ISSN 2385-1376
Testo massima
La costituzione del fondo patrimoniale è opponibile ai terzi solo in quanto sia stata annotata a margine dell’atto di matrimonio, in quanto la trascrizione imposta per gli immobili dall’art. 2647 c.c. risponde ad una funzione di pubblicità-notizia e non sopperisce al difetto di annotazione nei registri dello stato civile, che non ammette deroghe o equipollenti, restando irrilevante la conoscenza che i terzi abbiano acquisito altrimenti del vincolo di indisponibilità.
Testo del provvedimento
Il Tribunale di Nocera Inferiore, con sentenza del 24 gennaio 2001 respingeva la domanda con cui i coniugi OMISSIS avevano chiesto che fosse dichiarata inefficace l’iscrizione ipotecaria accesa dalla OMISSIS su alcuni beni di loro proprietà costituiti in fondo patrimoniale con atto 20 aprile 1990 del Notaio Calabrese da Pagano, e ne fosse ordinata la cancellazione al Conservatore dei R.I., poiché la costituzione non risultava annotata a margine dell’atto di matrimonio. Dichiarava inammissibile la chiamata in giudizio del comune di OMISSIS perché tardiva.
L’impugnazione OMISSIS è stata (per quanto qui interessa) rigettata dalla Corte di appello di Salerno, con sentenza del 6 febbraio 2003, in quanto: a) essendo stata la convenzione – trascritta presso la Conservatoria dei R.I. il 26 aprile 1990 ai n. 9746/12131 – annotata a margine dell’atto di matrimonio soltanto in data 3 maggio 1996, la stessa non era opponibile per il disposto dell’art. 162 cod. civ., all’istituto di credito che aveva eseguito l’iscrizione in data 12 dicembre 1995; b) la banca aveva diritto di avvalersi di un rimedio rafforzativo della sua posizione creditoria (avendo ottenuto un decreto ingiuntivo nei confronti dei coniugi), per cui l’iscrizione avvenuta quando il rapporto contrattuale con il F. era per di più risolto, non poteva ritenersi in contrasto con i principi di buona fede di cui agli artt. 1175 e 1375 cod. civ.; c) il comune non era responsabile della tradiva annotazione poiché in base al R.D. n. 1238 del 1939, art. 1, i registri dello Stato civile erano tenuti dal Sindaco n.q. di Ufficiale di Governo; per cui i comportamenti di costui nell’esercizio della relativa funzione erano imputabili allo Stato.
Per la cassazione della sentenza OMISSIS hanno proposto ricorso per 4 motivi cui resiste la OMISSIS con controricorso
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo del ricorso, i coniugi OMISSIS deducendo violazione degli artt. 167 e 162 cod. civ., censurano la sentenza impugnata per aver applicato alla costituzione del fondo patrimoniale la disciplina delle convenzioni matrimoniali senza considerare che nel caso il fondo era stato costituito dalla sola moglie sui propri beni, che i coniugi sin dall’anno (OMISSIS) avevano optato per il regime della separazione e che dunque la presenza del marito nella convenzione era richiesta esclusivamente per la sola accettazione: senza perciò modificare la natura di atto unilaterale della costituzione suddetta, estranea al regime di dette disposizioni codicistiche.
La censura, con la quale i ricorrenti tendono ad escludere che nel caso concreto l’atto costitutivo del fondo per le modalità con cui venne stipulato rientri nell’ambito delle “convenzioni matrimoniali”, è inammissibile.
Si legge nella sentenza impugnata che i coniugi nell’atto introduttivo del giudizio dedussero di avere costituito un fondo patrimoniale su alcuni beni di proprietà della S. con atto del 24 aprile 1990 del Notaio Calabrese da Pagano, sul quale la OMISSIS aveva iscritto illegittimamente nell’anno 1995 ipoteca; e con il secondo motivo dell’atto di appello hanno riproposto l’assunto ribadendo l’illegittimità dell’iscrizione ancorché il vincolo derivante dalla costituzione suddetta non era stato annotato a margine dell’atto di matrimonio, perché regolarmente trascitto ai sensi dell’art. 2647 cod. civ., fin dall’anno (OMISSIS) presso la conservatoria immobiliare. Per cui la sentenza impugnata non ha esaminato la questione della costituzione del fondo patrimoniale da parte di uno solo o di entrambi i coniugi neppure prospettata da essi nei due gradi del giudizio di merito. E la proposizione di essa per la prima volta nel giudizio di legittimità resta preclusa in quanto la stessa modificando la precedente impostazione difensiva, pone a fondamento delle domande e delle eccezioni titoli diversi da quelli fatti valere nel giudizio di merito; è prospetta, comunque, questioni fondate su elementi di fatto nuovi e diversi da quelli dedotti nelle precedenti fasi processuali: peraltro involgenti comunque accertamenti di fatto non compiuti dal giudice del merito perché non richiestone.
