ISSN 2385-1376
Testo massima
L’art. 2497, comma 3, cc prevede che il socio o il creditore sociale possa agire nei confronti della società che esercita l’attività di direzione e coordinamento soltanto se non sono stati soddisfatti dalla società controllata. Il socio o il creditore sociale ha pertanto l’onere di richiedere il ristoro del pregiudizio subito previamente nei confronti della società soggetta all’attività di direzione e coordinamento, giacché la legittimazione passiva della società controllante ha carattere residuale e sussidiario. Per poter esercitare l’azione di responsabilità prevista dall’art.2497 cc nei confronti della società che esercita l’attività di direzione e coordinamento, l’attore deve inoltre fornire la prova dell’avvenuta preventiva escussione e del mancato soddisfacimento delle proprie ragioni societarie da parte della società controllata.
Sono questi i principi correttamente sanciti dal Tribunale di Santa Maria Capua Vetere nella persona del Giudice dott. Enrico Caria, investito della cognizione di una lite che ha visto i soci titolari di una partecipazione sociale detenuta in una società soggetta all’attività di direzione e coordinamento citare in giudizio i contitolari di una holding di fatto, al fine di ottenere il riconoscimento del diritto al risarcimento del danno a norma dell’art. 2497 cc..
Gli attori hanno richiesto che venisse verificata l’esistenza della holding di fatto tra i contitolari per poi accertare la responsabilità degli stessi e di coloro che avevano partecipato alla causazione del fatto lesivo ai sensi dell’art. 2497 cc, con conseguente riconoscimento del pregiudizio cagionato alla redditività ed al valore della partecipazione sociale detenuta dagli istanti nella società controllata.
Parte convenuta si costituiva in giudizio, contestando le deduzioni sollevate dagli attori e chiedendo che venisse dichiarata inammissibile la domanda formulata dagli attori per violazione del principio di sussidiarietà fissato dall’art. 2497 cc in ragione della mancata preventiva escussione della società controllata.
Per gli attori l’obbligo di preventiva escussione della società controllata doveva invece ritenersi operativa solamente nel caso in cui l’azione di responsabilità fosse stata esercitata non dai soci ma dai creditori sociali.
Gli attori sostenevano dunque la non applicabilità, nel caso di specie, del disposto ex art.2497, comma 3, cc, eccependo che la legittimazione passiva dovesse essere riconosciuta soltanto in capo alla società controllate.
Con riferimento alla richiesta di chiamare in causa la società controllata, gli attori replicavano inoltre sostenendo che l’eventuale citazione in giudizio della società soggetta all’attività di direzione e coordinamento aveva il valore di mera denuntiatio litis.
Esaurita l’attività istruttoria, il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere ha correttamente disatteso le deduzioni formulate dagli istanti ed ha dichiarato inammissibile la domanda avanzata dagli attori, a seguito di un’ineccepibile ricostruzione eziologica dell’art. 2497 cc..
La fattispecie in oggetto, come giustamente osservato dal giudice di primo grado, rientra difatti nell’ambito di applicazione dell’art. 2497 cc che disciplina il regime di responsabilità delle società o degli enti che esercitano l’attività di direzione e coordinamento di società (c.d. holding).
L’art. 2497, comma 1, cc prevede infatti che le società o gli enti che, esercitando attività di direzione e coordinamento delle società, agiscono nell’interesse imprenditoriale proprio od altrui in violazione dei principi di corretta ed imprenditoriale delle società medesime, sono direttamente responsabili nei confronti dei soci di queste ultime per il pregiudizio cagionato alla redditività ed al valore della partecipazione sociale, nonché nei confronti dei creditori sociali per la lesionate arrecata all’integrità del patrimonio della società.
L’art. 2497, comma 3, cc, definisce poi le modalità necessarie per poter agire in giudizio nei confronti della società che esercita l’attività di direzione e coordinamento.
