ISSN 2385-1376
Testo massima
Il curatore, il quale agisca in giudizio per la restituzione di una somma di denaro, che assuma corrisposta indebitamente in epoca antecedente all’apertura della procedura concorsuale, esercita un’azione rinvenuta nel patrimonio del soggetto sottoposto alla procedura, ponendosi nella sua stessa posizione sostanziale e processuale, nella posizione, cioè, che il soggetto avrebbe avuto, agendo in bonis in proprio al fine di acquisire al suo patrimonio poste attive di sua spettanza.
In questi casi, infatti, il curatore del fallimento non agisce in sostituzione dei creditori al fine della ricostituzione del patrimonio originario del fallito, e cioè nella veste di terzo, ma esercita un’azione trovata nel patrimonio del fallito medesimo, come avente causa di questo, ponendosi nella stessa posizione sostanziale e processuale del fallito, quale sarebbe stata anche se il fallimento non fosse stato dichiarato, al fine di fare entrare nel suo patrimonio attività che gli competevano già prima della dichiarazione di fallimento e che sono indipendenti dal dissesto successivamente verificatosi (giurisprudenza costante da Cass. 28 ottobre 1982 n. 5926; tra le più recenti Cass. 8 settembre 2004 n. 18059).
Cosi si è pronunziata la Corte di Cassazione, sezione prima, con sentenza n.23429 del 19/12/2012, nell’ambito di un giudizio proposto dalla curatela fallimentare al fine di ottenere la restituzione, ex art. 2033 c.c. della somma corrisposta dalla fallita in bonis a titolo di maggiorazione di canone d’affitto, in base a un contratto d’affitto d’azienda.
La convenuta aveva dedotto che il pagamento chiesto in restituzione era giustificato da una transazione, in relazione alla quale il curatore aveva eccepito l’inopponibilità della stessa perchè priva di data certa.
Il Tribunale aveva ritenuto che la certezza della data dovesse dedursi dalla sua anteriorità alla cancellazione dal ruolo della causa instaurata, dalla società allora in bonis, per ottenere la restituzione dei maggiori canoni pagati vin precedenza.
In particolare, il Tribunale aveva utilizzato le deposizioni testimoniali dei due legali delle parti, che avevano riferito che la causa fu cancellata dal ruolo dopo la sottoscrizione della transazione.
La Corte d’Appello di Firenze aveva confermato il giudizio del Tribunale.
Proposto ricorso per Cassazione, la Corte affronta la questione del modo corretto di applicare l’art. 2704 c.c., rilevando, correttamente, come la eccezione di inopponibilità della transazione intervenuta tra la società, allora in bonis, e la società locatrice postuli che il curatore agisca nella fattispecie quale terzo, a tutela degli interessi dei creditori, e senza avvalersi di un’azione presente già nel patrimonio del fallito.
La Suprema Corte richiama l’orientamento consolidato della corte secondo cui “il curatore, il quale agisca in giudizio per la restituzione di una somma di denaro, che assuma corrisposta indebitamente in epoca antecedente all’apertura della procedura concorsuale, esercita un’azione rinvenuta nel patrimonio del soggetto sottoposto alla procedura, ponendosi nella sua stessa posizione sostanziale e processuale, nella posizione, cioè, che il soggetto avrebbe avuto, agendo in bonis in proprio al fine di acquisire al suo patrimonio poste attive di sua spettanza” (cfr., di recente, Cass. 19 novembre 2008 n. 27510). In questi casi, infatti, il curatore del fallimento non agisce in sostituzione dei creditori al fine della ricostituzione del patrimonio originario del fallito, e cioè nella veste di terzo, ma esercita un’azione trovata nel patrimonio del fallito medesimo, come avente causa di questo, ponendosi nella stessa posizione sostanziale e processuale del fallito, quale sarebbe stata anche se il fallimento non fosse stato dichiarato, al fine di fare entrare nel suo patrimonio attività che gli competevano già prima della dichiarazione di fallimento e che sono indipendenti dal dissesto successivamente verificatosi (giurisprudenza costante da Cass. 28 ottobre 1982 n. 5926; tra le più recenti Cass. 8 settembre 2004 n. 18059).
Muovendo da tali premesse, la Corte giunge alla conclusione che nella fattispecie in esame non può farsi questione di data certa e della sua opponibilità al curatore, con il conseguente assorbimento delle questioni sollevate con i primi due motivi, nella parte concernente l’omessa questione dell’idoneità della documentazione prodotta dalla società a provare in modo certo l’anteriorità della formazione del documento e circa l’ammissibilità della prova testimoniale.
In altri termini, solo allorquando il curatore del fallimento agisce in sostituzione dei creditori, al fine di ricostruire il patrimonio originario del fallito (accertamento del passivo, azione di revocatoria fallimentare etc.), potrà invocare la sua veste di terzo e, pertanto, il principio della inopponibilità dei documenti privi di data certa, mentre quando il curatore si pone nella stessa posizione sostanziale e processuale del fallito, esercitando una azione che già competeva al fallito prima della dichiarazione di fallimento e che è indipendente dalla stessa, agisce come avente causa del fallito medesimo, con la conseguenza che in tale seconda ipotesi non potrà invocare l’applicazione dell’art. 2704 c.c..
Testo del provvedimento
In allegato il testo integrale del provvedimento
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