In materia di fideiussioni conformi allo schema ABI, non può ipotizzarsi il ricorrere di una peculiare ipotesi di invalidità derivata che si possa propagare dall’infrazione anticoncorrenziale ai contratti a valle che ne costituirebbero la concreta attuazione secondo la regola del simul stabunt simul cadent, essendo in ogni caso necessario accertare preliminarmente l’esistenza di un nesso di indissolubile dipendenza con l’intesa a monte, legame questo che può senz’altro escludersi sul semplice ed immediato rilievo che le intese censurate non risultano in alcun modo collegate ai singoli contratti con la clientela né per legge né per volontà delle parti e non rappresentano un presupposto di esistenza, validità od efficacia dei medesimi.
In merito alla distinzione tra contratti autonomi di garanzia e fideiussioni, con il contratto autonomo di garanzia una parte si obbliga, a titolo di garanzia, ad eseguire immediatamente (“a prima richiesta”) la prestazione del debitore, indipendentemente dall’esistenza, dalla validità o efficacia del rapporto di base, e senza potere sollevare eccezioni, salva la possibilità di opporre la sola exceptio doli.Ciò che contraddistingue il contratto autonomo di garanzia dalla fideiussione è la mancanza, nel primo, dell’elemento dell’accessorietà rispetto al rapporto principale; questo a differenza della fideiussione, che è invece sempre rapporto accessorio rispetto all’obbligazione principale, ed allo stesso inscindibilmente legato. Pertanto, mentre il fideiussore è debitore allo stesso modo e ampiezza del debitore principale e si obbliga direttamente ad adempiere, il garante a prima richiesta si obbliga a tenere indenne il creditore dalla mancata prestazione del garantito, per qualsiasi ragione ciò avvenga.
In materia di giro conto delle competenze dal conto anticipi a quello ordinario ed alla relativa capitalizzazione, il conto anticipi è accessorio rispetto al conto corrente ordinario: le rimesse annotate sui conti anticipi non hanno natura solutoria, costituendo tali conti una mera evidenza contabile dei finanziamenti per anticipazioni su crediti concessi dalla banca al cliente, ove vengono annotati in “dare” le anticipazioni erogate al correntista ed in “avere” l’esito positivo della riscossione del credito, sottostante agli effetti commerciali presentati dal cliente; il rapporto tra la banca e il cliente viene rappresentato, invece, esclusivamente dal saldo del conto corrente ordinario, ove affluiscono tutte le somme portate dai titoli, dalle ricevute bancarie e dalle fatture presentate per l’incasso (cfr. Cass. Civ., sez. I, 16/03/2018, n. 6575).
Tale funzionamento comporta un collegamento negoziale tra il conto anticipi e il conto corrente di corrispondenza, al punto che può ritenersi che unica sia l’operazione economica di finanziamento e unico sia il rapporto creditizio in essere.
Cosicché, non si ravvisa alcuna forma di anatocismo in ragione ex se dell’operatività del predetto collegamento.
Questi sono i principi espressi dal Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto, Giudice Anna Smedile, con la sentenza n. 1036 del 18 ottobre 2021.
Nella fattispecie in esame è accaduto che una società correntista chiamava in giudizio la Banca, lamentando sui conti correnti una serie di invalidità attinenti la violazione dell’anatocismo, il superamento del tasso soglia, la non pattuizione degli interessi convenzionali, la non validità delle fidejussioni e sosteneva che nel corso del rapporto la Banca aveva praticato l’anatocismo e l’anatocismo nascosto in quanto i conti di corrispondenza ricevevano le competenze dei conti anticipi, capitalizzando periodicamente interessi passivi, c.s.m. ed altri costi, nonché commissioni di massimo scoperto, interessi ultralegali, spese e valute bancarie.
In merito alla contestata nullità delle fideiussioni perché costituite da un modello corrispondente allo schema contrattuale proposto dall’ABI in violazione della disciplina anticoncorrenziale, il Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto ha precisato che la sanzione di nullità prevista dall’art. 33 legge 10 ottobre 1990 n. 287 riguarda esclusivamente le intese tra imprese restrittive della libertà di concorrenza, così come individuate dall’art. 2 della stessa legge e non si estende ai contratti che, sulla base di tali intese, le imprese che ne sono parti abbiano concluso con i terzi.
