacia, agendo in revocatoria degli atti giustificativi della dedotta ed ammessa causa di estinzione parziale del maggiore credito.
LA SENTENZA
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso OMISSIS/2005 proposto da:
FALLIMENTO GIALLO SRL
RICORRENTE
contro
VIOLA SPA
CONTRORICORRENTE
avverso la sentenza n.685/2005 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA, depositata il 20/7/2005
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con istanza datata 2/7/1999, la VIOLA SPA chiedeva al Giudice Delegato del Fallimento della GIALLO SRL di essere ammessa al passivo per la differenza di L.27.818.259, PREVIA COMPENSAZIONE tra il proprio credito per forniture di merci di L.43.178.940, maturato nel periodo agosto 1997 – marzo 1998, ed il credito della GIALLO SRL, per forniture di merce e servizi eseguiti a favore della VIOLA SPA, per il totale di L. 15.360.681.
Il Giudice Delegato ammetteva la VIOLA SPA al passivo per l’importo come richiesto.
Con atto di citazione del 17 gennaio 2001, la Curatela del Fallimento GIALLO SRL. agiva nei confronti della VIOLA SPA, chiedendo la revocatoria, Legge Fallimentare, ex art.67, n.2, dei pagamenti pari a L. 15.360.681, in quanto effettuati con mezzi anormali.
Il Tribunale accoglieva la domanda, rilevando che l’ammissione al passivo della VIOLA SPA come da domanda non determinava alcuna preclusione da giudicato sulla successiva revocatoria, della quale riteneva nel merito la sussistenza degli elementi costitutivi.
La pronuncia veniva impugnata dalla VIOLA SPA.
La Curatela si costituiva, chiedendo il rigetto dell’appello.
La Corte d’appello, con sentenza depositata il 20/7/2005, in accoglimento dell’appello, ha respinto le domande proposte dal FALLIMENTO GIALLO SRL, condannando lo stesso alla rifusione alla VIOLA SPA delle spese dei due gradi del giudizio.
La Corte territoriale ha ritenuto fondata la prima censura avanzata dall’appellante, applicando il principio generale, secondo il quale “la preclusione dell’azione revocatoria dopo l’ammissione al passivo del credito può ritenersi in tutti quei casi nei quali l’azione stessa, incidendo direttamente sull’atto dal quale il credito ammesso deriva, si riflette sulla formazione della massa passiva e, quindi, interferisce direttamente sulla verifica dei crediti ammessi, ma va negata nell’ipotesi in cui i suoi effetti, anche se non limitati alla mera integrazione dell’attivo, non importano, comunque, esclusione in tutto o in parte del credito ammesso e non incidono, quindi, sul provvedimento di ammissione nella sua esistenza formale e nel suo elemento contenutistico. La revoca di un pagamento parziale, cioè, lascia del tutto integro il provvedimento di ammissione del giudice delegato” (così Cass. 3236/1975, S.U. 1333/1976, Cass. 2848/1988, Cass. 6237/1991).
Applicando tale principio alla compensazione, la Corte del merito ha rilevato che il creditore, che sia a sua volta debitore del fallito, e che voglia far valere la compensazione Legge Fallimentare, ex art.56, ha la facoltà di chiedere al Giudice delegato di pronunciarsi sulla compensazione e quindi di essere ammesso al passivo per la differenza; che avendo nel caso il creditore chiesto al Giudice delegato di essere ammesso per la differenza tra il suo credito e quello della società fallita, sottoponendo espressamente la questione della compensazione ed essendo stata la domanda ammessa come da richiesta, sul punto si era formato giudicato endofallimentare, per cui la successiva revocatoria, diretta alla declaratoria di inefficacia delle forniture effettuate dalla GIALLO SRL a favore della VIOLA SPA, proposta dal Curatore, doveva ritenersi inammissibile, in quanto il Giudice delegato ne aveva riconosciuto la legittimità, compensando i due debiti.
Avverso detta pronuncia propone ricorso per cassazione il FALLIMENTO GIALLO SRL, sulla base di due motivi.
Resiste con controricorso la VIOLA SPA.
Il Fallimento ha depositato memoria ex art.378 cpc.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1.1.- Con il PRIMO MOTIVO, il Fallimento denuncia la violazione del combinato disposto dell’art.112 cpc, Legge Fallimentare, artt.94 e 71, pur nella consapevolezza dell’orientamento contrario, ma confortato dalla sentenza del S.C. 2910/1979.
Secondo il ricorrente, il principio della corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato e la natura giudiziale della domanda di insinuazione al passivo, non consentono, a fronte del petitum della domanda stessa, l’ammissione per un importo superiore a quello preteso dalla parte sulla base di una compensazione, che per di più, esula dall’ambito conoscitivo proprio dell’accertamento del passivo fallimentare.