Con il secondo motivo, i ricorrenti, deducendo violazione degli artt. 162, 167, 1175 e 1375 c.c., nonché artt. 2647 e 2685 cod. civ., censurano la sentenza impugnata per avere erroneamente valutato il dovere della controparte di comportarsi nella esecuzione del contratto secondo buona fede, ormai inteso come un parametro per governare la discrezionalità delle parti nell’esecuzione del contratto: invece non osservato dall’Istituto di credito, che pur conoscendo la finalizzazione del patrimonio alla realizzazione degli interessi della famiglia, aveva fatto egualmente gravare sui beni immobili la prescelta iscrizione ipotecaria; i cui effetti negativi si ripercuotono peraltro ben al di fuori del rapporto processuale (deprezzamento del valore dei beni, istituzione di vincoli di indisponibilità ecc.). Ricordano altresì la funzione propria della trascrizione che è quella di rendere opponibili gli atti trascritti nei confronti dei terzi, a differenza di quella dell’annotazione ex art. 162 cod. civ., a margine dell’atto di matrimonio, che resta quella di subordinare l’efficacia esterna delle convenzioni matrimoniali, inidonee a paralizzare le pretese avanzate dai terzi di carattere patrimoniale e fondate sul regime della comunione tra i coniugi. Rilevano infine come secondo numerosi studiosi, l’annotazione ha ad oggetto il regime patrimoniale diverso da quello “legale”, nonché la funzione di rendere conoscibile sussistenza e contenuto del fondo patrimoniale, – mentre la trascrizione è necessaria onde rendere opponibile ai terzi l’atto costitutivo del fondo patrimoniale avente per oggetto beni immobili, nonché la funzione generale attribuitale dall’art. 2647 cod. civ.
Con il terzo motivo, deducendo violazione dell’art. 170 cod. civ., si dolgono che la Corte di appello non abbia considerato che il credito per cui aveva iscritto ipoteca era successivo alla costituzione del fondo avvenuta con atto del 20 aprile 1990, trascritto il 26 aprile 1990; e che la Banca conosceva che le obbligazioni del OMISSIS non erano state contratte nell’interesse della famiglia, come si ricavava dalla stessa tipologia e numerazione del conto riguardante attività di quest’ultimo.
Entrambi i motivi sono infondati.
La Corte di merito ha deciso la fattispecie sulla base dei principi ripetutamente affermati da questa Corte che: a) la costituzione del fondo patrimoniale prevista dall’art. 167 c.c., e comportante un limite alla disponibilità di determinati beni con vincolo di destinazione per fronteggiare i bisogni familiari, va compresa fra le convenzioni matrimoniali; b) essa, pertanto, è soggetta alle disposizioni dell’art. 162 c.c., circa le forme delle convenzioni medesime, ivi incluso il comma 3, che ne condiziona l’opponibilità ai terzi, all’annotazione del relativo contratto a margine dell’atto di matrimonio, mentre la trascrizione del vincolo stesso, per gli immobili, di cui all’art. 2647 c.c., resta degradata a mera “pubblicità-notizia”, inidonea ad assicurare detta opponibilità (Cass. 27 novembre 1987 n. 8824; 1 ottobre 1999 n. 10859 n. 10859; 19 novembre 1999 n. 12864; 28 novembre 2002 n. 16864; 15 marzo 2006 n. 5684); e) discende da tali premesse che, in mancanza di annotazione del fondo patrimoniale a margine dell’atto di matrimonio, il fondo medesimo non è opponibile ai creditori che abbiano iscritto ipoteca sui beni del fondo, irrilevante essendo la trascrizione del fondo nei registri della conservatoria dei beni immobili.
