Provvedimento segnalato dall’Avv. Fulvio Graziotto del Foro di Imperia
Nelle obbligazioni risarcitorie, il creditore deve essere risarcito, mediante la corresponsione degli interessi compensativi, del danno che si presume essergli derivato dall’impossibilità di disporre tempestivamente della somma dovuta e di impiegarla in maniera remunerativa. Ne deriva che la liquidazione del danno da ritardato adempimento, ove il debitore abbia pagato un acconto prima della quantificazione definitiva, deve avvenire: a) devalutando l’acconto ed il credito alla data dell’illecito; b) detraendo l’acconto dal credito; c) calcolando gli interessi compensativi mediante l’individuazione di un saggio scelto in via equitativa, da applicare prima sull’intero capitale, rivalutato anno per anno, per il periodo intercorso dalla data dell’illecito al pagamento dell’acconto, e poi sulla somma che residua dopo la detrazione dell’acconto, rivalutata annualmente, per il periodo che va da quel pagamento fino alla liquidazione definitiva. In ogni caso, resta fermo il principio secondo il quale la somma da pagare eventualmente in restituzione a seguito del nuovo conteggio, dovrà essere maggiorata dei soli interessi dalla data dei pagamenti ricevuti.
Questo il principio espresso dalla Corte di Cassazione, III sez. civ., Pres. Amendola – Rel. Di Florio, con l’ordinanza n. 21764 del 28.08.2019.
Una cliente ha proposto ricorso per Cassazione, per chiedere l’annullamento della sentenza della Corte d’Appello di Roma che, riformando parzialmente la pronuncia del Tribunale e riquantificando, anche in considerazione degli ulteriori acconti ricevuti, la somma a lei spettante a titolo di risarcimento per i gravi danni alla persona subiti, in conseguenza del sinistro stradale del quale era stata riconosciuta l’esclusiva responsabilità di un mezzo del Ministero della difesa – l’aveva condannata a restituire alla compagnia convenuta la somma percepita in eccedenza.
Hanno resistito con controricorso la compagnia assicurativa e il Ministero.
I primi due motivi del ricorso, riguardanti il danno estetico non riconosciuto dalla Corte territoriale, sono stati dichiarati inammissibili. Fondato, invece, il terzo motivo di ricorso, col quale le cliente ha dedotto l’erroneità del calcolo formulato dai giudici d’appello che nella detrazione degli acconti avevano impropriamente computato gli interessi e la rivalutazione.
La Suprema Corte, richiamando i principi già precedentemente espressi (Cass. 6619/2018; Cass. 25817/2017; Cass. 21699/2011), ha ribadito le modalità di calcolo degli interessi compensativi nel caso di pagamenti in acconto prima della quantificazione definitiva. Del resto, lo stesso art. 1223 c.c. afferma che “il risarcimento del danno per l’inadempimento o per il ritardo deve comprendere così la perdita subita dal creditore come il mancato guadagno, in quanto ne siano conseguenza immediata e diretta”. La Cassazione ha precisato altresì che, nel caso di eventuale somma dovuta in restituzione a seguito della quantificazione definitiva, è soggetta ai soli interessi dalla data dei pagamenti ricevuti.
Nel caso in esame, la Corte territoriale ha errato nella formulazione del successivo conteggio. Infatti i due acconti corrisposti, pur essendo stati correttamente devalutati alla data del sinistro, sono stati poi impropriamente corredati da interessi e rivalutazione fino alla data della sentenza di primo grado: in tal modo, dette somme sono state incrementate dagli accessori per un periodo durante il quale non erano state affatto godute dal danneggiato, con un calcolo che ha contraddetto il criterio di “omogeneità” sopra enunciato.
Per questo motivo, la Suprema Corte ha cassato la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e ha rinviato alla Corte d’Appello di Roma per il riesame della controversia e per la decisione in ordine alle spese del giudizio di legittimità.
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