Nel valutare la legittimità della condotta di una società finanziaria che, in sede di estinzione anticipata dei contratti di credito ai consumatori, limiti la riduzione dei costi ai soli “recurring” (ovvero correlati ad attività destinate a svolgersi nel corso dell’intero rapporto) e non di tutti i costi, compresi quelli up-front o istantanei o comunque non dipendenti dalla durata del prestito, alla stregua dell’adeguamento ai principi della sentenza “Lexitor” (sentenza della Corte di Giustizia UE C-383 dell’11.09.2019), occorre considerare che:
- va esclusa l’efficacia retroattiva della pronuncia in questione per il periodo dal 4.9.2010 – data di pubblicazione sulla G.U. del D.Lgs. n. 141/2010 – sino al 4.12.2019 (data alla quale risalgono le nuove Linee orientative dell’Organo di Vigilanza), dovendo ritenersi legittimo il comportamento degli Intermediari che si siano adeguati alle Istruzioni di Banca di Italia tempo per tempo vigenti, anche in relazione all’obiettiva inesigibilità di condotte difformi;
- va parimenti esclusa l’efficacia diretta orizzontale del provvedimento de quo (rectius, della Direttiva 2008/48/CE “oggetto di interpretazione”), secondo l’orientamento di buona parte della giurisprudenza (cfr. Tribunale di Napoli, sentenza del 22 novembre 2019 n. 10489; Tribunale di Monza, sentenza del 22 novembre 2019 n. 2573; Tribunale di Napoli, sentenza del 10 marzo 2020 n. 2391).
Così il Tribunale di Torino, in persona del dott. Edoardo Di Capua, con ordinanza del 29 giugno 2020, ha respinto l’azione inibitoria ex artt. 37 e 140 del Codice del Consumo, promossa da un’Associazione dei Consumatori contro una società finanziaria.
Nel dettaglio, la ricorrente aveva introdotto il procedimento onde censurare la condotta dell’intermediario (asseritamente) lesiva degli interessi individuali e collettivi dei consumatori alla trasparenza, correttezza ed equità, nonché denunziando la pratica commerciale scorretta in relazione alla predisposizione, diffusione ed utilizzo di clausole limitative della riduzione del costo del credito in proporzione alla durata residua del contratto ad alcune componenti dei costi e delle commissioni, in occasione dell’estinzione anticipata del finanziamento.
La questione, ben nota ai lettori di questa Rivista, afferisce alla tradizionale distinzione tra costi “up-front” e “recurring” ai fini della predisposizione del conteggio di estinzione anticipata: i primi, definiti anche “istantanei” o comunque non dipendenti dalla durata del prestito, da sempre ritenuti non soggetti a riduzione, in quanto remunerativi di attività già esaurite nella fase prodromica al raggiungimento dell’accordo negoziale, i secondi, correlati ad attività destinate a svolgersi nel corso dell’intero rapporto, da rimborsarsi al consumatore pro quota in proporzione al lasso temporale non “goduto”.
A fondamento delle predette domande cautelari, la parte ricorrente aveva però dedotto, in estrema sintesi – quale elemento di “novità” – che le clausole che escludono la riduzione dei costi “up-front” sarebbero illegittime per contrarietà all’art. 125-sexies T.U.B e all’art. 16 par. 1 della Direttiva 2008/48, come interpretata dalla Corte di Giustizia con la sentenza “Lexitor”.
Dei principi “Lexitor” si è ampiamente discusso sulle pagine web della Rivista, avversando quella tesi che vorrebbe sancirne la diretta applicabilità al contenzioso “orizzontale” (Banca-Cliente).
Sul punto si rinvia al contributo del 18 ottobre 2019 ed alla successiva giurisprudenza di merito, direttamente richiamata dal giudice nella decisione oggi in commento.
