Il notaio è responsabile per i danni che taluno subisce a causa della discordanza tra l’identità effettiva e quella attestata in una procura a vendere un immobile, conferita a terzi con superficialità. Il professionista non deve necessariamente conoscere di persona le parti, ma può procedere attraverso le regole di diligenza, prudenza e perizia professionale e sulla base di qualsiasi elemento astrattamente idoneo a formare tale convincimento, anche di natura presuntiva, purchè in quest’ultimo caso si tratti di presunzioni gravi, precise e concordanti.
Questo il principio espresso dalla terza sezione civile della Cassazione, Pres. Armano – Rel. Guizzi, con l’ordinanza n. 7746 dell’8 aprile 2020.
Nella vicenda si era verificata una truffa, in quanto la donna che si spacciava per venditrice attraverso l’esibizione della procura speciale, aveva finito per ingannare il compratore facendosi consegnare in prima istanza la caparra confirmatoria. Di qui, la denuncia per truffa, sporta dall’acquirente, che tuttavia veniva archiviata per essere rimasti ignoti l’autori dell’illecito penale ed il concomitante giudizio civile di risarcimento danni, introdotto davanti il Tribunale di Napoli, nei confronti del primo notaio nonché del sedicente procuratore speciale. Lamentava, in pratica, l’acquirente che il suddetto professionista aveva omesso di identificare, con la dovuta diligenza, la proprietaria dell’immobile oggetto di vendita. La domanda veniva respinta dal Tribunale con sentenza appellata dall’acquirente ma confermata dalla Corte di Appello partenopea, approdando infine in Cassazione su ricorso dello stesso, accolto dagli Ermellini.
In pratica, un soggetto di malaffare è riuscito ad ottenere una procura speciale rilasciata da persona falsamente spacciatasi quale proprietaria del bene compravenduto e poi a procedere all’atto pubblico di cessione. Negligenza del Notaio per non aver correttamente accertato l’identità della persona che ha rilasciato la procura a vendere? Lo accerterà il giudice di rinvio, incaricato dalla Cassazione a sciogliere la matassa di una vicenda che non è affatto infrequente in subjecta materia.
Una vicenda che offre l’occasione al Supremo Collegio di precisare le regole di responsabilità del notaio nell’esercizio della propria attività professionale, certamente di maggior rigore, anche per la sua valenza pubblicistica, nella individuazione del livello di diligenza richiesto al medesimo. Tali regole sono dettate dalla legge per garantire che l’atto notarile sia conforme alla volontà delle parti ed al diritto e per assicurare che i relativi effetti giuridici non siano pregiudicati da vincoli o da diritti di terzi (ipoteche, pignoramenti, servitù etc) di cui il Notaio non abbia avvisato le parti. In tale contesto, la diligenza del Notaio è parametrata sulla base di un criterio valutativo di speciale e rafforzato contenuto, tanto maggiore quanto più specialistica sia la prestazione richiesta (cfr. Cass. 2071/2013).
La Cassazione già nel lontano 1999 tracciava le linee direttrici della responsabilità professionale del notaio, in caso di atto pubblico di trasferimento immobiliare, invero ricordate nella sentenza in commento, ossia: la preventiva verifica della libertà e disponibilità del bene, le risultanze dei registri immobiliari per il tramite della loro consultazione, la informativa al cliente sui relativi esiti, l’opera di dissuasione del cliente dalla stipula dell’atto in caso di constatazione della presenza di iscrizioni o trascrizioni pregiudizievoli (in tal senso v. Cass.5146/1999, Cass. 14865/2013).
Sotto tale profilo, dunque, il Notaio, nell’adempimento delle obbligazioni inerenti all’esercizio della propria attività professionale, è tenuto ad una prestazione, che pur rivestendo i caratteri della obbligazione di mezzi e non di risultato, non può ritenersi circoscritta al compito di mero accertamento della volontà delle parti e di direzione nella compilazione dell’atto. E, ciò, in un contesto in cui i doveri di informarsi ed informare, in capo al Notaio trovano il loro fondamento nella funzione dinamica di garanzia costituita dalla sua figura, che conferisce legittimità all’atto pubblico.
