È infondata la doglianza di nullità “anticoncorrenziale” della fideiussione conforme allo schema “ABI” (oggetto del provvedimento della Banca d’Italia del 2.5.2005) ove formulata in relazione a garanzia prestata per un credito individuato (c.d. fideiussione specifica e non “omnibus”).
In ogni caso, la mera conformità a detto schema non lo rende di per sé attuativo di un’intesa vietata. Banca d’Italia, nel provvedimento n. 55 del 2 maggio 2005, aveva rilevato che lo schema ABI non era ancora diffuso tra gli istituti di credito e che l’inserimento delle predette clausole costituiva una “prassi bancaria”, cioè un comportamento generale ripetuto non derivante dalla necessità di rispettare un obbligo giuridico (cfr. punto 93 del doc. n. 5 di parte attrice). In epoca antecedente all’intesa dell’ottobre 2002, non è stata rilevata l’esistenza di alcuna pratica concordata ex art. 2 L. 287/1990. L’inserimento delle clausole censurate in epoca successiva al provvedimento amministrativo – clausole tra l’altro aventi ad oggetto diritti disponibili – prova esclusivamente il fatto storico ma non dimostra la sussistenza di un nesso di causa tra l’intervenuta stipulazione dell’intesa anticoncorrenziale (o di una nuova intesa) e il contenuto del negozio fideiussorio, il quale può originare da una semplice valutazione di convenienza degli interessati. Opinando diversamente, e cioè ritenendo che, in data successiva al provvedimento della Banca d’Italia, ogni pattuizione di natura conforme al modello ABI sia riconducibile direttamente o indirettamente all’intesa di cui in precedenza, si giungerebbe all’inaccettabile conclusione di escludere di fatto l’utilizzo di clausole di per sé lecite.
In terzo luogo, la prova dell’intesa anticoncorrenziale e dell’applicazione uniforme delle clausole oggetto dell’intesa non determina la invalidità “ex se” del negozio fideiussorio, ma costituisce uno dei presupposti per ottenere il risarcimento del danno derivante dalla perdita di chance di stipulare un contratto a condizioni più favorevoli. Infatti, i singoli negozi di fideiussione non possono essere considerati accordi anticoncorrenziali ai sensi dell’art. 2 L. 287/1990, in quanto si pongono a valle dell’intesa anticoncorrenziale, costituita unicamente dalla delibera ABI di approvazione dello schema contrattuale, e sono diretti a perseguire e a realizzare scopi differenti rispetto a quelli di impedire o falsare il gioco della concorrenza all’interno del mercato nazionale. Le pattuizioni contrattuali di contenuto conforme a quelle predisposte dall’ABI non sono quindi direttamente in contrasto con la norma imperativa prevista dall’art. 2 L. 287/1990. Orbene, l’ipotesi dell’inefficacia del singolo contratto derivante dalla nullità dell’intesa anticoncorrenziale, sebbene non sia specificamente prevista da alcuna disposizione normativa, sussiste nel caso in cui sia dimostrato che l’inserimento delle clausole anticoncorrenziali nel singolo contratto fideiussorio costituisca l’adempimento dell’obbligazione originata dall’intesa stessa. Se fosse raggiunta tale prova la stipulazione del singolo contratto fideiussorio avrebbe una causa solutoria di una obbligazione nulla e, quindi, sarebbe a sua volta nulla per mancanza di causa.
Tale prova [non è stata fornita e] difficilmente può essere fornita, posto che i predetti negozi non sembrano realizzare una fattispecie di negozio complesso, caratterizzato da un’unica causa, ovvero una fattispecie di collegamento negoziale pluricausale, nella quale l’intesa anticoncorrenziale e il singolo contratto siano diretti alla realizzazione di un’operazione unitaria animata dalla comune volontà di tutti i partecipanti. Invero, i contratti stipulati tra gli istituti bancari ed i clienti originano dall’autonomia privata dei contraenti, sono espressione della libertà individuale di regolare liberamente i propri interessi nel rispetto dei limiti previsti dall’ordinamento giuridico, hanno una propria “causa concreta”, che si esaurisce nella realizzazione del fine tipico dell’atto concluso, ed i clienti sono privi della rappresentazione e della volontà di partecipare al progetto anticoncorrenziale.
Questi i principi affermati dal Tribunale di Cremona, in persona del Giudice Daniele Moro, con sentenza n. 348 del 6 luglio 2021.
Per ulteriori approfondimenti si rinvia ai seguenti contributi pubblicati in Rivista:
FIDEIUSSIONE ANTITRUST: VA DIMOSTRATO CHE SIANO FRUTTO DI UNA INTESA ANTICONCORRENZIALE SPECIFICA
IL PROVVEDIMENTO 55/05 DI BANCA D’ITALIA E LA PRESENZA DELLE CLAUSOLE CENSURATE NON È SUFFICIENTE A FAR RITENERE RAGGIUNTA TALE PROVA
Sentenza | Tribunale di Pordenone | 12.01.2021 | n.28
FIDEIUSSIONI-ANTITRUST: LA POSSIBILE NULLITÀ NON È RILEVABILE D’UFFICIO
LA QUESTIONE NON PUÒ ESSERE INTRODOTTA IN SEDE DI PRECISAZIONE DELLE CONCLUSIONI
Sentenza | Corte di Appello Venezia, Pres. Cicognani Rel. Napoli | 17.02.2021 | n.402
FIDEIUSSIONE – SCHEMA ABI: NON È SUFFICIENTE ALLEGARE LA NULLITÀ DELL’INTESA ANTICONCORRENZIALE
IL GARANTE DEVE PROVARE LA COINCIDENZA DELLE CONDIZIONI COL TESTO DELLO SCHEMA CONTRATTUALE, OGGETTO DELL’INTESA RESTRITTIVA
Ordinanza | Tribunale di Roma, Giudice Paolo Goggi | 26.04.2021
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