La norma precisa infatti che il socio della società controllata ha la possibilità di agire nei confronti di coloro che hanno esercitato l’attività di direzione e coordinamento soltanto se non sono stati soddisfatti dalla società eterodiretta.
Il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere ha evidenziato il carattere fortemente innovativo ed eccezionale del disposto ex art. 2497 cc., in quanto la norma risponde alla richiesta di garanzia proveniente dai soci e dai creditori delle società controllate.
Il Giudice ha dunque giustamente ritenuto di dare al dato normativo un’interpretazione restrittiva, in modo da preservare l’equilibrio tra la posizione dei soci e dei creditori sociali della società controllata rispetto alla posizione dei soci e dei creditori sociali della società controllante.
Il fatto di aver dato alla norma un’interpretazione testuale è inoltre finalizzata ad evitare possibili attacchi provenienti da soggetti esterni alla compagine sociale.
Ciò consente che le garanzie patrimoniali della società controllante possano essere messe in discussione soltanto quando la società controllata non è stata nella condizione di poter garantire i risarcimenti richiesti e dovuti.
Il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere ha pertanto rimarcato il carattere vincolante del disposto ex art. 2497, comma 3, cc, perché il socio o il creditore sociale che voglia far valere le proprie ragioni societarie o creditorie ha l’onere di esercitare l’azione risarcitoria inizialmente nei confronti della società controllata e solo quando detta azione è risultata infruttuosa può ritenersi autorizzato a rivalersi nei confronti della società controllante.
Il Giudice ha dunque ritenuto contraria ad ogni logica societaria e processuale l’esercizio di un’azione risarcitoria proposta nei confronti della società che esercita l’attività di direzione e coordinamento quando ciò sia avvenuto senza aver previamente verificato la possibilità di vedere riconosciute le proprie ragioni rispetto alla società controllata, per quanto concerne i soci, o alla debitrice, nel caso dei creditori sociali.
Il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere ha pertanto condivisibilmente dichiarato inammissibile la domanda, rilevando la carenza di legittimazione passiva della società controllante, non essendo stato fornito alcun elemento di prova da parte degli attori in grado di comprovare la preventiva escussione delle proprie ragioni societarie nei confronti della società eterodiretta.
Testo del provvedimento
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale di SMCV, III sez. civile, in persona dei seguenti Magistrati:
dr. Giampiero Scoppa Presidente
dr. Enrico Caria Giudice rel.
dr. Emilio Minio Giudice
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile iscritta al n. 2805/11 del registro generale avente per oggetto: istituti di diritto societario
TRA
M.D., M.A., M.G. e M.L.
ricorrente
E
M.S. e S.N
A.M. F.G. e G.F.
resistente
Conclusioni: come da separato verbale di causa
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione, depositato in data 02.05.2011, M.D., M.A., M.G. e M.L. citavano F.M. nella qualità di contitolare della holding di fatto M.S., N.S., nella qualità di contitolare della holding di fatto M.S., G.F., F.G., A.M. a comparire innanzi al Tribunale di Santa Maria C.V. all’udienza dell’11 ottobre 2011, con gli avvisi di rito.
Parte ricorrente chiedeva la verifica dell’esistenza di una holding di fatto, tra M.F. e S.N., e accertarsi la responsabilità ex art.2497 cc, con conseguente condanna degli stessi, e di coloro che hanno preso parte al fatto lesivo, al risarcimento del pregiudizio arrecato alla redditività e al valore della partecipazione sociale detenuta dagli attori nella controllata ALFA SRL.
All’udienza di comparizione delle parti del 11.10.2011 parte convenuta costituendosi ritualmente in giudizio, contestava il contenuto delle deduzioni avversarie, chiedeva il rigetto delle domande formulate sia perché improcedibili sia perché infondate nel merito e chiedeva l’assegnazione dei termini ex art.183, comma 6°, cpc; parte attrice riportandosi integralmente al contenuto del proprio atto di citazione, contestava ogni avverso dedotto, eccepito e richiesto sostenendo che l’obbligo di preventiva escussione fosse operativo nel solo caso in cui l’azione sia proposta dal creditore sociale.
