L’esame della doglianza di invalidità della fideiussione omnibus, formulata sul presupposto della conformità allo schema contrattuale proposto dall’ABI e, quindi, della supposta nullità per violazione della disciplina anticoncorrenziale (come da precedente della Suprema Corte, Sez I, Ordinanza n. 29810 del 12/12/2017) è riservato alla competenza funzionale e inderogabile, del Tribunale Sezione Specializzata Imprese, così come previsto dall’art. 33 L. 287/1990 come modificato dall’art. 2, co.2, DL 1/2012 (conv. con mod. in L. 27/2012) e pertanto è precluso al Tribunale in composizione ordinaria che si trovi investito dell’opposizione a decreto ingiuntivo promossa dal garante, se non in via di eccezione riconvenzionale.
Non è comunque sufficiente ai fini della pronuncia di invalidità il mero riscontro della conformità allo schema di contratto predisposto dall’ABI, incluse le clausole oggetto del provvedimento n. 55 del 2 maggio 2005 della Banca d’Italia.
Peraltro, la Suprema Corte non si è ancora espressa sulla natura e portata della nullità derivata (nullità totale o nullità parziale) del contratto a valle, essendosi limitata a chiarire il profilo della prova, evidenziando che il provvedimento della Banca d’Italia di accertamento dell’infrazione, adottato prima delle modifiche apportate dall’art. 19, comma 11, della l. n. 262 del 2005, possiede, al pari di quelli emessi dall’Autorità Garante della concorrenza e del mercato, un’elevata attitudine a provare la condotta anticoncorrenziale, indipendentemente dalle misure sanzionatorie che siano in esso pronunciate (cfr. Cass. Civ., Sez. I, Sentenza n. 13846 del 22/05/2019).
Non può comunque condividersi l’impostazione per la quale dalla motivazione della ordinanza n. 29810 del 12/12/2017 discenderebbe la nullità in toto del contratto di fideiussione.
In primis, occorre tenere distinti gli accordi a monte (cioè le intese illecite per violazione della normativa antitrust e sanzionate dalla nullità) dai contratti stipulati a valle, in relazione ai quali può essere esercitata l’azione risarcitoria, pertanto l’ordinanza n. 29810 del 12/12/2017, che si è limitata a chiarire che spetta il risarcimento per tutti i contratti che costituiscano applicazione di intese illecite, anche se conclusi in epoca anteriore all’accertamento della loro illiceità da parte dell’autorità indipendente preposta alla regolazione di quel mercato.
Inoltre, l’eccezione di nullità “antitrust” non è idonea a determinare la liberazione del garante, dal momento che il rimedio della nullità totale del contratto di fideiussione omnibus non appare applicabile quale effetto derivato dalla nullità dell’intesa anticoncorrenziale, sanzionata dalla Banca d’Italia solo in relazione all’adozione generalizzata di determinate clausole.
Risulta, invece, corretta l’applicazione del rimedio della nullità parziale, espressione del principio di conservazione degli effetti del contratto nullo, posto che ai sensi dell’art. 1419 c.c., la nullità di singole clausole importa la nullità dell’intero contratto solo se risulta che i contraenti non lo avrebbero concluso senza quella parte del suo contenuto che è colpita dalla nullità e, sul punto, grava sul fideiussore l’onere di dimostrare che le parti non avrebbero concluso il contratto di fideiussione se privo delle clausole indicate come nulle.
Questi i principi espressi dal Tribunale di Ferrara, Giudice Marianna Cocca, con la sentenza n. 197 del 29 aprile 2020.
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