Provvedimento segnalato da Donato Giovenzana – Legale d’impresa
La possibilità della sottrazione dei codici del correntista, attraverso tecniche fraudolente, rientra nell’area del rischio di impresa, destinato ad essere fronteggiato attraverso l’adozione di misure che consentano all’Istituto di credito di verificare, prima di dare corso all’operazione, se essa sia effettivamente attribuibile al cliente.
Con riguardo all’utilizzazione di servizi e strumenti con funzione di pagamento, che si avvalgono di mezzi meccanici o elettronici, non può essere omessa la verifica dell’adozione da parte dell’Istituto bancario delle misure idonee a garantire la sicurezza del servizio; infatti, la diligenza posta a carico del professionista ha natura tecnica e deve essere valutata tenendo conto dei rischi tipici della sfera professionale di riferimento ed assumendo quindi come parametro la figura dell’accorto banchiere.
Anche al fine di garantire la fiducia degli utenti nella sicurezza del sistema, appare del tutto ragionevole ricondurre nell’area del rischio professionale del prestatore di servizi di pagamento, prevedibile ed evitabile con appropriate misure destinate a verificare la riconducibilità delle operazioni alla volontà del cliente, la possibilità di una utilizzazione dei codici da parte di terzi, non attribuibile al dolo del titolare o a comportamenti talmente incauti da non poter essere fronteggiati in anticipo.
Questi i principi espressi dalla Cassazione civile, sez. prima, Pres. Nappi – Rel. De Marzo, con la sentenza n. 2950 del 03.02.2017.
Nella fattispecie in oggetto, un cliente proponeva ricorso per Cassazione avverso la sentenza con cui la Corte d’Appello, confermando la statuizione del precedente Giudicante, aveva respinto la domanda intesa ad ottenere la condanna di Poste Italiane S.p.A. a risarcire il danno derivante da due operazioni (una di giroconto e l’altra di bonifico), eseguite in assenza di disposizioni e di cessione a terzi dei codici personali di accesso al sistema che consentiva le operazioni on-line.
La Corte territoriale, in particolare, aveva ritenuto che, a tacere dell’assenza di prova certa, le misure di sicurezza on-line di Bancoposta, caratterizzate dall’utilizzo di un sistema di crittografia dei dati di riconoscimento del cliente, erano tali da escludere che l’accesso alle funzioni fosse consentito a chi non era conoscenza delle chiavi di accesso e che, pertanto, le operazioni in questione erano state rese possibili dalla mancata custodia o comunque da un incauto comportamento del correntista, tale da consentire la sottrazione dei codici mediante tecniche fraudolente.
Poste Italiane s.p.a. ed il beneficiario delle operazioni di pagamento non svolgevano attività difensiva.
Il cliente, con il primo motivo di ricorso, lamentava la violazione o falsa applicazione degli artt. 1218 e 2697 c.c., nonchè vizi motivazionali, per avere la Corte territoriale omesso di applicare le regole in tema di ripartizione dell’onere probatorio, avendo rigettato la domanda con la quale l’attore aveva denunciato un inadempimento contrattuale della controparte, nonostante la mancanza di dimostrazione che le operazioni contestate fossero state eseguite attraverso i codici di accesso del ricorrente.
Con il secondo motivo, il ricorrente lamentava la violazione o falsa applicazione degli artt. 1218, 2697, 1710, 1768, 1856 e 2050 c.c., nonchè vizi motivazionali, per avere la Corte territoriale ritenuto, in assenza di prova da parte di Poste Italiane s.p.a., l’idoneità del sistema di sicurezza adottato, nonostante l’attore avesse documentato le numerose frodi informatiche subite dai clienti di Bancoposta.
La Suprema Corte osservava che, nel nostro ordinamento, il creditore che agisca per la risoluzione contrattuale, per il risarcimento del danno o per l’adempimento deve provare la fonte (negoziale o legale) del suo diritto ed il relativo termine di scadenza, limitandosi poi ad allegare la circostanza dell’inadempimento della controparte, mentre al debitore convenuto spetta la prova del fatto estintivo dell’altrui pretesa, costituito dall’avvenuto adempimento, ovvero dell’impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile.
Ad avviso degli ermellini, tuttavia, con riguardo all’utilizzazione di servizi e strumenti con funzione di pagamento, che si avvalgono di mezzi meccanici o elettronici, non può essere omessa la verifica dell’adozione da parte dell’Istituto bancario delle misure idonee a garantire la sicurezza del servizio; infatti, la diligenza posta a carico del professionista ha natura tecnica e deve essere valutata tenendo conto dei rischi tipici della sfera professionale di riferimento ed assumendo quindi come parametro la figura dell’accorto banchiere.
In questa cornice di riferimento, sottolineava la Corte che, per un verso, la sentenza impugnata erroneamente aveva attribuito rilievo, per una delle due operazioni in esame, all’assenza di prova certa dell’estraneità del ricorrente, laddove era piuttosto necessario accertare in positivo la riconducibilità dell’operazione a quest’ultimo, per altro verso, che la possibilità della sottrazione dei codici del correntista, attraverso tecniche fraudolente, rientra nell’area del rischio di impresa, destinato ad essere fronteggiato attraverso l’adozione di misure che consentano di verificare, prima di dare corso all’operazione, se essa sia effettivamente attribuibile al cliente.
Infatti, l’impossibilità della prestazione derivante da causa non imputabile al soggetto obbligato (art. 1218 c.c.) richiede la dimostrazione di eventi che si collochino al di là dello sforzo diligente richiesto al debitore; ne discende che, anche al fine di garantire la fiducia degli utenti nella sicurezza del sistema, appare del tutto ragionevole ricondurre nell’area del rischio professionale del prestatore di servizi di pagamento, prevedibile ed evitabile con appropriate misure destinate a verificare la riconducibilità delle operazioni alla volontà del cliente, la possibilità di una utilizzazione dei codici da parte di terzi, non attribuibile al dolo del titolare o a comportamenti talmente incauti da non poter essere fronteggiati in anticipo.
Sulla base di quanto esposto, la Suprema Corte accoglieva il ricorso, con conseguente cassazione della sentenza e rinvio, anche per la regolamentazione delle spese, alla Corte d’Appello di Trento in diversa composizione.
Per ulteriori approfondimenti in materia, si rinvia ai seguenti contributi pubblicati in Rivista:
CONTRATTI BANCARI HOME BANKING
OBBLIGO DI CONTROLLO IN CAPO ALLA BANCA – RESPONSABILITA’
Sentenza | Tribunale Verona | 02.10.2012 |
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