Il GI sentite le parti rinviava all’udienza del 31/01/2012 e assegnava i termini ex art.183, comma 6°,cpc. In tale udienza parte convenuta, si opponeva alle richieste istruttorie della parte ricorrente e chiedeva la fissazione dell’udienza per la precisazione delle conclusioni.
Rilevava parte attrice come parte della giustizia di merito abbia sostenuto la non applicabilità dell’art.2497, comma 3°,cc al processo di cognizione, rilevando che la legittimazione passiva spetta solo alla società dominante (Trib. Pescara 16/01/2009). Altresì l’attore, a sostegno della richiesta di chiamare in causa la alfa Srl, richiamava il provvedimento emesso dal Tribunale di Milano il 17/06/2011, citato dal convenuto, in base al quale l’eventuale citazione in giudizio della società eterodiretta riveste il mero valore di denuntiatio litis.
Parte convenuta rilevava, a contrario, come, allo stato degli atti, l’eventuale chiamata in causa della società ALFA Srl non avrebbe garantito il rispetto del principio della sussidiarietà normativamente statuito.
Il GI, con provvedimento del 10/04/2012, denegata ogni diversa istanza, fissava alle parti l’udienza del 09/10/2012 per la precisazione delle conclusioni.
All’udienza del 9/10/2012 parte attrice, chiedeva l’integrale accoglimento delle domande e conseguentemente rigetto di ogni avversa eccezione, deduzione e domanda, con vittoria di spese e competenze legali.
Altresì l’Avv. A.B. per i coniugi M.e.S., e gli Avv.ti S.J. e A.R., per A.M., F.B., G.F., chiedevano la dichiarazione di inammissibilità ovvero, in subordine, il rigetto nel merito di ogni domanda formulata dagli attori, con vittoria di spese.
Il GI rinviava la causa per la decisione concesso il termine massimo normativamente statuito, per il deposito delle comparse conclusionali e memorie di replica.
MOTIVI DELLA DECISIONE
La domanda è inammissibile.
Si deve premettere che la domanda in esame tende all’esercizio dell’azione di responsabilità conclamata dall’articolo 2497, comma 3, c.c., che riconosce in capo ai soci o creditori della società eterodiretta la legittimità di esercitare l’azione di risarcimento anche rispetto alla società titolare dei poteri direttivi e di coordinamento; appare pertanto indispensabile individuare prima la portata astrattamente intesa della norma e poi, nel caso concreto, i relativi confini di applicazione.
L’articolo 2497, comma 3,c.c., è stato oggetto di varie modifiche, in ultimo nel 2003, che ne hanno innovato il contenuto sancendo, all’interno del panorama societario, l’azione risarcitoria contro chi esercita direzione e coordinamento societario.
Altresì la norma in oggetto riconosce, allo stato corrente e secondo esegesi largamente condivisa dalla dottrina e dalla giurisprudenza, al socio della società controllata il diritto di poter agire contro chi ha esercitato attività di direzione e coordinamento solo se non è stato soddisfatto dalla società eterodiretta.
Il legislatore che ha riveduto la norma appare consapevole della rilevanza innovativa e soprattutto del carattere eccezionale della stessa poiché:
da un lato abbandona la concezione generale della personalità giuridica delle società di capitali quali monadi impermeabili per rispondere alle richieste di garanzia provenienti dai soci e dai creditori delle società eterodirette;
dall’altro appare consapevole della necessità di equilibrare le posizioni contrapposte: quella dei soci e dei creditori di società eterodirette; e quella dei soci e creditori della società controllante che fanno affidamento su un patrimonio e su una garanzia patrimoniale.
A conferma di ciò la legge punta a valorizzare e a potenziare la eterodirezione attraverso la pubblicizzazione resa dal registro delle imprese per scongiurare un affidamento incolpevole su patrimoni e garanzie patrimoniali dei soci e creditori della società controllata.
