Provvedimento segnalato da Donato Giovenzana – Legale d’impresa, con nota di accompagnamento
Non può vantare alcuna pretesa nei confronti del fideiussore il soggetto garantito che, con un contegno contrario ai canoni di buona fede e correttezza contrattuale, abbia aggravato la posizione del garante.
La buona fede nell’esecuzione del contratto si sostanzia in un generale obbligo di solidarietà che impone a ciascuna delle parti di agire in modo da preservare gli interessi dell’altra, a prescindere tanto da specifici obblighi contrattuali, quanto dal dovere extracontrattuale del “neminem laedere”, trovando tale impegno solidaristico il suo limite precipuo unicamente nell’interesse proprio del soggetto, tenuto, pertanto, al compimento di tutti gli atti giuridici e/o materiali che si rendano necessari alla salvaguardia dell’interesse della controparte, nella misura in cui essi non comportino un apprezzabile sacrificio a suo carico
Questi i principi ripresi dalla Corte di Cassazione, sez. III civ., Pres. Vivaldi – Rel. Sestini, con l’ordinanza n. 32478 del 12.12.2019.
Una società aveva appaltato lavori di ristrutturazione e ampliamento di un immobile di sua proprietà ad una società appaltatrice, la cui corretta esecuzione era garantita da polizza fideiussoria stipulata da quest’ultima con una compagnia assicurativa. All’esito dei lavori, non eseguiti correttamente, il tentativo di escussione del fideiussore per il risarcimento dei danni riscontrati veniva respinto dalla società garante, in quanto la compagnia aveva opposto la colpevolezza della committente per aver saldato il prezzo dell’ultimo S.A.L. pur avendo riscontrato vizi non più eliminati dall’appaltatrice.
Per tali ragioni la committente aveva agito in giudizio e ottenuto il riconoscimento del proprio diritto sia in primo che in secondo grado. Ha così proposto in Cassazione la compagnia assicurativa, lamentando che il pagamento dell’ultimo stato avanzamento lavori era stato effettuato pur in presenza di vizi, con ciò risultando violate le previsioni contrattuali dell’appalto e che la committente aveva riversato il rischio patrimoniale del suo operato direttamente sulla garante, il cui legittimo affidamento rispetto all’osservanza delle prescrizioni contrattuali e dei canoni di buonafede e correttezza era stato inevitabilmente leso.
La Suprema Corte ha precisato che la piena operatività delle clausole generali della correttezza e della buona fede non possa che comportare la necessità di negare tutela alla parte che tali clausole abbia violato e pretenda di riversare sulla controparte un pregiudizio che avrebbe potuto facilmente evitare.
Richiamando diversi arresti di legittimità, come Cass. n. 10182/2009 e Cass. n. 22819/2010, la Cassazione ha affermato, con riferimento alla vicenda sottoposta al suo esame, che gli obblighi di correttezza e di buona fede che permeano la vita del contratto impongono alla parte garantita di salvaguardare la posizione del proprio fideiussore, con la conseguenza che la loro violazione non consente l’esercizio di pretese nei confronti del garante, nella misura in cui la sua posizione sia stata aggravata dal garantito.
Pertanto la Suprema Corte ha accolto il ricorso e cassato la pronuncia, con rinvio alla Corte d’Appello di Roma.
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