LE MASSIME
La fusione attua una riunificazione mediante l’integrazione reciproca delle società partecipanti alla stessa, risolvendosi in una vicenda meramente evolutivo modificativa dello stesso soggetto giuridico, che conservava la propria identità, pur in un, nuovo assetto organizzativo, con conseguente validità della procure rilasciate.
In ipotesi di riassunzione del processo, per il principio di ultrattività del mandato non è necessaria altra procura atteso che il difensore, una volta costituito, rimane tale per tutto il procedimento e nemmeno la revoca della procura da parte del cliente, o la rinuncia al mandato, a norma dell’art. 85 c.p.c., fanno perdere al procuratore (revocato o rinunciante) lo “ius postulandi” e la rappresentanza legale del cliente per tutti gli atti del processo, fino a quando non si sia provveduto alla sua sostituzione con altro procuratore e tale sostituzione non sia stata ufficialmente comunicata., di guisa che “la parte che riassume la causa davanti al giudice di rinvio non è tenuta a conferire una nuova procura al difensore che lo ha già assistito nel pregresso giudizio di merito”.
In conseguenza delle regole sull’onere della prova, la tecnica del c.d. saldo zero, che la S.C. ha in un solo caso ritenuto adeguata, è stata successivamente disattesa dalla medesima Corte, avendo costei preso espressa posizione contraria ritenendo non condivisibile il criterio seguito in quell’unico precedente, perché si verrebbe in tal modo a introdurre un criterio di tipo equitativo non consentito.
Questi i principi espressi dalla Corte d’Appello di Taranto, Pres. Alessandrino – Rel. Cosenza, con la sentenza n. 158 del 09.05.2017.
IL CASO
Nella vicenda giudiziaria esaminata, una società in liquidazione ed i suoi fideiussori proponevano opposizione ad un decreto ingiuntivo con il quale si ingiungeva loro il pagamento di una somma di denaro in favore di una Banca, riveniente da anticipi e relative fatture anticipate.
Si costituiva in giudizio l’opposta società di riscossione, mandataria della Banca titolare del credito.
Il Tribunale innanzi al quale era stata radicata l’opposizione dichiarava la propria incompetenza per territorio, revocando al contempo il decreto opposto.
La società di riscossione proponeva regolamento necessario di competenza il quale veniva dichiarato inammissibile dalla Suprema Corte.
La società di riscossione riassumeva quindi il giudizio, dinnanzi al Tribunale di Taranto dichiarato competente, il quale dichiarava inammissibile la domanda della creditrice in quanto priva di legitimatio ad causam e ad processum ritenendo che in conseguenza dell’estinzione della società mandante fosse venuta meno la sussistenza dei poteri rappresentativi capo ai quadri direttivi della stessa società per l’esercizio delle azioni a tutela dei crediti.
Avverso detta sentenza proponeva appello la società di riscossione; la società in liquidazione ed i fideiussori costituitisi proponevano, altresì, appello incidentale condizionato.
In merito alla legittimazione della creditrice, il Collegio giudicante rilevava che nell’ ambito del gruppo bancario della mandataria, erano intervenute molteplici fusioni per incorporazione accompagnati da svariati cambi di denominazione e che, essendo in tali modificazioni societarie la Banca mandataria sempre incorporante, non poteva ritenersi estinta – a nulla rilevando il cambio di denominazione -, circostanza questa che rendeva pienamente valida e la procura alle liti da questa rilasciata in favore della società di riscossione.
La Corte rilevava, altresì, che solo nell’ambito di un’ulteriore processo di riorganizzazione del gruppo, intervenuto nell’ottobre del 2007, la mandataria veniva incorporata in un altro Istituto di Credito.
Ebbene, in merito a tale ultima fusione, i Giudicanti specificavano che, risalendo al 2007, la stessa si era determinata nella vigenza della nuova formulazione art. 2504 bis c.c., e pertanto, pur essendo la mandataria in tale fusione società incorporata, non si era determinata la sua estinzione ma, secondo la nuova formulazione normativa, si attuava una riunificazione mediante l’integrazione reciproca delle società partecipanti alla fusione, risolvendosi in una vicenda meramente evolutivo modificativa dello stesso soggetto giuridico, che conservava la propria identità, pur in un, nuovo assetto organizzativo, con conseguente validità della procure rilasciate.
A tali rilievi il Collegio ha altresì aggiunto che il difensore, una volta costituito, rimane tale per tutto il procedimento e nemmeno la revoca della procura da parte del cliente, o la rinuncia al mandato, a norma dell’art. 85 c.p.c., fanno perdere al procuratore (revocato o rinunciante) lo “ius postulandi” e la rappresentanza legale del cliente per tutti gli atti del processo, fino a quando non si sia provveduto alla sua sostituzione con altro procuratore e tale sostituzione non sia stata ufficialmente comunicata., di guisa che “la parte che riassume la causa davanti al giudice di rinvio non è tenuta a conferire una nuova procura al difensore che lo ha già assistito nel pregresso giudizio di merito” (cfr. Cass.Civ, n. 7983 del 01 aprile 2010, nonchè Cass. Civ n. 19937 del 6 ottobre 2004; Cass. Civ. n. 4663 del 29 marzo 2001).
