Provvedimento segnalato dall’Avv. Giovanni Ferrini del Foro di Verona
La legittimazione a far valere la nullità contemplata dall’art. 23 d.lgs.58/1998 è sì da questa disposizione normativa riservata ad una sola parte, ma quanto alla disciplina di tale invalidità, va fatta applicazione delle regole stabilite per la nullità del contratto in generale. Il carattere “relativo” della nullità o, meglio, la limitazione della legittimazione a far valere una tale nullità unicamente al cliente non toglie – come già innanzi ad altri fini rilevato – che la nullità prevista dall’art. 23 del decreto legislativo del 1998 debba trovare la sua disciplina nelle regole sulla nullità del contratto in generale; in particolare…dalla legittimazione esclusiva a far valere l’invalidità di una parte non può desumersi che a questa sia data facoltà di selezionare le conseguenze di quella nullità, prescegliendone soltanto alcune ed escludendone altre, a suo arbitrio.
La banca convenuta, per il caso di accoglimento della domanda di nullità formulata dalla parte attrice, ha altresì svolto domanda riconvenzionale diretta ad accertare “l’esatto dare-avere tra le parti tenendo conto di tutte le conseguenze del predetto accertamento di nullità o di risoluzione con riferimento a tutte le operazioni in titoli relative al deposito per cui è causa, disponendo l’eventuale compensazione”, con ciò mirando a far discendere la conseguenze della accertata nullità del contratto di intermediazione anche alle altre operazioni poste in essere durante l’intero rapporto.
Né può ravvisarsi un ampliamento della domanda di nullità formulata dall’attrice, in quanto tale domanda non può che avere ad oggetto il contratto, sic et simpliciter, nel mentre la richiesta della banca si situa sempre al’interno di quella richiesta di nullità, limitandosi a trarre, per così dire, le dirette conseguenze.
IL COMMENTO
Il Tribunale di Vicenza ha depositato il 28.6 2011 sentenza n. 922, che ha fatto seguito ad altra pronuncia non definitiva del medesimo Tribunale n. 1457/09.
La vicenda trae origine dalla contestazione di investimenti in Bond Argentina impugnati per mancanza dell’accordo quadro. L’istituto convenuto ha peraltro svolto domanda riconvenzionale diretta ad inficiare tutte le operazioni d’investimento che si basavano sul predetto accordo quadro impugnato dagli attori.
Il Tribunale di Vicenza, con la sentenza non definitiva del 22-28 settembre 2009 n. 1457/09 (Pres. Marcello Colasanto – Est. Guido Santoro), ha stabilito il principio che la nullità dell’accordo quadro, in quanto relativa, può essere sollevata solo dall’investitore che resta quindi unico legittimato a farla valere, però, una volta che è stata sollevata, le conseguenze sono quelle di una nullità a tutti gli effetti.
In applicazione di tale principio il Tribunale ha ritenuto fondata la domanda riconvenzionale formulata dalla banca convenuta e, quindi, ha disposto una CTU diretta “sterilizzare,” sotto il profilo economico, tutte le operazioni d’investimento operate sulla base dell’accordo quadro affetto da nullità; il risultato della ctu ha individuato un “credito” della Banca di circa € 133.000,00 che gli attori sono stati condannati a pagare oltre agli interessi legali (tale epilogo è dovuto al fatto che complessivamente gli altri investimenti eseguiti dagli attori avevano prodotto agli stessi cospicui guadagni).
Quindi ed in sintesi, da una contestazione di investimenti in bond Argentina per un ammontare di oltre € 400.000,00, gli attori sono stati condannati a riconoscere alla Banca una somma di oltre € 133.000,00.
I profili di maggior interesse delle pronunce sopra indicati sono i seguenti:
L’invocazione della nullità dell’accordo quadro, da parte dell’investitore, comporta la caducazione, in ipotesi di specifica domanda da parte dell’intermediario, di tutte le operazioni d’investimento che si basano sul medesimo accordo affetto da nullità.
La peculiarità della nullità relativa riguarda solamente il profilo della legittimazione a farla valere, che fa capo solo all’investitore, ma non incide sulle conseguenze che restano quelle di una vera e propria nullità.
Qualora l’investitore abbia contestato un’operazione d’investimento, adducendo la nullità dell’accordo quadro, si espone alla domanda riconvenzionale dell’intermediario che può chiedere la caducazione di tutti gli investimenti (quindi anche di quelli che hanno determinato risultati positivi per l’investitore) eseguiti in forza del medesimo contratto quadro; conseguentemente, operati i conti del dare ed avere “sterilizzando” gli effetti economici di tutte le operazioni, l’investitore può essere condannato al pagamento della differenza che risultasse a favore dell’intermediario.
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