Sta di fatto che l’associazione consumeristica aveva fatto perno su due “orientamenti” successivi alla pronuncia della CGUE:
- quello della Banca d’Italia che, con le Linee orientative del 4 dicembre 2019 ha invitato gli intermediari a favorire l’allineamento agli orientamenti espressi dalla “Sentenza Lexitor”, dettando i “criteri di rimborso ai consumatori dei costi inclusi nel costo totale del credito”;
- quello del Collegio di Coordinamento dell’ABF che, con la nota decisione nota decisione dell’11 dicembre 2019 n. 2625, ha chiarito (mutando orientamento) che «a seguito della sentenza 11 settembre 2019 della Corte di Giustizia Europea, immediatamente applicabile anche ai ricorsi non ancora decisi, l’art.125 sexies TUB deve essere interpretato nel senso che, in caso di estinzione anticipata del finanziamento, il consumatore ha diritto alla riduzione di tutte le componenti del costo totale del credito, compresi i costi up front».
Trattandosi di procedimento speciale di “inibitoria”, il Tribunale ha dovuto principalmente valutare – oltre al “merito” dell’interpretazione “Lexitor” – la condotta dell’intermediario nella gestione complessiva dei rapporti contrattuali con i consumatori, alla luce delle emergenze normative e giurisprudenziali.
Ebbene, il giudice torinese ha ricostruito tale aspetto notando che:
- la finanziaria aveva ben recepito le Linee orientative della Banca d’Italia del 4 dicembre 2019, le quali – lungi dall’invitare gli intermediari a rimborsare “tutti i costi” anche per i rapporti già stipulati o addirittura già estinti – distinguono due ipotesi:
- la prima, avente ad oggetto i “nuovi contratti di credito ai consumatori (inclusi quelli di finanziamento contro cessione del quinto dello stipendio o della pensione)”, per i quali le società finanziatrici devono assicurare “in caso di rimborso anticipato […] la riduzione del costo totale del credito includendo tutti i costi a carico del consumatore, escluse le imposte” ed, a tal fine, devono possibilmente includere detti costi nel Tasso Annuo Nominale, per favorire la trasparenza in sede di informativa precontrattuale;
- la seconda, riguardante i casi di estinzione anticipata di un finanziamento già in essere, nel qual caso “gli intermediari sono chiamati a determinare la riduzione del costo totale del credito includendo tutti i costi a carico del consumatore, escluse le imposte” ma rispetto ai quali Bankitalia rimette al “prudente apprezzamento” di questi ultimi “la determinazione del criterio di rimborso […] (lineare oppure costo ammortizzato)”, ferma restando “la facoltà per gli intermediari di ridefinire conseguentemente gli accordi con le reti distributive”;
- in particolare, l’intermediario aveva deliberato di accordare a tutti i clienti che esercitino (o abbiano esercitato) il diritto al rimborso anticipato del finanziamento dopo il 4 dicembre 2019, la previsione di rimborso del “costo totale del credito”, ovvero di tutti gli oneri applicati alla clientela, a prescindere dalla loro natura “up front” o “recurring”, escluse le imposte, con il metodo di calcolo proporzionale adottato per il rimborso degli interessi (fermo restando quanto previsto dal contratto di finanziamento nel caso di previsioni più favorevoli per il cliente)”.
- la finanziaria aveva poi regolarmente comunicato la propria deliberazione sia alla Banca d’Italia, sia alla Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato; approntando i format dei nuovi contratti e della documentazione informativa cd. “SECCI” o “Informazioni europee di base relative al credito ai consumatori”;
- la società aveva inoltre comunicato a tutti i settori e le aree della propria struttura, nonché alle proprie agenzie e filiali di adeguarsi alle nuove delibere, pubblicando altresì sul proprio sito web le nuove modalità di rimborso anticipato, adeguando le informazioni precontrattuali.
Dunque, nulla quaestio: secondo il Tribunale di Torino la condotta dell’intermediario non poteva in alcun modo essere ritenuta censurabile.