Così chiarita la legittimazione della mandataria, la Corte tarantina nel merito ha rilevato preliminarmente che nell’ambito rapporti bancari in conto corrente, in ipotesi di opposizione a decreto ingiuntivo, la banca deve – quale attore in senso sostanziale – dimostrare l’entità del proprio credito mediante la produzione degli estratti del conto corrente a partire dall’apertura del conto stesso onde consentire, attraverso l’integrale ricostruzione del dare e dell’avere con applicazione del tasso di interesse, di determinare il credito stesso, ove sussistente.
Il Collegio ha altresì specificato che nell’ipotesi, come quella della fattispecie in esame, in cui tale onere probatorio non sia stato compiutamente assolto, la Corte di Cassazione ha in un primo momento ritenuto che qualora il primo estratto conto disponibile sia a debito per il cliente, dovesse applicarsi la regola del c.d. saldo zero; tale orientamento è stato successivamente disatteso dalla medesima Corte, la quale ha preso espressa posizione contraria ritenendo non condivisibile tale criterio perché si verrebbe in tal modo a introdurre un criterio di tipo equitativo non consentito.
In virtù di tali rilievi la Corte ha accolto l’appello principale e, rideterminando il credito, ha condannato la debitrice ed i fideiussori al pagamento dell’importo dovuto alla società di riscossione, rigettando nel contempo l’appello incidentale ritenendo sussistenti i presupposti di cui all’art. 13, comma 1 quater. DPR 30 maggio 2002 n. 115.
IL COMMENTO
Nella corretta interpretazione dell’art.182, secondo comma, cpc – come affermato dalle SS. UU. del 19.4.2010, n. 9217, pure nel testo previgente applicabile ratione temporis, anteriore alla L. 697/2009 – l’affermazione secondo cui il Giudice che rilevi un difetto di rappresentanza processuale “può assegnare un termine per la regolarizzazione della costituzione in giudizio“, deve essere interpretata, anche alla luce della ridetta novella, che introduce il termine “deve”, nel senso che “il giudice deve promuovere la sanatoria in qualsiasi fase e grado del giudizio e indipendentemente dalle cause del predetto difetto, assegnado un termine alla parte che non vi abbia gia’ provveduto di sua iniziativa, con effetti ex tunc, senza il limite delle preclusioni derivanti da decadenze processuali. e’ appena il caso di aggiungere che la norma di cui all’art. 182 citato trova applicazione anche in grado di appello in forza del rinvio contenuto nell’art. 359 cpc”.
Orbene, quanto alla riassunzione della causa, questa non può avere un oggetto più ampio di quello svoltosi dinanzi al Giudice dichiaratosi incompetente, in quanto con la riassunzione è lo stesso procedimento che prosegue, con le preclusioni previste dalla rigida scansione processuale ex art. 183 del cpc.
La riassunzione della causa – a seguito di cassazione con rinvio della sentenza – dinanzi al giudice di rinvio instaura un processo chiuso, nel quale è preclusa alle parti, tra l’altro, ogni possibilità di proporre nuove domande, eccezioni, nonché conclusioni diverse, salvo che queste, intese nell’ampio senso di qualsiasi attività assertiva o probatoria, siano rese necessarie da statuizioni della sentenza della Cassazione.
Conseguentemente, nel giudizio di rinvio non possono essere proposti dalle parti, né presi in esame dal giudice, motivi di impugnazione diversi da quelli che erano stati formulati nel giudizio di appello conclusosi con la sentenza cassata e che continuano a delimitare, da un lato, l’effetto devolutivo dello stesso gravame e, dall’altro, la formazione del giudicato interno.
Quanto al merito della controversia, la Corte tarantina ha stabilito che, in conseguenza delle regole sull’onere della prova, la tecnica del c.d. saldo zero, che la S.C. ha in un solo caso ritenuto adeguata ( Cass. 1842/2011), ma che è stata successivamente disattesa dalla medesima Corte, avendo costei preso espressa posizione contraria ritenendo non condivisibile il criterio seguito in quell’unico precedente, non perché si verrebbe in tal modo a introdurre un criterio di tipo equitativo non consentito.
Per ulteriori approfondimenti si rinvia ai seguenti contributi pubblicati in Rivista:
SOCIETA’: LA FUSIONE SOCIETARIA NON È CAUSA DI INTERRUZIONE DEL PROCESSO
La successione tra enti pubblici comporta, a carico di tutti i funzionari, il dovere istituzionale di assicurare la continuità dell’azione amministrativa
Sentenza | Consiglio di Stato, sezione terza | 12.09.2013 | n.4518
ESECUZIONE FORZATA: SUCCESSIONE NELLA LEGITTIMAZIONE ATTIVA NEL PROCESSO ESECUTIVO
La fusione per incorporazione è una vicenda meramente evolutiva – modificativa dello stesso soggetto giuridico
Ordinanza | Tribunale di Napoli Giudice dell’Esecuzione dr. Carbone | 27.03.2013 |
INDEBITO: È ONERE DEL CORRENTISTA PRODURRE LA DOCUMENTAZIONE CONTRATTUALE E CONTABILE
Impossibile applicare il saldo zero in caso di un primo estratto conto a debito per il cliente
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