I ricorrenti per converso ripropongono le opposte considerazioni prospettate da parte della dottrina secondo cui, invece, ai fini sopra indicati è sufficiente la semplice trascrizione presso la conservatoria dei registri immobiliari ex art. 2647 cod. civ., e l’annotazione a margine dell’atto di matrimonio acquista funzione integrativa intesa a subordinare l’efficacia esterna delle convenzioni fondate sul presupposto della vigenza del regime della comunione legale. Mentre secondo una tesi più radicale, l’annotazione di cui all’art. 162 cod. civ., è superflua e la convenzione, anche se non annotata, purché trascritta è comunque opponibile ai terzi di mala fede. La giurisprudenza di legittimità, a partire dalla sentenza 8824/1987 ha esaminato e disatteso le suddette opinioni, ribadendo con fermezza che, siccome la costituzione del fondo patrimoniale prevista dall’art. 167 c.c., è soggetta alle disposizioni dell’art. 162 c.c., circa le forme delle convenzioni medesime matrimoniali, ivi inclusa quella del comma 3, che ne condiziona l’opponibilità ai terzi all’annotazione a margine dell’atto di matrimonio, la trascrizione del vincolo stesso, ai sensi dell’art. 2647 c.c., con riferimento agli immobili che ne siano oggetto, resta degradata a mera pubblicità-notizia, inidonea ad assicurare detta opponibilità.
A sostegno di questa conclusione ha considerato: A) l’avvenuta modificazione dell’art. 2647 cod. civ., che ha perso la sua originaria funzione, in seguito alla eliminazione del comma 4, che considerava la trascrizione del vincolo familiare requisito di opponibilità ai terzi; onde non può dirsi che attualmente la norma abbia disciplinato parte della materia regolata in via generale dall’art. 162 c.c.: ed anzi, l’abrogazione dell’art. 2647 c.c., comma 4 consente di ritenere che ormai è l’annotazione ex artt. 162 e 163 c.c., cui, peraltro la legge vigente attribuisce testualmente quella funzione di opponibilità del vincolo ai terzi (“Le convenzioni matrimoniali non possono essere opposte ai terzi….”) che la legge anteriore riconosceva invece alla trascrizione (cfr. l’art. 169 c.c., e art. 2647 c.c., comma 4, nella originaria formulazione). Sicché è venuta meno la funzione di quest’ultima norma, propria della legge speciale, di derogare ad una legge generale, facendo eccezione alla regola in questa contenuta, in quanto disciplina diversamente una parte della materia già regolata dalla medesima: posto che l’art. 162 cod. civ., ha disciplinato in via generale la forma delle convenzioni matrimoniali, nella loro unità inscindibile e quindi anche per la parte relativa al trasferimento dei beni immobili e dei beni mobili registrati. La quale, anch’essa, rientrando nel contenuto del contratto, è soggetta ad annotazione agli effetti della opponibilità ai terzi;
B) la fonte dell’innovazione introdotta dall’art. 162 c.c., u.c., in relazione alla quale è necessario tener presente che l’annotazione a margine dell’atto di matrimonio della data del contratto, del notaio rogante e delle generalità dei contraenti che hanno partecipato alla costituzione del fondo patrimoniale, trae giuridico fondamento nelle modifiche introdotte dalla L. n. 151 del 1975, di riforma al regime dei rapporti patrimoniali tra coniugi: sostituendo come regime che si applica in mancanza di diversa convenzione, il regime della comunione legale a quello della separazione dei beni vigente nella legislazione anteriore (art. 159 c.c.). La quale legge di riforma si è preoccupata di tutelare – ancor più che non per il passato – i terzi che pongano in essere rapporti giuridici con i coniugi, i quali devono essere messi in condizione di conoscere il contenuto delle convenzioni matrimoniali, che incidendo con più o meno ampiezza nel regime patrimoniale legale, imprimono ai beni che (altrimenti) sarebbero della comunione legale, una condizione giuridica diversa che soltanto la lettura della convenzione è in condizioni di poter fare esaurientemente apprendere.
Si spiega così la nuova formulazione dell’art. 162 c.c., il quale, nell’imporre l’onere della annotazione dell’atto costitutivo del fondo patrimoniale ai fini della sua opponibilità ai terzi (quando ovviamente sia incluso con un apposito contratto), prescinde da qualsiasi riferimento specifico al contenuto della relativa convenzione.