Da tale notazione discende una prima indicazione di principio: al di là del protocollo di adeguamento alle nuove Linee Guida di Bankitalia, ritenuto conforme nel singolo caso di specie alle indicazioni di Vigilanza, queste ultime vanno interpretate inequivocabilmente nel senso che:
- l’allineamento ai principi “Lexitor” vale “pro futuro” e non ha portata retroattiva;
- è legittima e conforme ai principi “Lexitor” una riduzione dei costi pattuiti come “up-front” che tenga conto, non già di modalità di rimborso lineari (pro rata temporis), ma di diverse modalità di ammortamento, anche se più sfavorevoli al consumatore.
In merito alla irretroattività del dictum dei Giudici di Lussemburgo, il giudice ha rimarcato un importante aspetto: l’inesigibilità di condotte difformi dalle precedenti direttive di Bankitalia.
Se, infatti, si rimettessero in discussione le condizioni di “estinzione” all’epoca conformi alle direttive di Vigilanza, si porrebbe la Banca in una condizione obiettivamente inesigibile: viceversa, l’osservanza delle istruzioni riportate nelle circolari della Banca d’Italia in vigore durante lo svolgimento del rapporto di finanziamento comporta la legittimità dell’operato della banca in quanto porta a ritenere rispettato il principio della riserva di legge.
E nel caso di specie, anteriormente al 4 dicembre 2019, la Banca d’Italia era più volte intervenuta a disciplinare la materia, limitando il diritto al rimborso ai soli costi “recurring”, sia con le Disposizioni di Vigilanza del 29 luglio 2009 e s.m.i. (recanti “Trasparenza delle operazioni e dei servizi bancari e finanziari, correttezza delle relazioni tra intermediari e clienti”), sia con delibera n. 145 del marzo 2018 (Orientamenti di vigilanza in materia di Operazioni di finanziamento contro cessione del quinto dello stipendio o della pensione).
Pertanto è ineccepibile la condotta della società finanziaria che si sia adeguata sempre alle indicazioni del proprio organo di Vigilanza e, da ultimo alle citate Linee orientative del 4 dicembre 2019, in applicazione del principio tempus regit actum.
Ciò posto in relazione all’analisi del comportamento del singolo intermediario, il Tribunale si è poi focalizzato su un aspetto di più ampio respiro, entrando nel “merito” dell’impatto del caso “Lexitor” sul contenzioso nazionale.
Ebbene, sul punto ha osservato che “secondo l’orientamento di buona parte della giurisprudenza, la Sentenza Lexitor della Corte Europea non sembra suscettibile di efficacia diretta orizzontale, ossia quella che si spiega nei rapporti tra i singoli”.
A ben vedere, l’osservazione del giudice piemontese s’inscrive nel perimetro del ragionamento sulle “fonti”, posto che non è possibile scindere la portata vincolante della pronuncia della CGUE (per i giudici nazionali) dalla considerazione che trattasi di sentenza interpretativa che ha ad oggetto una fonte non direttamente applicabile dal giudice italiano.
La norma interpretata, infatti, è la Direttiva 2008/48 UE, la quale non ha natura “self-executing”, da cui deriverebbe l’obbligo in capo al giudice di merito di disapplicare la normativa interna in contrasto con la fonte sovranazionale, decidendo il caso concreto “direttamente” in virtù delle disposizioni comunitarie.
Per supportare la tesi dell’inefficacia orizzontale dei principi “Lexitor”, l’ordinanza oggi in commento ha richiamato il percorso giurisprudenziale di merito già oggetto di approfondimento su questa Rivista (si rinvia per brevità alla consultazione dei relativi contributi).
In particolare, il Tribunale di Napoli, con sentenza del 22 novembre 2019 n. 10489 aveva affermato che: «In tema di diritto del consumatore al rimborso pro quota degli oneri di un finanziamento estinto anticipatamente, non è direttamente invocabile dal cliente, nei confronti della banca mutuante, la sentenza interpretativa dell’11 settembre 2019, con la quale la Corte di Giustizia Europea ha affermato che la riduzione del costo totale del credito, a cui ha diritto (ex art. 16 direttiva UE 2008/48, nonché ex art. 125 sexies TUB), include “tutti i costi posti a suo carico, compresi anche quelli il cui importo non dipende dalla durata del contratto di credito”.
