In tema di garanzie, i contratti di fideiussione “a valle” di intese dichiarate parzialmente nulle dall’Autorità Garante, in relazione alle sole clausole contrastanti con della L. n. 287 del 1990, art. 2, comma 2, lett. a), e art. 101 del T.F.U.E., sono parzialmente nulli, ai sensi dell’art. 2, comma 3, della Legge citata e dell’art. 1419 c.c., in relazione alle sole clausole che riproducono quelle dello schema unilaterale costituente l’intesa vietata – perché restrittive, in concreto, della libera concorrenza – salvo che sia desumibile dal contratto, o sia altrimenti comprovata, una diversa volontà delle parti.
Questo è il principio espresso dalla Corte di Cassazione, Pres. Valitutti – Rel. Abete, con l’ordinanza n. 28500 del 12 ottobre 2023.
Nel caso di specie, la ricorrente deduceva in primo luogo che la Corte di Torino avesse errato ad opinare per la tardività dell’eccezione di nullità della fideiussione per violazione della L. n. 287 del 1990, art. 2, comma 2, lett. a), e, segnatamente, che la violazione dell’art. 2 della legge “antitrust”, consumatasi “a monte”, mercè la predisposizione di uno schema contrattuale uniforme, restrittivo della concorrenza, determinava la nullità dei contratti stipulati a valle in conformità allo schema.
La Suprema Corte ha affermato che “la corte distrettuale, allorché ha reputato “assorbente” il profilo della tardività della quaestio nullitatis, per violazione della L. n. 287 del 1990, art. 2, comma 2, lett. a), della fideiussione sul presupposto per cui “sono rilevabili d’ufficio per la prima volta in appello le nullità che colpiscono l’atto negoziale posto a fondamento della controversia (…), non quindi le nullità relative a singole clausole” ha senz’altro errato.
Pertanto “ben avrebbe potuto – in tesi – la corte di merito far luogo all’indicazione officiosa di possibili ragioni di nullità parziale (cfr. Cass. sez. un. 12.12.2014, n. 26242 (Rv. 633509), secondo cui nel giudizio di appello ed in quello di cassazione, il giudice, in caso di mancata rilevazione officiosa, in primo grado, di una nullità contrattuale, ha sempre facoltà di procedere ad un siffatto rilievo”.
Tuttavia, la Suprema Corte ha precisato che non vi fosse margine per attribuir valenza all’omessa officiosa indicazione da parte della corte territoriale, ovvero per far luogo all’officiosa indicazione di eventuali ragioni di parziale nullità della fideiussione, in sede di Cassazione.
In primo luogo, giacché la ricorrente in appello (alla stregua evidentemente della prospettazione di cui alla conclusionale di seconde cure) aveva insistito, come in sede di legittimità, nella configurabilità di ragioni di nullità integrale.
In secondo luogo, giacché la prospettazione di nullità – integrale – di cui alla seconda articolazione del motivo in disamina è stata comunque generica, ancorata sic et simpliciter all’addotta gravità della violazione di superiori valori solidaristici ed all’addotta rilevanza di qualunque forma di distorsione della concorrenza.
In terzo luogo, giacché il motivo in disamina per nulla censurava l’affermazione della Corte piemontese, secondo cui l’appellante aveva circoscritto le sue contestazioni alla clausola n. 9 della fideiussione ed aveva lasciato esenti da qualsivoglia rilievo le clausole n. 2, n. 6 e n. 8.
Pertanto, il ricorso è stato rigettato, con condanna di parte ricorrente alle spese di lite.
Per ulteriori approfondimenti in materia si rinvia ai seguenti contributi pubblicati in Rivista:
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