Inoltre, ad ammettere la sussistenza del giudicato endofallimentare e l’obbligo di ammettere per intero il credito, ove si negasse la compensazione, ne conseguirebbe l’illogica possibilità di una successiva ammissione del convenuto in revocatoria anche ai sensi della Legge Fallimentare, art.71: in pratica, il creditore del fallito, ammesso per l’intero, potrebbe essere ammesso anche per l’importo revocato, Legge Fallimentare, ex art.71.
1.2.- Con il SECONDO MOTIVO, prospettato dalla parte come il principale, il Fallimento denuncia violazione delle norme di diritto, di cui alla Legge Fallimentare artt.95, 56 e 67, nonché, connesso con la prima censura, vizio di omessa, insufficiente motivazione su punto decisivo della controversia.
L’erroneità, in tesi, della pronuncia impugnata, è riscontrabile alla stregua del rilievo che l’azione revocatoria non era stata promossa nei confronti del credito vantato dalla VIOLA SPA verso la fallita GIALLO SRL, ma, quale “pagamento con mezzi non normali”, nei confronti della prestazione di servizi compiuta dal fallito in favore del proprio creditore, sicchè la avvenuta compensazione era stata addirittura presupposta dal Curatore, laddove aveva posto a fondamento dell’azione l’atto solutorio in tal modo posto in essere.
Il Fallimento, ad ulteriore conferma dell’errore di inquadramento in cui sarebbe incorsa la Corte bresciana, richiama il passo di cui a pagina 7 della sentenza, ove si afferma che nell’ipotesi di ammissione della sola differenza insinuata dal creditore istante, il curatore “non può più chiedere il pagamento del credito spettante al fallito“: nel caso, il Curatore non ha affatto chiesto il pagamento di un credito spettante al fallito, ma ha azionato la revocatoria, deducendo la natura non normale del pagamento, effettuato mediante la fornitura di merci e di servizi compiuta da GIALLO SRL.
Il Fallimento non contesta la tesi giuridica accolta dalla Corte del merito, ma bensì che tale tesi sia pertinente al caso di specie, atteso che “proprio l’estinzione per effetto della compensazione del credito vantato dal fallito ha formato oggetto della specifica prospettazione dell’azione revocatoria proposta avverso l’atto solutorio in tal modo posto in essere“.
Secondo il ricorrente, la sentenza impugnata determina il risultato concreto della compensabilità tra il credito della massa azionato dal Curatore ed il credito della VIOLA SPA verso il fallito, in violazione della Legge Fallimentare, art.56; inoltre, la revocatoria non ha interessato il tema dell’esistenza, validità, efficacia del titolo negoziale dal quale è derivato il credito del fallito opposto in compensazione, la cui esistenza è stata invero postulata, onde far valere l’inefficacia del sottostante atto solutorio.
2.1.- Il PRIMO MOTIVO, nelle due censure fatte valere, va disatteso.
I due profili di vizio di violazione di legge prospettati si prestano all’immediato rilievo di inconferenza: quanto alla prima censura, anche ad ammettere la fondatezza della tesi del ricorrente, non si vede come potrebbe essere la sentenza impugnata viziata da ultrapetizione, che se mai potrebbe essere configurabile in relazione al provvedimento di ammissione al passivo; quanto alla seconda censura, la stessa non è attinente al caso di specie, essendo stata la VIOLA SPA ammessa al passivo per la differenza e non per l’intero, e, a ritenere il giudicato endofallimentare, e quindi ammessa dal Giudice Delegato la compensazione, non si porrebbe la questione dell’ammissione al passivo per l’intero credito e per quello revocato, Legge Fallimentare, ex art.71.
2.2.- IL SECONDO MOTIVO del ricorso, nelle prospettazioni di vizio di violazione di legge e di motivazione, è infondato.
L’estinzione delle reciproche posizioni di dare ed avere si è verificata successivamente all’apertura della procedura concorsuale, in conseguenza della dichiarazione contenuta nella domanda di ammissione e dell’accoglimento della stessa; la compensazione Legge Fallimentare, ex art.56, si è verificata tra il credito vantato dalla VIOLA SPA nei confronti di GIALLO SRL, esistente alla data del fallimento, ed il minor debito di cui alle fatture del 1998 e 1999, nè è stato opposto in compensazione il debito di restituzione nei confronti della massa derivante dalla revocatoria,come intenderebbe affermare la difesa del Fallimento.