Tale sentenza interpreta la Direttiva UE 2008/48, non l’art. 125, co. 2 TUB applicabile in questo caso, né l’art. 126 sexies TUB che è stato utilizzato per interpretare l’art. 125.2; [nel caso di specie] non è stato dedotto che la direttiva UE 2008/48 sia self executing, e non ne è stata chiesta l’applicazione diretta, e del resto non risulta che lo fosse, tanto che è stato necessario l’intervento interpretativo della Corte di Giustizia; in ogni caso, salvo eccezioni che in questo caso non risultano ricorrere, una Direttiva non può essere immediatamente applicabile nei rapporti tra privati.
Si può affermare che, alla luce della citata sentenza, la Repubblica Italiana abbia non correttamente trasposto nel diritto nazionale la Direttiva 2008/48 UE, ma tale situazione può dar luogo ad una responsabilità dello Stato italiano per erronea trasposizione della Direttiva, che comunque non sarebbe direttamente applicabile nei rapporti tra privati.
Quindi, la sentenza dell’11 settembre 2019 della Corte di Giustizia UE non sposta i termini della presente decisione».
Il Tribunale di Monza, con sentenza del 22 novembre 2019 n. 2573, si era invece espresso nei seguenti termini:
«In tema di diritto del consumatore al rimborso pro quota degli oneri di un finanziamento estinto anticipatamente, la disciplina applicabile dal giudice italiano è unicamente quella nazionale, non potendosi riconoscere alla Direttiva 2008/48 UE la natura di direttiva self-executing – da cui deriverebbe l’obbligo in capo al giudice di merito di disapplicare, anche in assenza di un provvedimento di recepimento da parte dello Stato membro, la normativa interna in contrasto con la fonte sovranazionale, per l’effetto decidendo il caso concreto in virtù delle disposizioni comunitarie. La natura self-executing della direttiva può esser esclusa in ragione dei numerosi dubbi interpretativi che hanno costretto i giudici di merito di svariati Stati comunitari a rivolgersi alla Corte di Giustizia UE per definire una linea ermeneutica univoca (CGUE, Prima sezione, sentenza 11 settembre 2019, c.d. caso “Lexitor”). Ne deriva che non viene in rilievo la portata della nota sentenza interpretativa “Lexitor”, non attenendo (la norma interpretata) ad una fonte direttamente applicabile nei rapporti interprivatistici».
Infine, ancora il Tribunale di Napoli, con recentissima sentenza del 10 marzo 2020 n. 2391 aveva confermato che: «In tema di rimborso degli oneri dovuto al consumatore in conseguenza dell’estinzione anticipata di un finanziamento, non pare applicabile la sentenza dell’11-09-2019 C-383 della Corte di giustizia UE (“caso Lexitor”) che ha interpretato l’art. 16 della Direttiva UE n. 48/2008 in contrasto con il testo dell’art. 125-sexies TUB. In effetti la citata Direttiva europea non pare self-executing e non può trovare diretta applicazione nei rapporti interprivatistici nel nostro ordinamento. Deve perciò, in via generale, ancora ritenersi che, in riferimento alle spese accessorie ad un contratto di finanziamento, appare opportuno distinguere tra la remunerazione di servizi temporalmente collocabili nella fase preliminare e/o formativa del regolamento negoziale, c.dd. up-front, e remunerazione di attività destinate a trovare svolgimento nella fase esecutiva, cc.dd. recurring».
Così respingendo le tesi dell’associazione ricorrente, tanto in punto di fumus boni juris quanto in punto di periculum in mora (assorbito dal tempestivo adeguamento da parte della finanziaria), il Tribunale ha rigettato il ricorso, con conseguente condanna alle spese.
Per ogni approfondimento, si rinvia ai contributi già riportati nel corpo dell’articolo, con i relativi link.
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