E poiché è possibile che l’atto costitutivo del fondo patrimoniale non importi alcun effetto traslativo, il che accade quando i coniugi decidono di vincolare in fondo patrimoniale beni immobili o mobili registrati che loro già appartengono in comunione (cfr. l’art. 210 c.c., comma 1) – allorché l’unico effetto giuridico del fondo è il vincolo di destinazione sui beni per soddisfare i bisogni della famiglia – ne consegue che l’onere dell’annotazione deve ritenersi sempre imposto a pena di inopponibilità ai terzi dell’atto costitutivo del fondo, a nulla rilevando a tal fine che il medesimo importi o meno un effetto traslativo.
C) La manifesta illogicità cui perverrebbe il riconoscimento, da un lato di detta funzione della annotazione, di gran lunga più ampia ed assorbente rispetto alla pubblicità che può inerire ai singoli beni cui il vincolo del fondo si riferisce; e dall’altro di una pari funzione (pubblicitaria) alla trascrizione del vincolo sui singoli beni ex art. 2647 c.c., tanto più che tale norma non contiene più il comma 4, che prevedeva la trascrizione del vincolo sui beni a carico dei coniugi ai fini della sua opponibilità ai terzi. Mentre la funzione che la legge ha espressamente attribuito alla annotazione ex art. 162 c.c., ai fini della opponibilità della convenzione ai terzi e la mancata riproduzione dell’art. 2647 c.c., comma 4, nel testo attualmente in vigore inducono a ravvisare nella annotazione dell’atto costitutivo del fondo patrimoniale a margine dell’atto di matrimonio secondo le modalità previste dall’art. 162 c.c., u.c., – che consentono al terzo di ottenere una completa conoscenza circa la condizione giuridica dei beni cui il vincolo del fondo si riferisce attraverso la lettura del relativo contratto – l’unica formalità pubblicitaria rilevante agli effetti della opponibilità della convenzione ai terzi: degradando la trascrizione del vincolo ex art. 2647 c.c., al rango di pubblicità-notizia.
D) La corrispondenza di quest’ultima funzione con quella che la pubblicità (quando la legge non le attribuisca una specifica funzione di opponibilità del fatto ai terzi) esplica in numerose fattispecie analoghe espressamente previste dalla legge: come esemplificativamente dimostrano i casi previsti dalla L. 1 giugno 1939, n. 1089, art. 2, comma 2 e art. 3, comma 2, che riguardano il vincolo di indisponibilità sui beni di interesse culturale; dalla L. 28 gennaio 1977, n. 10, art. 7, comma 5, a proposito dei vincoli sull’edilizia abitativa convenzionata; nonché dalla L. Fall., art. 88, comma 2, a proposito della presa in consegna dei beni del fallito da parte del curatore; o infine dagli art. 166, comma 2 e art. 191, comma 2 della stessa legge.
E) La decisione 3/1995 della Corte costituzionale,la quale ha dichiarato infondata, in riferimento agli artt. 3 e 29 Cost., la questione di legittimità costituzionale del combinato disposto dell’art. 162 c.c., u.c., artt. 2647 e 2915 c.c., nella parte in cui non prevedono che, per i fondi patrimoniali costituiti sui beni immobili a mezzo di convenzione matrimoniale, l’opponibilità ai terzi sia determinata unicamente dalla trascrizione dell’atto sui registri immobiliari, anziché pure dalla annotazione a margine dell’atto di matrimonio, osservando che la necessità di effettuare ricerche sia presso i registri immobiliari, sia presso i registri dello stato civile (questi ultimi meno accessibili e sia pur meno affidabili) costituisce un onere che, sebbene fastidioso, non può dirsi eccessivamente gravoso, non soltanto rispetto al principio di tutela in giudizio, ma anche rispetto all’art. 29 Cost. Il quale semmai tutela gli aspetti etico-sociali della famiglia e non è, quindi, utilmente invocabile come parametro del contrasto, sicché una duplice forma di pubblicità (cumulativa, ma a fini ed effetti diversi) per la costituzione dei fondi in parola trova giustificazione nel generale rigore necessario alle deroghe al regime legale e nell’esigenza di contemperare gli interessi contrapposti della conservazione del patrimonio per i figli fino alla maggiore età dell’ultimo di essi e dell’impedimento di un uso distorto dell’istituto a danno delle garanzie dei creditori; e non potendo, d’altra parte, l’annotazione nei registri dello stato civile, successiva alla iscrizione ipotecaria, retroagire a data anteriore, perché una tale retroattività si risolverebbe in danno dei terzi titolari di diritti in base ad atti precedentemente trascritti, in violazione dei principi basilari della pubblicità dichiarativa.
