ISSN 2385-1376
Testo massima
Palazzo di Giustizia di Napoli, 21 settembre 2013
Dopo un anno dall’introduzione dell’ormai noto concordato preventivo in bianco, abbiamo intervistato Lucio Di Nosse, Presidente della Sezione Fallimentare del Tribunale di Napoli e membro del Consiglio di presidenza della Giustizia Tributaria, già Presidente della Sezione fallimentare del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, magistrato apprezzato per la Sua correttezza e per l’eccellente preparazione.
Il Presidente Di Nosse, dopo un anno dall’entrata in vigore del cosiddetto concordato preventivo in bianco, ci ha illustrato, con dovizia di particolari, i motivi principali per cui questo strumento si è rivelato privo di efficacia e, nella versione applicabile ratione temporis, non è stato in grado di fronteggiare la crisi economica che attanaglia l’economia italiana.
Abbiamo cercato di mettere a fuoco le criticità della riforma ponendo alcune domande direttamente a chi quotidianamente si trova in “trincea“.
Il concordato preventivo è stato, fino a questo momento, uno strumento adatto al superamento della crisi d’impresa?
La riforma della Legge Fallimentare, iniziata nel 2005 ed ancora in itinere, aveva tra i suoi scopi principali quello di scongiurare la disgregazione dell’impresa in crisi, che inevitabilmente conseguiva alla dichiarazione di fallimento, e di rivalutare invece la composizione negoziale della crisi d’impresa; il legislatore della riforma ha conferito grande rilievo alla procedura di Concordato Preventivo ed ha riposto grande fiducia in esso, ritenendolo un valido strumento di conservazione delle attività e delle potenzialità dell’impresa in crisi.
Purtroppo i risultati sono stati molto deludenti, come è dimostrato dall’esiguo numero di domande nei primi anni successivi alla riforma e poi, con l’introduzione del concordato preventivo in bianco, dall’esito negativo della quasi totalità delle numerose domande presentate nel nostro Tribunale nell’ultimo anno.
Qual è la percentuale di ricorsi depositati che sono arrivati all’omologazione? quali tra quelli che sono stati omologati si sono conclusi con esito positivo?
La percentuale di ricorsi giunti all’omologazione è praticamente nulla nell’ultimo anno; un solo concordato preventivo è in attesa di omologazione mentre per un altro omologato è in corso il giudizio di annullamento.
Il nuovo articolo 161 sesto comma della Legge Fallimentare opera una distinzione tra momento della presentazione del ricorso (domanda di ammissione) e momento di presentazione della proposta e del piano, operando una separazione tra l’aspetto più tipicamente giurisdizionale della procedura di ammissione ed aspetto negoziale. Quali i principali problemi riscontrati in generale sotto l’aspetto cosiddetto formale (omessa sottoscrizione da parte del debitore mancata allegazione documenti) e sostanziale (mancato aggiornamento della contabilità percentuali irrisorie)?
Tra i principali problemi riscontrati presso il Tribunale di Napoli si evidenziano sotto il profilo formale:
a) inammissibilità dei concordati preventivi in bianco presentati prima dell’11.9.2012 (data di entrata in vigore della novella);
b) mancanza della firma del proponente debitore, richiesta espressamente dall’art. 161 L.F. oppure dell’avvocato, il cui patrocinio è necessario davanti al tribunale, e se vi è anche del terzo e garante, che intendano assumere impegni specifici;
c) mancanza della delibera dell’organo amministrativo nell’ipotesi prevista dell’art.161, comma 6, il quale dispone che l’imprenditore può depositare il ricorso contenente la domanda di concordato unitamente ai bilanci, ed ora anche all’elenco dei creditori; dopo (soltanto) la proposta, il piano, e la documentazione di cui ai commi 2 e 3 ; questi ultimi indicano altri atti.
La domanda è disciplinata dal comma quarto, non richiamato dal comma sesto, e prevede il rispetto dell’art.152 L.F.
Dunque la domanda deve essere da subito rituale, completa ed autorizzata dall’organo amministrativo (società di capitali) o dall’assemblea dei soci (società di persone).
Né vale obiettare, come è stato fatto, che l’organo amministrativo dovrebbe deliberare ‘al buio’, senza conoscere proposta e piano; innanzitutto il consiglio di amministrazione già ha idea di cosa fare (concordato preventivo con continuità, cessione, garanzie), e nulla vieta che nell’autorizzare la domanda si diano anche indicazioni sul contenuto della futura proposta e del piano futuro;
accedendo alla tesi contraria, se dopo la presentazione della domanda il consiglio di amministrazione dovesse ritenere di non autorizzare alcuna proposta ed il piano, si sarebbero verificati medio tempore effetti giuridici rilevantissimi sulla base di una mera e semplice domanda presentata da un soggetto non legittimato a ciò; con l’aggravante della non riproponibilità nel biennio (comma nono) della domanda di concordato preventivo in bianco.
