Il fondo patrimoniale è un vincolo di destinazione posto nell’interesse del nucleo familiare su un complesso di beni determinati destinati in questo modo unicamente al soddisfacimento dei diritti di mantenimento, assistenza e contribuzione derivanti dalla famiglia stessa. La proprietà dei beni che costituiscono il fondo, salvo diversa statuizione, spetta ad entrambi i coniugi.
Per l’effetto di tale vincolo, i beni in esso conferiti non possono essere alienati, ipotecati, dati in pegno o comunque vincolati se non con il consenso di entrambi i coniugi e, se vi sono figli minori, con l’autorizzazione concessa dal giudice, con provvedimento emesso in camera di consiglio, nei soli casi di necessità o di utilità evidente, né possono essere oggetto di azioni esecutive per debiti che il creditore conosceva essere stati contratti per scopi estranei ai bisogni della famiglia.
Tramite la costituzione di un fondo patrimoniale si verifica, dunque, una deroga al principio generale della responsabilità patrimoniale previsto dall’art. 2740 cc, atteso che i beni conferiti in fondo possono essere aggrediti solo in virtù dei crediti sorti per il soddisfacimento dei bisogni della famiglia.
Conformemente al disposto dell’art. 170 c.c., è onere di colui che vuol far valere l’impignorabilità dimostrare, sia che i debiti per cui si procede in esecuzione erano stati contratti per scopi estranei ai bisogni della famiglia, sia che i creditori procedenti erano a conoscenza di tali circostanze.
Nella pratica, ciò si traduce nella circostanza che la costituzione del fondo non impedisce – di per sé – lo svolgimento dell’azione esecutiva, ma la interessata, i coniugi ovvero i figli, può far valere l’impignorabilità mediante opposizione all’esecuzione.
Nel corso dell’opposizione, comunque, è l’impignorabilità dei beni in fondo non si intende in re ipsa, essendo necessario fornire la prova concreta della opponibilità del fondo ai terzi e, dunque, l’annotazione a margine del certificato di matrimonio e la trascrizione presso i registri immobiliari, nonché – anche a mezzo presunzioni semplici – dell’estraneità delle obbligazioni contratte ai bisogni della famiglia e della consapevolezza di siffatta estraneità in capo ai creditori (Cass. n. 2970 del 07/02/2013).
Dottrina e giurisprudenza concordano nel ritenere che nei “bisogni della famiglia” rientrino, non solo le obbligazioni assunte per il sostentamento dei coniugi e dei figli, ma anche quelle collegate alle esigenze volte al pieno soddisfacimento ed all’armonico sviluppo della famiglia, nonché al potenziamento delle capacità lavorative, con esclusione solo delle esigenze di natura voluttuaria o caratterizzate da interessi meramente speculativi.
Tali bisogni riguardano solo quelli alimentari oppure tutti quelli volti ad assicurare un determinato tenore di vita?
La querelle è stata definitivamente risolta dalla Corte di Cassazione, con la sentenza n. 4011 del 19/2/2013 (confermata anche di recente dalla pronuncia n. 23054/2016), la quale ha sancito che nei “bisogni della famiglia” sono da ricomprendersi anche “i bisogni ritenuti tali dai coniugi in ragione dell’indirizzo della vita familiare e del tenore prescelto, in conseguenza delle possibilità economiche familiari”.
In sintesi, dunque, la circostanza che un immobile sia conferito in fondo patrimoniale non vale di per sè a sospende la procedura esecutiva, essendo necessario che la parte interessata dimostri l’esistenza dei presupposti di applicabilità del divieto di proporre azioni esecutive, non limitandosi semplicemente ad eccepire l’esistenza del fondo patrimoniale, ma allegando le fonti e le ragioni dei diversi rapporti obbligatori intrattenuti con i creditori intervenuti nel processo esecutivo.
FOCUS
La verifica dell’esistenza sull’immobile pignorato del vincolo dato dalla costituzione di un fondo patrimoniale è riscontrabile dall’esame della perizia tecnica d’ufficio a disposizione degli interessati all’acquisto.
Tale vincolo non è opponibile alla procedura, con la conseguenza che l’immobile viene trasferito libero da formalità pregiudizievoli, salva l’eventualità di opposizione all’esecuzione proposta dal debitore, dal coniuge ovvero dai figli, volta a dimostrare che il debito per cui si procede è stato contratto per bisogni estranei alla famiglia.
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