Non può ipotizzarsi, inoltre, il ricorrere di una peculiare ipotesi di invalidità derivata che si possa propagare dall’infrazione anticoncorrenziale ai contratti a valle che ne costituirebbero la concreta attuazione secondo la regola del simul stabunt simul cadent, essendo in ogni caso necessario accertare preliminarmente l’esistenza di un nesso di indissolubile dipendenza con l’intesa a monte, legame questo che può senz’altro escludersi sul semplice ed immediato rilievo che le intese censurate non risultano in alcun modo collegate ai singoli contratti con la clientela né per legge né per volontà delle parti e non rappresentano un presupposto di esistenza, validità od efficacia dei medesimi.
A ciò si aggiunga che, benché non vi possa esser dubbio che le norme poste a presidio della concorrenza e del mercato costituiscono norme imperative e inderogabili in quanto poste a tutela di interessi pubblicistici e trascendenti, la loro violazione non può costituire il presupposto per la declaratoria della nullità virtuale ex art. 1418, comma 1, c.c. del singolo contratto a valle, perché non ogni violazione di norme imperative comporta l’invalidità negoziale, ma soltanto di quelle che investono direttamente la causa o l’oggetto del contratto. Nella fattispecie in questione, tale diretta incidenza della proibizione contenuta nella norma sul contratto a valle non si ravvisa, perché la normativa antitrust non vieta in maniera diretta il contenuto degli atti negoziali, bensì il comportamento anticompetitivo degli aderenti all’intesa che si pone a monte e prescinde totalmente dai rapporti con la clientela.
Viene quindi in rilievo la nota distinzione tra violazione di norme sull’atto, di norma invalidanti, e violazione di norme sul comportamento, le quali invece possono al più dar luogo all’insorgenza di una obbligazione risarcitoria, ma non compromettono la validità e l’efficacia dei contratti non direttamente incisi dalla norma proibitiva.
Nel caso di specie, alcun onere di allegazione e prova veniva assolto dagli istanti e le fideiussioni devono, pertanto, ritenersi validamente pattuite.
Il rigetto delle domande svolte in ordine ai rapporti oggetto di garanzia, d’altronde, rende assorbito il vaglio in ordine all’opponibilità delle eccezioni di cui all’art. 1945 c.c.
In ogni caso, emerge dai contratti di garanzia in atti che i sottoscrittori si impegnavano a pagare immediatamente e a semplice richiesta scritta quanto dovuto e rinunciavano ad opporre le eccezioni spettanti al debitore principale, con clausole approvate specificamente per iscritto dai garanti.
L’obbligo di effettuare il pagamento “a semplice richiesta” senza opporre eccezioni e l’espressa rinuncia ad opporre le eccezioni previste dalle disposizioni specificatamente indicate riconducono la polizza in questione all”interno dello schema del contratto autonomo di garanzia.
Come è noto, con il contratto autonomo di garanzia una parte si obbliga, a titolo di garanzia, ad eseguire immediatamente (“a prima richiesta”) la prestazione del debitore, indipendentemente dall’esistenza, dalla validità o efficacia del rapporto di base, e senza potere sollevare eccezioni, salva la possibilità di opporre la sola exceptio doli, nella specie neppure allegata.
Ciò che contraddistingue il contratto autonomo di garanzia dalla fideiussione è la mancanza, nel primo, dell’elemento dell’accessorietà rispetto al rapporto principale; questo a differenza della fideiussione, che è invece sempre rapporto accessorio rispetto all’obbligazione principale, ed allo stesso inscindibilmente legato. Pertanto, mentre il fideiussore è debitore allo stesso modo e ampiezza del debitore principale e si obbliga direttamente ad adempiere, il garante a prima richiesta si obbliga a tenere indenne il creditore dalla mancata prestazione del garantito, per qualsiasi ragione ciò avvenga.
Come affermato dalle Sezioni Unite, “L’inserimento in un contratto di fideiussione di una clausola di pagamento “a prima richiesta e senza eccezioni” vale di per sé a qualificare il negozio come contratto autonomo di garanzia (cd. Garantievertrag), in quanto incompatibile con il principio di accessorietà che caratterizza il contratto di fideiussione, salvo quando vi sia un’evidente discrasia rispetto all’intero contenuto della convenzione negoziale. (…) La caratteristica fondamentale che distingue il contratto autonomo di garanzia dalla fideiussione è l’assenza dell’elemento dell’accessorietà della garanzia, insito nel fatto che viene esclusa la facoltà del garante di opporre al creditore le eccezioni che spettano al debitore principale, in deroga alla regola essenziale della fideiussione, posta dall’art. 1945 c.c.” (Cass. Civ., SS.UU., 18/02/2010, n. 3947).
