Testo massima
La
contestazione della validità della clausola che fonda l’esistenza
dell’obbligazione di garanzia, in quanto si traduce nella contestazione
dell’esistenza dell’interesse ad agire, si traduce non in una eccezione in
senso stretto (indipendentemente dal fatto che la nullità possa essere rilevata
di ufficio dal giudice), ma in una contestazione del fondamento della domanda,
che può essere dedotta come mera difesa.
Ogni
fideiussione deve indicare a pena di nullità l’importo massimo garantito, anche
ove si tratti di fideiussioni stipulate in epoca precedente alla novella
dell’art. 1938 c.c.
Non possono
costituire criteri di quantificazione dell’importo garantito il fatto che nel
contratto di locazione sia previsto che si sarebbe dovuto procedere al cambio
di destinazione d’uso e al ripristino della destinazione d’uso industriale, il
che avrebbe comportato anche il richiamo a “precisi adempimenti, nel rispetto
di chiare normative, criteri ed attività (edilizie, di sicurezza, di
impiantistica ecc.) e mercuriali”. Una tale indicazione può determinare i
contorni di una obbligazione di facere gravante sul conduttore, ma non può
determinare né contenere i criteri per determinare la conseguente obbligazione
pecuniaria necessaria per dare esecuzione a detta obbligazione.
Questi i principi affermati dal Tribunale di Milano,
dott. Fabrizio D’Aquino con la sentenza del 18 marzo 2015.
Nel caso di specie, l’attore si affermava creditore di
una società amministrata dalla convenuta, la quale ne era anche socia
unitamente all’altro convenuto, suo coniuge) per canoni di locazione impagati e
altre obbligazioni inadempiute in virtù di un contratto di locazione. Si
affermava, inoltre, creditore anche della garante in virtù di fideiussione
prestata contestualmente ex art. 21 del suddetto contratto di locazione da
parte della suddetta convenuta nei confronti del locatore.
Tanto in
virtù di una clausola di “garanzia” stipulata all’art. 21 del contratto di
locazione, secondo la quale “ad ulteriore
garanzia dell’adempimento delle obbligazioni assunte dal conduttore, il
presente contratto viene firmato quali garanti, a titolo personale, dalle
Sig.re OMISSIS (
) e OMISSIS“. Di tale clausola parte convenuta ne predicava
la nullità per mancata indicazione dell’importo massimo garantito ex art. 1938
c.c.
Parte attrice
deduceva che detta difesa assurgesse al rango processuale di eccezione in senso
stretto, se non di domanda riconvenzionale, rispetto alla quale (che la si
qualifichi come eccezione in senso stretto, eccezione riconvenzionale o domanda
riconvenzionale) parte convenuta sarebbe decaduta, non essendosi costituita nel
rispetto del termine di cui all’art. 166 c.p.c.
Chiedeva, pertanto, la declaratoria di inefficacia di
un fondo patrimoniale costituito dai convenuti in frode alle ragioni creditorie
atteso che nello stesso sono confluiti tutti i beni immobili dei convenuti.
Il Giudice, in primis, ha evidenziato come nel caso
di specie non si trattasse di “eccezione
in senso stretto (o domanda riconvenzionale), ma di mera difesa, nella
quale i convenuti segnalano all’ufficio la circostanza in diritto che la
clausola che fonda il diritto di credito di parte attrice nei confronti della
convenuta è invalida, in quanto contraria a norme imperative e, in particolare,
al disposto dell’art. 1938 c.c.“.
Infatti, il
Tribunale ha ritenuto che l’attore non avesse dimostrato la propria qualità di
creditore e, pertanto, sussisteva la carenza di interesse ad agire circa la
proponibilità dell’azione revocatoria.
In tale
ottica, la contestazione del debitore circa la nullità della clausola di
“garanzia” si è tradotta nella contestazione dell’esistenza dell’interesse ad
agire traducendosi in una contestazione del fondamento della domanda che, come
tale, può essere dedotta come mera difesa.
Invero, costituisce
principio pacifico (indicato espressamente nell’art. 1938 c.c. come modificato
dall’art. 10 l. 154/92) che ogni fideiussione debba indicare a pena di
nullità l’importo massimo garantito, anche ove si tratti di fideiussioni
stipulate in epoca precedente alla novella dell’art. 1938 c.c. (Cass., Sez.
I, 9 febbraio 2007, n. 2871). Detto principio è ritenuto dalla giurisprudenza
principio di ordine pubblico, operante anche per le fideiussioni rilasciate a
favore di soggetti diversi dalle banche o dalle società finanziarie (Cass.,
Sez. III, 14 marzo 2014, n. 5951) e financo come deduceva parte convenuta-
per le garanzie personali atipiche (Cass., Sez. III, 26 gennaio 2010, n. 1520).
Ebbene, la
nullità della clausola n. 21 del contratto in oggetto è stata ritenuta evidente
dal Giudice anche alla luce delle deduzioni della stessa parte attrice (ancorché
tale garanzia si intendesse come garanzia atipica), non tanto e non solo in
quanto non individuava con precisione le obbligazioni alle quali la convenuta si
sarebbe obbligata, ma soprattutto in quanto non conteneva alcuna
predeterminazione dell’importo massimo garantito.
Infatti, nel
caso di specie, l’attore indicava dei criteri quantificazione in memoria di
replica (e, dunque, anche tardivamente), quali il fatto che nel contratto era
previsto che si sarebbe dovuto procedere al cambio di destinazione d’uso e al
ripristino della destinazione d’uso industriale, il che avrebbe comportato
anche il richiamo a “precisi adempimenti,
nel rispetto di chiare normative, criteri ed attività (edilizie, di sicurezza,
di impiantistica ecc.) e mercuriali“.
Una tale
indicazione può determinare i contorni di una obbligazione di facere gravante sul conduttore, ma non
può determinare né contenere i criteri per determinare la conseguente
obbligazione pecuniaria necessaria per dare esecuzione a detta obbligazione
atteso che una obbligazione di facere
non può essere tradotta in una corrispondente obbligazione pecuniaria
succedanea (analogamente a quanto avviene per il risarcimento in forma
specifica ex art. 2058 c.c.) se non previa determinazione giudiziale in sede
contenziosa, non anche previo esperimento di un giudizio di esecuzione
degli obblighi di facere ex art. 612
c.p.c.
Testo del provvedimento
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