Sotto il profilo sostanziale:
a) mancanza di una contabilità regolare, omessa redazione e deposito (per le società di capitali) dei bilanci dell’ultimo triennio, mancanza di una valida attestazione di fattibilità del piano, perché implicita e non espressamente attestata, oppure attestata in termini meramente formali, sulla base dei soli dati di bilancio e quindi in assenza di una verifica effettiva sulla reale situazione economica dell’impresa, ovvero espressa in termini dubitativi, aleatori e rimessi ad eventi futuri ed incerti; in rari casi sono state offerte percentuali molto basse per i creditori chirografari che nel corso della procedura si sono rivelate irraggiungibili e che pertanto nessun soddisfacimento sarebbe stato possibile per il ceto chirografario.
Qual è la media delle percentuali di soddisfazione offerte dagli imprenditori contenute nelle proposte di concordato?
Le percentuali offerte oscillano tra un minimo che varia tra il 5-7% fino al 60-70% per i chirografari.
Quali sono le maggiori criticità nella gestione di un compito così delicato?
E’ difficile far convergere verso lo stesso risultato le istanze del debitore, le pretese dei creditori ed il corretto svolgimento della procedura da parte del commissario giudiziale e degli organi giudiziali.
Il concordato, introdotto con il dl n. 179 del 2012 e convertito in legge 121/12 in bianco nella sua odierna strutturazione è stato in grado di evitare la dichiarazione di fallimento e favorire la crisi di impresa?
Il concordato preventivo in bianco non è stato assolutamente in grado di evitare il fallimento, bensì soltanto di ritardarlo nel tempo; infatti nella maggior parte dei casi è stato adoperato come utile strumento per ottenere un rinvio ‘ex lege’ della decisione sui ricorsi di fallimento ovvero per bloccare le esecuzioni individuali.
Dopo la sua introduzione quante domande sono state proposte? E con quale esito?
Dal settembre 2012 sono state presentate quasi tutte domande di concordato preventivo in bianco (eccetto 2); fino ad oggi 92 domande, con un incremento di circa il 600% rispetto al passato; quelle nel periodo settembre – dicembre 2012 sono state 19, per 3 delle quali soltanto sono stati depositati piano e proposta; 1 accordo di ristrutturazione; da gennaio 2013 ad oggi 73 domande di concordato preventivo in bianco ed 1 accordo di ristrutturazione omologato, ed altri 2 in attesa di omologazione; dei ricorsi di preconcordato dell’ultimo anno già 38 sono stati dichiarati inammissibili e per gli altri pendono i termini concessi per il deposito della proposta e del piano
Con il decreto legge 21.giugno 2013 n.69 sono state introdotte varie modifiche restrittive al concordato in bianco ed è stato sollecitato, da più parti, un intervento più incisivo sul concordato preventivo che possa prevedere l’approvazione all’assenso di percentuali fisse per i creditori chirografari.
In tale ottica ritiene che tale possibile modifica possa essere un limite minimo di sbarramento utile al fine di evitare l’abuso di diritto di tale strumento?
La previsione di una percentuale minima di soddisfacimento per i creditori chirografari può costituire senz’altro un deterrente per l’abuso dello strumento concordatario; tale abuso tuttavia non verrebbe del tutto eliminato perché con opportuni accorgimenti contabili o con previsioni di futuri incrementi finanziari sarebbe comunque possibile prospettare ai creditori una percentuale congrua, benché vi sia già ab origine la certezza che essa non potrà mai essere rispettata.
Quale suggerimento può fornire a chi deve predisporre una domanda di concordato, tra cui l’imprenditore, asseveratore e professionista legale?
All’imprenditore di non abusare del concordato preventivo e quindi di non proporre domande prive di qualunque possibilità di accoglimento e di successo, anche perché questo strumento ha dei costi non indifferenti e non è affatto un mezzo conveniente per procrastinare nel tempo la dichiarazione di fallimento;
all’asseveratore di essere chiaro, preciso ed esaustivo, senza tentennamenti; evitare assolutamente di redigere attestazioni poco chiare, che lascino adito al dubbio ed all’incertezza, o peggio ancora meramente formalistiche, perché non potranno essere ritenute idonee e legittime; ai professionisti di esporre preventivamente all’imprenditore gli aspetti positivi ma anche quelli negativi che comporta l’accesso al concordato preventivo e soprattutto di non elaborare proposte e piani che siano palesemente ‘non fattibili’ o troppo audaci sia sotto il profilo economico che giuridico;
infine un invito a tutti coloro che si occupano di procedure concordatarie, in dottrina e giurisprudenza, affinché si possa pervenire a conclusioni positive e condivise che, nel rispetto della legge, possano realmente consentire il superamento della crisi d’impresa, attraverso lo strumento negoziale concordatario; e quindi consentire alle parti del rapporto giuridico di trovare direttamente una soluzione concordata , ossia consentire al debitore di formulare una proposta seria ed attendibile ed ai creditori di esaminarla decidere attraverso il voto se accettarla o meno, senza che in tale contesto, previa verifica giudiziale dell’ammissibilità della domanda, si frappongano ostacoli che addirittura nella quasi totalità dei casi impediscano ai creditori l’esame della convenienza della proposta.
Avv. Maria Luigia Ienco
Testo del provvedimento
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