In materia, è intervenuta la recentissima sentenza delle Sezioni unite, 16508/2010, che ha ribadito il principio costantemente (quanto meno implicitamente) affermato, “per il quale il creditore che sia anche debitore del fallito per somma inferiore al proprio credito è legittimato a sollevare l’eccezione di compensazione Legge Fallimentare, ex art.56, in sede di verifica dello stato passivo, ed a richiedere l’ammissione al passivo per la somma corrispondente al conguaglio tra le rispettive posizioni di credito-debito (Cass. 21 ottobre 1998, n. 10408, Cass. 20 marzo 1991, n. 3006, Cass. 13 marzo 1982, n. 1634), sia in ragione della natura legale e non giudiziale della compensazione prevista dalla L. Fall., art. 56, che per evidenti motivi di economia processuale“; il Giudice delegato può alternativamente accogliere o respingere la compensazione, e, pur non essendovi univocità di indirizzo in quest’ultimo caso, in ordine all’ammissibilità dell’intero importo originario (Cass. 3006/1991, 882/1975) ovvero soltanto per il residuo, in conformità della somma indicata nell’istanza di ammissione (Cass. 2910/79), la posizione del creditore è adeguatamente tutelata, potendo proporre nel caso di rigetto l’opposizione Legge Fallimentare, ex art. 98 (Cass. 10408/1998).
Le Sezioni Unite sono pervenute ad affermare il seguente principio di diritto:
“quando il creditore richiede l’ammissione al passivo per un importo inferiore a quello originario deducendo la compensazione, l’esame del giudice delegato investe il titolo posto a fondamento della pretesa, la sua validità, la sua efficacia e la sua consistenza. Ne consegue che il provvedimento di ammissione del credito residuo nei termini richiesti comporta implicitamente il riconoscimento della compensazione quale causa parzialmente estintiva della pretesa, riconoscimento che determina una preclusione endofallimentare, che opera in ogni ulteriore eventuale giudizio promosso per impugnare, sotto i sopra indicati profili dell’esistenza, validità, efficacia, consistenza, il titolo dal quale deriva il credito opposto in compensazione“.
Ne consegue che, a seguito dell’ammissione al passivo del credito, la VIOLA SPA per il saldo residuo derivante dalla compensazione Legge Fallimentare, ex art.56, si è determinata una preclusione endofallimentare in relazione al titolo negoziale da cui è derivato il credito del fallito, per cui il Curatore non poteva più agire per la revoca delle operazioni che avevano dato origine a detto credito, deducendo la natura anormale del pagamento effettuato dal fallito mediante la fornitura di merci e servizi, bensì avrebbe dovuto sollevare detta questione in sede di verifica dei crediti.
In sede di memoria ex art.378 cpc, il Fallimento argomenta il proprio dissenso nei confronti della sentenza delle Sezioni Unite, principalmente in relazione alle argomentazioni di cui al par. 4 a), e successivi, rilevando che la Corte non avrebbe affrontato espressamente il tema della compatibilità di un giudicato endofallimentare (in realtà, avente efficacia esterna) che nella vigenza della normativa antecedente, si sarebbe formato nonostante la pacifica impossibilità di qualificare il Curatore, in sede di accertamento del credito, parte processuale, essendo invece lo stesso ausiliario “collaboratore” del Giudice delegato, come confermato dalla Legge Fallimentare art.98, che, ANTE RIFORMA, prevedeva la legittimazione del solo creditore all’opposizione allo stato passivo, laddove il vigente art.98 contempla, coerentemente con il nuovo impianto, il Curatore tra i soggetti legittimati all’impugnazione.
Secondo il Fallimento, la pronuncia in oggetto avrebbe introdotto nel sistema processuale un’ipotesi di formazione del giudicato avente efficacia esterna, derivante dal provvedimento reso in sede di accertamento sommario, atto a pregiudicare le ragioni di una parte processuale che, all’epoca della formazione del giudicato, non era presente e costituita nel giudizio; nè infine il ricorrente condivide il passo della sentenza, ove si afferma che gli effetti pregiudizievoli per il Fallimento, per la riscontrata preclusione, “saranno eventualmente addebitabili al curatore, ove ne ricorrano le condizioni e i presupposti, per la mancata formulazione di eccezioni idonee a contrastare l’assunto relativo all’esistenza della compensazione del ricorrente“, rilevando che il Curatore, prima della riforma, non formulava eccezioni, non era parte, da cui la difficoltà di ipotizzare la responsabilità dello stesso per non avere sollevato eccezioni, rilevabili d’ufficio in relazione a questione di diritto che il Giudice delegato era tenuto a conoscere ed aveva erroneamente applicato.
A fronte di dette critiche, va rilevato che il Curatore, nella disciplina ante riforma, che qui interessa, in sede di formazione dello stato passivo, può sollevare eccezioni e contestazioni, come per le istanze di ammissione tardiva (sul punto, vedi tra le altre, le pronunce 3013/08, 11096/98, 6937/05), ed è parte processuale, in quanto rappresenta i creditori ammessi al concorso; tale rilievo è di per sè idoneo a contrastare il passaggio nodale delle argomentazioni prospettate dal Fallimento in sede di memoria.
3.1.- Il ricorso va pertanto respinto e le spese del presente giudizio, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
PQM
La Corte rigetta il ricorso; condanna il Fallimento GIALLO SRL ricorrente a rifondere alla VIOLA SPA le spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 1200,00, di cui Euro 200,00 per spese, oltre spese generali ed accessori di legge.
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