In tema di difesa tecnica del fallimento, ai sensi dell’art. 31, LF, il curatore della procedura, nelle liti attive e in quelle passive, non può assumere il ruolo di difensore, o anche quello di mero assistente, a pena di nullità di tutti gli atti posti in essere in tale veste, atteso che tra i due ruoli vi è previsione d’incompatibilità.
Questo il principio espresso dalla Corte di Cassazione, I sez. civ., Pres. Genovese. – Rel. Solaini, con l’ordinanza n. 29313 del 22 dicembre 2020.
Secondo l’art. 31, comma 3 L.F., “Il curatore non può assumere la veste di avvocato nei giudizi che riguardano il fallimento” e secondo la giurisprudenza, la questione della “legitimatio ad causam” attiva e passiva, che consiste nella titolarità del potere di promuovere o subire un giudizio in ordine al rapporto sostanziale dedotto secondo la prospettazione della parte, è una questione rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del procedimento, sebbene tale questione, in effetti, nella presente vicenda non sia stata rilevata dalla Corte d’appello di Roma.
La giurisprudenza ha, tuttavia, in più occasioni sancito l’incompatibilità del curatore fallimentare a prestare assistenza tecnica nei giudizi che riguardano il fallimento, per difetto di legittimazione processuale, e ciò, per evitare il pericolo che il tornaconto professionale venga anteposto al vantaggio ricavabile dalla procedura collettiva, con conseguente nullità degli atti compiuti in spregio di tale divieto. Infatti, se la giurisprudenza ha condivisibilmente escluso, per manifesta infondatezza, l’eccezione di illegittimità costituzionale dell’art. 31 legge fall. per eccesso di delega, con riferimento al potere del curatore di nominare autonomamente un difensore, in quanto tale norma non esorbita dai limiti di essa, risultando coerente con i principi della legge delega e rispondendo al criterio di speditezza della procedura, che rappresenta l’obiettivo preminente del legislatore delegante, essa ha sostanzialmente confermato che quel potere esclude una gestione in proprio, venendosi altrimenti a cumulare e sovrapporsi interessi da tenere distinti e separati, pena l’opacizzarsi del suo esercizio.
Non a caso è stato escluso altresì la facoltà della mera assistenza in giudizio per l’incompatibilità del curatore fallimentare a prestare assistenza tecnica nei giudizi che riguardano il fallimento, come stabilita dall’art. 31, terzo comma, della legge fall., che deve intendersi riferita, per i giudizi tributari, non solo ai soggetti che rivestano la qualifica d’avvocato (o procuratore), ma anche agli appartenenti alle altre categorie professionali (dottore commercialista, ragioniere, perito commerciale, etc.) abilitate, a norma dell’art. 12 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, a prestare assistenza tecnica in quei giudizi.
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