Il ruolo di garanzia della conformità alla legge dell’atto, assunto dal notaio, sarebbe dimostrato dal fatto che l’accertamento della identità personale delle parti deve formare oggetto di un convincimento di certezza. In altro senso, il notaio deve rendersi conto se la persona comparsa davanti a lui è esattamente quella che dichiara essere e corrisponde a quella costituita nel documento stesso. Solo il nome e cognome costituiscono i dati fondamentali per la definizione della identità personale, tutti gli altri elementi sono complementari e secondari. Non possono essere considerati costitutivi dell’identità personale il domicilio o la residenza, per la mutevolezza che loro è propria. Al contrario, la certezza della identità delle parti può essere raggiunta dalla conoscenza pregressa che il notaio ha delle stesse sia da altri elementi, purché precisi, concordanti ed univoci, anche se acquisiti al momento dell’atto. Una carta di identità o un passaporto sarebbero sufficienti per escludere la responsabilità del notaio in assenza di altri elementi capaci di suggerire ulteriori verifiche, magari con il ricorso ai fidefacenti, ossia a persone dallo stesso conosciute che a loro volta conoscono quella persona. Il fidefacente è dunque un garante che sotto la sua personale responsabilità, penale e civile, attesta l’identità personale delle parti. In presenza, invece, di elementi di sospetto, il Notaio è responsabile qualora abbia omesso di porre in essere, all’occorrenza, tutte quelle cautele, verifiche e controlli in grado di fornire la certezza dell’identità personale delle parti. Insomma, “la diligenza impeditiva del Notaio rogante deve essere disancorata da una impostazione oggettiva a favore di una diligenza esigibile per il professionista. In sostanza il Notaio, nell’attestare la identità personale delle parti, deve trovarsi in uno stato soggettivo di certezza intorno tale identità, conseguibile, senza la necessaria pregressa conoscenza personale delle parti stesse, attraverso le regole di diligenza, prudenza e perizia professionale e sulla base di qualsiasi elemento astrattamente idoneo a formare tale convincimento, anche di natura presuntiva, purché, in quest’ultimo caso, si tratti di presunzioni gravi precise concordanti. (v. Tribunale di Roma XVII Sez. 07.01.2019 n.187 in Foro It. 2019, 6, I, 2019).
Alle suesposte conclusioni è pervenuta, come detto, la pronuncia della Cassazione in commento, chiarendo che “il Notaio deve essere certo dell’identità personale delle parti e può raggiungere tale certezza anche al momento della attestazione valutando tutti gli elementi atti a formare il suo convincimento. In caso contrario, il Notaio può avvalersi di due fidefacenti da lui conosciuti, che possono essere anche i testimoni”.
Nella fattispecie de qua, la Cassazione ha ritenuto che la dedotta responsabilità del notaio sia di natura contrattuale, ancorchè l’incarico professionale conferito allo stesso dalla falsa proprietaria/venditrice riguardasse la predisposizione di un negozio giuridico unilaterale, come la procura a vendere l’immobile a favore del sedicente procuratore, da qualificarsi come preparatorio del successivo contratto di compravendita. Con la conseguenza, precisano gli Ermellini, che il notaio, attestando la corrispondenza dell’identità dichiarata dalla comparente a quella (asseritamente) effettiva della proprietaria, ha posto in essere un comportamento fonte di obblighi ex artt. 1173 e 1375 cc, anche nei confronti del terzo (l’acquirente) destinato ad acquistare l’immobile dal soggetto rappresentato in forza di detta procura. Ricorrerebbero, dunque, nella specie, i presupposti (v. anche Cass. 19462/2018) per la applicazione dell’art. 1218 cc “oltre i confini propri del contratto.
Tirando le fila del discorso, va annotato che la Corte Regolatrice, nel caso che ci occupa, addebita alla Corte di Appello di Napoli non tanto il fatto che la stessa non abbia applicato i ricordati principi, allo stato sedimentati nella giurisprudenza, avendo affermato che non potesse bastare la circostanza dell’utilizzazione, da parte del Notaio, ai fini della identificazione della comparente, dei documenti di riconoscimento dalla stessa esibiti (ovvero carta di identità e tessera sanitaria).
In pratica, il giudice di appello, sebbene abbia ritenuto l’esibizione dei documenti di identità “ex se” inidonea a provare la diligenza del Notaio, l’ha valorizzata in chiave presuntiva.
Per ulteriori approfondimenti si rinvia ai seguenti contributi pubblicati in Rivista:
NOTAIO: SEMPRE RESPONSABILE IN CASO DI VENDITA SE UNO DEI PRECEDENTI DANTI CAUSA NON AVEVA MAI ACQUISTATO LA PROPRIETÀ
E’ TENUTO A COMPIERE ATTIVITÀ PRODROMICHE, ACCESSORIE E SUCCESSIVE NECESSARIE PER IL RISULTATO VOLUTO DALLE PARTI
Ordinanza | Corte di Cassazione, III sez. civ., Pres. Travaglino – Rel. Scarano | 29.08.2019 | n.21775
RESPONSABILITA’ NOTAIO: È TENUTO A FORNIRE INFORMAZIONI E CONSIGLI BASATI SULL’ESISTENTE STATO DEGLI ATTI
LA SUA DILIGENZA DEVE VALUTARSI EX ANTE E NON EX POST
Ordinanza | Corte di Cassazione, III sez. civ., Pres. Amendola – Rel. Fiecconi | 26.07.2019 | n.20297
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