ISSN 2385-1376
Testo massima
In base all’art. 111 della legge fallimentare (R.D. n. 267 del 1942), norma valevole per la generalità delle procedure concorsuali, sono ricompresi nel novero dei crediti prededucibili anche quelli maturati prima dell’apertura delle procedure concorsuali, perché funzionali al loro espletamento. In tal senso, deve riconoscersi la collocazione privilegiata del credito vantato da un professionista per l’assistenza prestata nella predisposizione e presentazione della domanda di transazione fiscale, funzionale all’ammissione alla procedura di concordato preventivo.
A stabilirlo è la Corte di Cassazione nell’Ordinanza n. 18922, VI Sez. Civ., del 24.6.2014, depositata il 9 settembre 2014, riconoscendo come credito prededucibile ai sensi dell’art. 111 L.F. il compenso spettante al professionista che ha assistito il debitore nella presentazione dell’istanza di fallimento in proprio.
L’Ordinanza è stata emessa in seguito al ricorso proposto da un professionista avverso il decreto con cui in data 28 marzo 2013 il Tribunale di Firenze depositava e comunicava il rigetto dell’opposizione proposta dal professionista ricorrente, ammettendo la somma di Euro 4.500,00 e negando il diritto alla prededucibilità del credito, in adesione “alla tesi secondo la quale il dettato dell’art. 111 L.F., al comma 2, si riferisce ai crediti sorti sotto il controllo degli organi della procedura”.
IL CASO
Il professionista, con ricorso ex art. 93 L.F., presentava domanda di insinuazione al passivo per l’importo di Euro 8.488,08, oltre IVA e CPA, per il credito vantato in virtù delle prestazioni professionali prestate, inerenti l’esame e lo studio della situazione patrimoniale e finanziaria della società, poi fallita, e la redazione e presentazione dell’istanza di fallimento in proprio. Il ricorrente richiedeva, in via principale, l’ammissione di tale credito in prededuzione, ai sensi dell’art. 111 L.F.; in via subordinata, l’ammissione con il privilegio speciale di cui agli artt. 2755 e 2770 cod. civ. Con decreto emesso in data 29 maggio 2012, il Giudice delegato ammetteva la domanda al passivo, per il minor importo di Euro 4.500,00 (somma quantificata con riferimento al valore minimo previsto dalla previgente tariffa professionale), riconoscendo la sussistenza del privilegio generale di cui all’art. 2751 bis c.c., n. 2, ma non la natura prededucibile del credito, né il privilegio speciale per gli atti conservativi.
Il professionista, con ricorso ex art. 98 L.F., proponeva opposizione al decreto di esecutorietà dello stato passivo, chiedendo la liquidazione ai valori medi di tariffa, e insistendo per il riconoscimento del proprio diritto alla prededucibilità, ai sensi dell’art. 111 L.F., o, in subordine, il riconoscimento del privilegio per gli atti conservativi. La Curatela della società resistente si costituiva in giudizio contestando le ragioni dell’opponente in punto di quantum debeatur e in punto di prededucibilità del credito. In particolare, secondo le asserzioni della Curatela, la prededucibilità dei crediti del professionista sarebbe stata ammissibile solo per quei crediti sorti durante la procedura, sotto il controllo del giudice. Al contrario, in caso di prestazioni professionali rese per l’accesso spontaneo alla procedura di fallimento, si sarebbe resa necessaria una rigorosa prova circa la “funzionalità” dell’attività prestata dal professionista, da configurarsi come funzionalmente “strumentale” e indispensabile per l’accesso alla procedura.
In data 28 marzo 2013, il Tribunale di Firenze depositava e comunicava il decreto di rigetto dell’opposizione proposta dal professionista ricorrente.
Il professionista ricorreva per Cassazione lamentando la violazione e/o la falsa applicazione dell’art. 111 L.F., con riferimento alla ritenuta limitazione della prededucibilità dei soli crediti sorti sotto il controllo degli organi della procedura.
La Corte di Cassazione, sposando la tesi del professionista ricorrente, accoglieva l’unico motivo di ricorso, cassava il provvedimento impugnato e rinviava il giudizio dinanzi al Tribunale di Firenze.
COMMENTO
La finalità preponderante, seppur non esclusiva, delle procedure concorsuali, ravvisabile nella necessità di soddisfare i creditori mediante la distribuzione ed il riparto dell’attivo fallimentare ricavato dalla liquidazione dei beni, l’incasso dei crediti o la prosecuzione dell’attività di impresa, fa sì che il riparto stesso dell’attivo si ponga come fase di eventuale conflitto tra i creditori, a cui la legge pone rimedio stabilendo una graduazione che fa dell’art. 111 L.F. norma di riferimento. La norma provvede a suddividere i crediti in tre categorie gerarchiche: 1) crediti prededucibili; 2) crediti privilegiati; 3) crediti chirografari.
Tale ripartizione è aggiuntiva rispetto a quella prevista dall’art. 2777 Cod. Civ. e la necessità di individuare un ordine rispetto alla distribuzione dell’attivo fallimentare tra creditori deriva dalle specifiche peculiarità delle procedure concorsuali rispetto alle procedure esecutive individuali. Infatti, mentre la procedura esecutiva individuale ha impulso su iniziativa di un singolo creditore che anticipa nel proprio interesse le spese dell’esecuzione, nelle procedure concorsuali vi sono soggetti esterni, che non soggiacciono alla cristallizzazione del passivo fallimentare in quanto creditori non anteriori all’apertura della procedura, che però assumono obbligazioni verso terzi, “in funzione della procedura concorsuale”, ed a vantaggio dell’intero ceto creditorio. A fronte dell’insufficienza dell’attivo, questi soggetti sono stati ritenuti dalla legge meritevoli di soddisfacimento prioritario mediante la creazione della categoria dei crediti prededucibili.
La Corte di Cassazione, nel caso de quo, ha preliminarmente evidenziato il tenore letterale della norma, l’art. 111 L. F., che testualmente prevede al comma 2: “sono considerati crediti prededucibili quelli così qualificati da una specifica disposizione di legge, e quelli sorti in occasione o in funzione delle procedure concorsuali di cui alla presente legge…”, ricomprendendo ictu oculi nel novero dei crediti prededucibili anche quelli maturati prima dell’apertura dei detti procedimenti, perchè funzionali al loro espletamento.
Nel prosieguo dell’iter logico, la Cassazione ha rilevato che la pronuncia non può non muovere anche da un precedente dirimente: con la sentenza n. 8533 dell’8 aprile 2013 gli Ermellini avevano riconosciuto la prededucibilità del credito vantato da un professionista per l’assistenza prestata nella predisposizione e presentazione della domanda di transazione fiscale, funzionale all’ammissione alla procedura di concordato preventivo.
La Cassazione, a ragion veduta ha ritenuto che non vi fosse motivo di diversificare il trattamento tra chi era stato d’ausilio all’imprenditore nelle attività prodromiche e necessarie all’ammissione al concordato preventivo rispetto a chi lo aveva assistito nella preparazione della documentazione per l’istanza di fallimento, e che le due fattispecie erano equiparabili ed entrambi rientranti nell’alveo del disposto ex art. 111 L.F.
In tal modo, con l’Ordinanza n. 18922 del 24.6.2014 la Cassazione ha fugato ogni dubbio interpretativo circa la generale portata applicativa dell’art. 111, comma 2, L.F., ribadendo, tra l’altro, che questo si configura quale norma generale applicabile alla pluralità delle procedure concorsuali.
Testo del provvedimento
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