ISSN 2385-1376
Testo massima
È inammissibile ex art.348-bis cpc l’impugnazione che non abbia una ragionevole probabilità di essere accolta.
A tal uopo, il generico richiamo alle contestazioni già svolte nell’atto introduttivo del giudizio di primo grado, nonché le generiche deduzioni dell’appellante, non valgono a superare detto “filtro di merito”.
Tanto può desumersi dall’esame dell’ordinanza del 06.02.2014 n.598, con cui la Corte d’Appello di Napoli, terza sezione civile, dando applicazione all’istituto del “filtro” in appello ex art.348-bis cpc ha dichiarato inammissibile l’impugnazione proposta da un fideiussore avverso la sentenza di condanna, in solido con la debitrice principale, al pagamento di un’ingente somma nei confronti della Banca creditrice.
La disposizione in parola, inserita nel codice di rito dall’art. 54, D.L. 22.06.2012, n. 83, come modificato dall’allegato alla legge di conversione, L. 07.08.2012, n. 134, con decorrenza dal 12.08.2012, così testualmente – recita:
«Fuori dei casi in cui deve essere dichiarata con sentenza l’inammissibilità o l’improcedibilità dell’appello, l’impugnazione è dichiarata inammissibile dal giudice competente quando non ha una ragionevole probabilità di essere accolta. Il primo comma non si applica quando: a) l’appello è proposto relativamente a una delle cause di cui all’articolo 70, primo comma; b) l’appello è proposto a norma dell’articolo 702 quater».
In sostanza, trattasi di un vero e proprio “filtro di merito” all’impugnazione, atteso che il Collegio deve valutare, secondo un giudizio prognostico, la ragionevole probabilità di accoglimento dell’appello.
Restando fuori dal campo della presente analisi cosa possa intendersi per “ragionevole probabilità di accoglimento” e quali siano i criteri ai quali il Giudice del gravame debba attenersi per valutarne i presupposti, si può certamente affermare che l’art.348 bis postula un vaglio subordinato ed ulteriore rispetto alla preliminare valutazione di procedibilità ed ammissibilità prescritta dall’art.342 cpc (anch’esso novellato dal D.L. 22.06.2012, n. 83 e costituente il primo dei “filtri” cui l’impugnazione va sottoposta).
Dell’istituto in questione questa rivista si è già ampiamente occupata in sede di commento dell’Ordinanza della Corte di Appello di Napoli del 19-02-2013 http://www.expartecreditoris.it/provvedimenti/filtro-in-appello-prima-pronunzia-di-inammissibilita.html e la pronuncia qui in esame ne costituisce un esempio ben argomentato di applicazione.
Tornando al caso qui in esame, la vicenda trae origine dalla domanda con cui una banca, nel giudizio incardinato da una società debitrice, aveva chiamato in causa in via riconvenzionale il fideiussore, chiedendone la condanna, in solido con l’attrice, al pagamento della somma da quest’ultima dovuta.
A seguito del fallimento della società debitrice, il garante veniva condannato nel giudizio riassunto dall’Istituto di credito nei suoi soli confronti.
Avverso la sentenza di condanna, il fideiussore proponeva gravame, deducendo che il Giudice di primo grado non aveva valutato le contestazioni sollevate relativamente alle modalità di tenuta del conto ed alla validità delle relative clausole (contestazioni, peraltro, effettuate attraverso il richiamo di quelle svolte dalla società attrice nell’atto introduttivo del giudizio di primo grado), nonché ribadendo l’invalidità della fideiussione perché prestata in stato di bisogno, dal momento che la Banca aveva subordinato la normale operatività del conto corrente della società al rilascio della fideiussione, ripetendo ancora che la medesima aveva operato in violazione dei canoni di buona fede e correttezza per aver operato il recesso ad nutum dell’apertura del credito.
La Corte napoletana, con motivazione chiara e succinta, ha sancito l’inammissibilità dell’impugnazione, non avendo la stessa una “ragionevole probabilità di essere accolta”, precisando quanto al merito che il dedotto stato di bisogno può avere rilievo ex art.1448 cc quando riguardi il contraente danneggiato rispetto alla PROPRIA sfera giuridica, e non già quella di un terzo (in tal caso il fideiussore), e che comunque risultava del tutto normale che una Banca pretendesse delle garanzie per l’erogazione del credito, senza che ciò equivalesse ad approfittamento e, soprattutto, senza che ciò implicasse sproporzione tra prestazioni.
Anche le ulteriori argomentazioni dell’appellante sono risultate destituite di fondamento, atteso che la lamentata violazione delle regole di correttezza e buona fede relativamente al recesso della Banca dalle anticipazioni è apparsa irrilevante, stante l’intervenuto fallimento della debitrice e che, ancora, le modalità di tenuta del conto corrente sono apparse rispettose del principio di identica periodicità attiva e passiva di capitalizzazione degli interessi, così come statuito dall’art.120 TUB, nella formulazione ex art.25 d.lgs. 342/99.
All’inammissibilità dell’appello ex art.348-bis è seguita, quale ulteriore conseguenza pregiudizievole per l’appellante, la condanna al versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quanto dovuto per la stessa impugnazione a norma dell’art.13 comma 1 quater del d.P.R. 30 maggio 2002, n.115, introdotto dalla l. 24 dicembre 2012, n.228.
Testo del provvedimento
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