Il Collegio non ignora, infine, che altra sezione di questa Corte con ordinanza 27 ottobre 2008 n. 25857 ha rimesso la questione alle Sezioni Unite sul presupposto che il patrimonio familiare non possa essere considerato una convenzione matrimoniale posto che è disciplinato autonomamente nel capo VI del libro I e menzionato nell’art. 2047 cod. civ.; sicché sfuggirebbe all’applicazione dell’art. 162 cod. civ.
Sennonché nel caso concreto siffatta circostanza non può più essere posta in discussione perché già accertata da entrambi i giudici di merito (oltrecché dedotta dagli originari attori); e da essi posta in dubbio soltanto in questo grado di legittimità sotto il profilo di cui si è detto a proposito del primo motivo di ricorso,che la relativa costituzione era avvenuta per atto unilaterale della S. Per cui una volta che non è più revocabile in dubbio in questo giudizio che l’atto con cui i coniugi ricorrenti hanno costituito il fondo per cui è causa rientra tra le convenzioni matrimoniali, ne è consequenziale l’assoggettabilità alla disciplina posta dall’art. 162 cod. civ.
Conclusivamente, la Corte deve ribadire che, in mancanza di annotazione del fondo patrimoniale a margine dell’atto di matrimonio dei coniugi ricorrenti, il fondo medesimo da essi costituito con convenzione del 20 aprile 1990, annotata a margine dell’atto suddetto soltanto in data 3 maggio 1996, non era opponibile alla Cassa creditrice in forza di decreto ingiuntivo che aveva iscritto iscritto ipoteca, in data 12 dicembre 1995, sui beni che lo costituiscono, successivamente alla trascrizione della costituzione del fondo stesso: essendo la trascrizione a tali fini irrilevante (in senso conforme v. Cass. 12864 e 10859 del 1999; 5684/2006, 8610/2007). E rilevare, altresì quanto alla deduzione che nel caso mancherebbe la prova che trattasi di debiti contratti dai coniugi per soddisfare bisogni estranei alla famiglia ex art. 170 c.c., che il rilievo, a prescindere da ogni altra considerazione, non è pertinente: sia perché la norma riflette, nell’ambito del processo esecutivo, i limiti che l’espropriazione del fondo incontra in riferimento alla diversità dei crediti fatti valere nella esecuzione forzata, sia perché dalle precedenti argomentazioni discende che ogni questione al riguardo deve ritenersi assorbita, stante la riconosciuta inopponibilità del vincolo al creditore.
Le considerazioni svolte rendono evidente l’inconsistenza del profilo di responsabilità della Banca riproposto dai coniugi F. invocando l’obbligo di comportarsi in buona fede nell’esecuzione del contratto, posto dagli artt. 1375 e 1175 cod. civ., principalmente fondato sul carattere complementare ed integrativo della trascrizione di cui all’art. 2647 cod. civ. nonché dell’annotazione ex art. 162 cod. civ. della costituzione del fondo patrimoniale a margine dell’atto di matrimonio.
La Corte deve aggiungere che il principio di buona fede contrattuale, sancito dall’art. 1375 c.c., ha la portata di ampliare (ovvero di restringere) gli obblighi letteralmente assunti con il contratto nei casi, e nella misura in cui, farli valere nel loro tenore letterale contrasterebbe con detto principio, il quale opera essenzialmente come un criterio di reciprocità che deve essere osservato vicendevolmente dalle parti del rapporto obbligatorio; e che la buona fede nell’esecuzione del contratto si sostanzia, tra l’altro, in un generale obbligo di solidarietà che impone a ciascuna delle parti di agire in modo da preservare gli interessi dell’altra a prescindere tanto da specifici obblighi contrattuali, quanto dal dovere extracontrattuale del “neminem laedere”: trovando tale impegno solidaristico il suo limite precipuo unicamente nell’interesse proprio del soggetto, tenuto, pertanto, al compimento di tutti gli atti giuridici e/o materiali che si rendano necessari alla salvaguardia dell’interesse della controparte nella misura in cui essi non comportino un apprezzabile sacrificio a suo carico.