Rilevato il carattere fortemente innovativo e soprattutto eccezionale della norma, si ritiene sussistere l’esigenza di un interpretazione restrittiva affinché non si collochi in pericolo l’equilibrio sancito dal legislatore tra la posizione dei soci e dei creditori della società controllata e la posizione dei soci e dei creditori della società controllante.
Altresì un’interpretazione limitata al dato testuale punta ad evitare aggressioni di soggetti esterni all’ente munito di personalità giuridica, poiché consente che le garanzie patrimoniali della società controllante vengano messe in discussione nel solo caso in cui la società controllata non sia stata in grado di assolvere ai risarcimenti dovuti.
Il rilevato carattere vincolante della norma in questione impone, alla parte, soci o creditori della società controllata, che voglia far valere la propria posizione societaria o creditoria, l’onore di esercitare l’azione risarcitoria previamente nei confronti della stessa società controllata e solo all’esito di una infruttuosa azione rivalersi nei confronti della società che esercita la direzione e il controllo della società medesima. In caso contrario risulterebbe contro ogni logica societaria e processuale l’esercizio di una azione risarcitoria nei confronti della società di direzione e controllo senza verificare la possibilità di vedere riconosciute le proprie ragioni rispetto alla “propria società”, nel caso dei soci, o rispetto alla “propria debitrice”, nel caso dei creditori.
Da quanto sino ad ora argomentato si deve pertanto ribadire come la domanda appaia inammissibile e ciò in quanto (volendo riassumere il dato normativo:
l’art.2497, comma 3°,cc prescrive che il socio, allo stesso modo del creditore sociale, può agire contro la società o l’ente che esercita l’attività di direzione e coordinamento, solo se non sono stati soddisfatti dalla società soggetta alla attività di direzione e coordinamento;
– sussiste pertanto l’onere di richiesta di soddisfazione del pregiudizio arrecato nei confronti della società soggetta a direzione;
– la legittimazione passiva dell’eventuale società dominante riveste solo carattere residuale e sussidiario;
– per l’esercitare l’azione di responsabilità nei confronti della società dominante la parte attrice deve fornire la prova dell’escussione e dell’eventuale mancato soddisfacimento delle ragioni societarie da parte della società controllata;
Nel caso di specie, non sussiste nessun tipo di documentazione, allegazione o attestazione da parte dell’attore che comprovi la preventiva escussione delle ragioni societarie nei confronti della società eterodiretta;
Non appare, inoltre, condivisibile e risulta essere minoritaria, la giurisprudenza di merito che sostiene la non applicabilità nel processo di cognizione del 3° comma dell’art.2497 cc e che di conseguenza rileva che la legittimazione passiva spetti solo alla società dominante; inoltre un’eventuale interpretazione in senso restrittivo significherebbe, non solo sostituirsi al legislatore che in modo chiaro ha espresso la sua discrezionalità legislativa, ma ridurre in modo irrazionale la portata normativa del comma 3° dell’art.2497 CC fino a realizzare una parziale abrogazione implicita.
La domanda proposta si deve, pertanto dichiarare inammissibile, stante la palese carenza, allo stato degli atti, della legittimazione passiva della società dominante.
Le spese in applicazione del principio di causalità, ex art.91 cpc, seguono la soccombenza della resistente e si liquidano come da dispositivo.
PQM
Il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, III sezione civile, definitivamente pronunciando sulla domanda proposta da M.D., M.A., M.G. e M.L., dichiara:
– inammissibile la domanda;
– condanna M.D., M.A., M.L. e M.G. a pagare solidalmente le spese quantificabili nella somma di 3.500,00 per competenze ex art.91 cpc.
Santa Maria Capua Vetere, 20.03.2013
Il Giudice Istruttore Il Presidente
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Numero Protocolo Interno : 397/2013