Ancora recentemente è stato ribadito dalla Suprema Corte, come l’inserimento nell’impegno di una clausola di pagamento “a prima richiesta” e “senza eccezioni” valga di per sé a qualificare il negozio come contratto autonomo di garanzia, sempre che non si preveda comunque una possibilità residua per il garante di proporre eccezioni. La clausola deve ritenersi incompatibile con il principio di accessorietà che caratterizza il contratto di fideiussione, salvo quando vi sia un’evidente discrasia rispetto all’intero contenuto della convenzione negoziale, non desumibile, peraltro, dalla semplice circostanza che il garante si sia costituito “fideiussore solidale”, atteso che la menzionata rinuncia alle eccezioni contrasta con l’assunzione di un impegno solidale. (cfr. Cass. Civ., ord. sez. VI, 03/12/2020, n. 27619).
L’assenza in capo al garantito della facoltà di opporre eccezioni esclude, infatti, l’elemento dell’accessorietà nel negozio e qualifica quest’ultimo quale contratto autonomo di garanzia, con rinunzia preventiva ad ogni e qualsiasi contestazione al credito vantato dalla parte creditrice (cfr. Cass. Civ., sez. I, 11/12/2019, n. 32402).
Dunque, è necessario e sufficiente, come nel caso di specie, che il contratto di garanzia (che sia chiamato “contratto autonomo di garanzia” o “fideiussione”, non rileva la titolazione) preveda espressamente, in deroga all’art. 1945 c.c., la facoltà per i garanti di opporre eccezioni al creditore.
Né sono rilevabili nelle previsioni contrattuali indici contrari a tale conclusione, in termini di residua facoltà per il garante di proporre eccezioni. Anzi, il complessivo regolamento contrattuale depone in senso contrario, ove solo si consideri l’art. 8 dei contratti in atti con il quale “Nell’ipotesi che le obbligazioni garantite siano dichiarate invalide, la fideiussione s’intende, sin da ora, estesa a garanzia dell’obbligo di restituzione delle somme comunque erogate dalla Banca a favore del debitore.”, a conferma dell’autonomia e non accessorietà dell’obbligazione di garanzia assunta.
Infine, il Tribunale, esaminando il punto del giro conto delle competenze dal conto anticipi a quello ordinario ed alla relativa capitalizzazione, ha specificato che il conto anticipi è accessorio rispetto al conto corrente ordinario: le rimesse annotate sui conti anticipi non hanno natura solutoria, costituendo tali conti una mera evidenza contabile dei finanziamenti per anticipazioni su crediti concessi dalla banca al cliente, ove vengono annotati in “dare” le anticipazioni erogate al correntista ed in “avere” l’esito positivo della riscossione del credito, sottostante agli effetti commerciali presentati dal cliente; il rapporto tra la banca e il cliente viene rappresentato, invece, esclusivamente dal saldo del conto corrente ordinario, ove affluiscono tutte le somme portate dai titoli, dalle ricevute bancarie e dalle fatture presentate per l’incasso (cfr. Cass. Civ., sez. I, 16/03/2018, n. 6575).
Il funzionamento delineato comporta un collegamento negoziale tra il conto anticipi e il conto corrente di corrispondenza, al punto che può ritenersi che unica sia l’operazione economica di finanziamento e unico sia il rapporto creditizio in essere.
Cosicché, non si ravvisa alcuna forma di anatocismo in ragione ex se dell’operatività del predetto collegamento ed è superata la prospettata inapplicabilità del principio di reciprocità al conto anticipi, le cui condizioni economiche erano peraltro pattuite tra le parti.
Consegue, per tutto quanto sopra osservato, che sono valide ed efficaci le obbligazioni di garanzia assunte in favore della Banca.
Per tali ragioni, il Giudice ha rigettato le domande attoree e ha condannato le parti attrice al pagamento delle spese di lite.
Per ulteriori approfondimenti in materia, si rinvia ai seguenti contributi pubblicati in Rivista:
IL GARANTE DEVE SPECIFICAMENTE ALLEGARE E PROVARE LA LESIONE DELLA PROPRIA LIBERTÀ CONTRATTUALE
Sentenza | Tribunale di Livorno, Giudice Nicoletta Marino | 01.04.2021 | n.249
IL SUPREMO COLLEGIO DOVRÀ PRONUNCIARSI SULL’AMMISSIBILITÀ DI UN’AZIONE DI NULLITÀ E DEFINIRNE LA NATURA
Ordinanza | Corte di Cassazione, sez. I civile, Pres. De Chiara – Rel. Mercolino | 30.04.2021 | n.11486
LA NULLITÀ È RELATIVA SOLO ALLE SINGOLE PATTUIZIONI E NON ALL’INTERO CONTRATTO
Sentenza | Tribunale di Reggio Emilia, Giudice Gianluigi Morlini | 04.03.2021 | n.268
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