Ma nel caso i ricorrenti non hanno neppure dedotto quale contratto sussistente con la Cassa di risparmio era stato adempiuto dall’Istituto di credito con malafede; e d’altra parte quest’ultimo ha prospettato che quello di conto corrente intercorso con la controparte più non era vigente all’epoca dell’iscrizione ipotecaria in quanto già risolto perché i coniugi, come dagli stessi dedotto (pag. 9-10 ric.), avevano raggiunto una scopertura di L. 511.043.034, oltre agli interessi convenzionali; avevano subito nel 1993 un decreto ingiuntivo emesso dal Presidente del Tribunale di Nocera Inferiore per il pagamento delle relative somme; e ciò nonostante erano rimasti inadempienti, inducendo l’Istituto di credito ben 2 anni dopo ad accendere ipoteca sui beni della S. che aveva prestato fideiussione per le obbligazioni assunte dal marito. Per cui il Collegio deve ribadire che il dovere di cui alle menzionate norme opera come un criterio di reciprocità, soprattutto dopo essere stato collocato nel quadro di valori imposti dall’art. 2 Cost.; e che la sua rilevanza si esplica nell’imporre, a ciascuna delle parti del rapporto obbligatorio (pur inteso in senso lato), il dovere di agire in modo da preservare gli interessi dell’altra, a prescindere dall’esistenza di specifici obblighi contrattuali o di quanto espressamente stabilito da singole norme di legge: come dimostra proprio la fattispecie esaminata da questa Corte e ricordata dai coniugi, di recesso della banca dall’apertura di credito, contestuale richiesta di decreto ingiuntivo e successiva iscrizione ipotecaria senza attendere neppure lo spirare del previsto termine di preavviso per il rientro in relazione alla esposizione debitoria del cliente (Cass. 15066/2000). Ma l’obbligo in questione non importa anche, ove una di esse sia inadempiente e persista nel non ottemperare agli obblighi assunti nel contratto, di impedire all’altra di avvalersi di tutti gli strumenti apprestati dall’ordinamento per porre rimedio all’inadempimento suddetto ed al pregiudizio che per essa ne deriva: tra i quali vi è sicuramente l’iscrizione ipotecaria sui beni del debitore prevista dall’art. 2808 cod. civ. e segg., e nel caso concreto utilizzabile dall’Istituto di credito proprio perché la convenzione costitutiva del fondo patrimoniale (conosciuta o meno) non gli era opponibile.
Inammissibile è infine l’ultimo motivo del ricorso con cui i coniugi, deducendo violazione del R.D. n. 1238 del 1939, art. 1, per avere respinto la richiesta risarcitoria nei confronti del comune di Nocera che aveva proceduto ad annotare la costituzione del fondo patrimoniale solo 6 anni dopo aver ricevuto la relativa notifica, senza considerare che il giudice ordinario, pur non potendo sindacare l’organizzazione della p.a. ed i tempi necessari per il compimento della propria attività, ha tuttavia il potere-dovere di accertare se la stessa si è uniformata al limite impostole dall’art. 2043 cod. civ.; ed ha leso i diritti del privato all’integrità dei propri beni: come dimostrava proprio la fattispecie in cui l’omissione dipendeva dall’intera struttura organizzativa del comune di Nocera e non solo da mancanze dell’Ufficiale dello Stato civile.
La Corte territoriale invocando la normativa del R.D. n. 1238 del 1939, nonché la giurisprudenza di questa Corte assolutamente consolidata al riguardo, ha escluso la responsabilità del comune per la mancata annotazione per cui è causa, non già perché ha considerato meramente discrezionale il comportamento dell’ente pubblico in merito alla trascrizione della convenzione per cui è causa; bensì perché il relativo compito appartiene al Sindaco nella veste di ufficiale di Governo. Sicché, agendo lo stesso quale organo dello Stato in posizione di dipendenza gerarchica anche rispetto agli organi statali centrali (Ministero della Giustizia) e locali di grado superiore (Procuratore della Repubblica), la responsabilità per la mancata o ritardata annotazione a margine dell’atto di matrimonio, dell’atto di costituzione del fondo patrimonio appartiene allo Stato e non al comune.
Conseguentemente anche le censure nei confronti delle asserite inefficienze e della disorganizzazione degli organi comunali si rivelano nel caso non pertinenti, non avendo gli stessi alcun compito in ordine alla tenuta del relativo registro; e la relativa statuizione che ha addebitato l’omissione e/o il ritardo nel compimento dell’annotazione agli organi dello Stato è divenuta definitiva.
Le spese del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
PQM
La Corte, rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in favore del comune di Nocera Superiore in complessivi Euro 3.200,00 di cui Euro 3.000,00 per onorario di difesa.
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Numero Protocolo Interno : 141/2009
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