ISSN 2385-1376
Testo massima
La Corte di Cassazione, con ordinanza n. 19357/12 del 08/11/2012, si è pronunciata in merito al rispetto, nella proposizione del ricorso, dell’elemento di cui all’art.366 cpc, n.3 (il ricorso deve contenere, a pena di inammissibilità: l’esposizione sommaria dei fatti della causa) dichiarandone l’inammissibilità per violazione di tale norma.
Nel caso di specie, avente ad oggetto la riforma della decisione del giudice di appello che aveva riconosciuto la natura di leasing traslativo e non di godimento al contratto concluso con la BETA SRL (avente ad oggetto un complesso immobiliare), i ricorrenti avevano entrambi articolato i propri ricorsi attraverso la pedissequa riproduzione degli scritti difensivi dei precedenti gradi di giudizio, depositando atti composti di oltre trecento fogli, di cui buona parte stampati in modalità fronte-retro ed alcuni privi di inserzioni, tra l’uno e l’altro, di testi di presentazione dello scritto processuale immediatamente successivo.
Sul punto, la Corte, richiamando quanto già precedentemente affermato dalle Sezioni Unite (Cass. Sez. Un., 11 aprile 2012, n. 5698), ha affermato che, in tema di ricorso per cassazione, ai fini del requisito di cui all’art.366 cpc, n 3, “la pedissequa riproduzione dell’intero, letterale contenuto degli atti processuali è – per un verso – del tutto superflua, non essendo affatto richiesto che si dia meticoloso conto di tutti i momenti nei quali la vicenda processuale si è articolata, mentre – per altro verso – è inidonea a soddisfare la necessità della sintetica esposizione dei fatti, in quanto equivale ad affidare alla Corte, dopo averla costretta a leggere tutto (anche quello di cui occorre sia informata), la scelta di quanto effettivamente rileva in ordine ai motivi di ricorso.”
Invero, nello stesso senso si erano già espresse le sezioni semplici della Corte di Cassazione (Cass., ord. 22 settembre 2009, n. 20395; Cass. 16 marzo 2011, n. 6279; Cass., ord. 23 novembre 2011, n. 24749; Cass. 9 febbraio 2012, n. 1905).
In conclusione e alla luce di detto principio la Cassazione ha dichiarato inammissibili il ricorso per inosservanza del disposto dell’art.366 cpc, n. 3, come interpretato univocamente dalla giurisprudenza, atteso che il ricorso deve limitarsi alla sintetica esposizione dei fatti di causa e giammai alla riproduzione delle precedenti difese mediante fotocopiatura degli atti difensivi in precedenza scritti.
Testo del provvedimento
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 3
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 11132/2011 proposto da:
R. SPA;
RICORRENTE
nonchè sul ricorso successivo, proposto da:
BANCA SPA;
RICORRENTE SUCCESSIVA
contro
C.U., BETA SPA;
CONTRORICORRENTI
avverso la sentenza n. 425/2011 della CORTE D’APPELLO di TORINO del 23.2.2011, depositata il 02/03/2011;
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. E stata depositata in cancelleria la seguente relazione ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ., regolarmente comunicata al pubblico ministero e notificata ai difensori delle parti, relativa al ricorso avverso la sentenza della corte di appello di Torino 23.3.11, n. 425:
“1. – La R. SPA ricorre, affidandosi a due motivi, per la cassazione della sentenza in epigrafe indicata, con cui – per quel che qui ancora rileva – è stata ridotta riconosciuta la qualificazione di leasing traslativo al contratto intercorso tra la sua dante causa BANCA spa e BETA SPA e C.U., avente ad oggetto un complesso immobiliare ad uso industriale, con conseguenti: esclusione del diritto della concedente ad ottenere il pagamento dei canoni impagati ed a trattenere quelli già riscossi; condanna della concedente alla restituzione di questi ultimi; declaratoria di inammissibilità della domanda di equo compenso e dell’eccezione di compensazione tra questo e le somme da restituire, come formulate dalla concedente, nonchè della domanda dell’utilizzatrice per gli interventi di manutenzione, miglioramento ed addizione.
2. – Anche la BANCA ricorre, con ricorso notificato alle stesse date del precedente ma preso in carico dai notificanti con numero successivo di cronologico e depositato presso questa corte in tempo immediatamente successivo, avverso la medesima sentenza, sviluppando un unitario motivo, in tutto analogo al primo dei motivi sviluppati dall’altra ricorrente.
3. – I due ricorsi, da riunirsi – ai sensi dell’art.335 cpc – perchè dispiegati contro la stessa sentenza, possono essere trattati in camera di consiglio – ai sensi degli artt.375, 376 e 380 bis cpc, essendo soggetto alla disciplina dell’art.360 bis cpc. (di cui alla L. 18 giugno 2009, n.69, art.47, comma 1, lett. a)) – per esservi dichiarati inammissibili, per quanto appresso indicato.
4. – La prima delle ricorrenti si duole: con un PRIMO motivo (a ventiquattro facciate a ritroso dalla fine del suo ricorso, rubricato “violazione e falsa applicazione dell’art.1526 cc, sì come ritenuto applicabile per analogia al contratto di leasing, in relazione alla L. Fall., art.67 quater”), dell’applicata distinzione tra leasing traslativo e di godimento, con conseguente esclusione, una volta inquadrata la fattispecie nel primo, del diritto a trattenere i corrispettivi già incassati e a percepire quelli per i periodi successivi all’inadempimento dell’utilizzatore, sostanzialmente ritenendo superata tale distinzione alla stregua della riforma della legge fallimentare; con un secondo motivo (a due facciate a ritroso dalla fine del primo ricorso, rubricato “violazione dell’art. 2560 cpv. cc in relazione alla condanna in solido di R. alla restituzione, ai sensi dell’art.1526 cc, in favore dell’ex utilizzatore delle somme da questi versate in costanza di contratto di leasing”), della propria condanna, in qualità di cessionaria, alla restituzione delle somme pagate dall’utilizzatore.
5. – La seconda delle ricorrenti si duole con unitario motivo (a ventidue facciate a ritroso dalla fine del suo ricorso successivo, rubricato “violazione e falsa applicazione dell’art.1526 cc, sì come ritenuto applicabile per analogia al contratto di leasing, in relazione alla L. Fall., art.67 quater”), dell’applicata distinzione tra leasing traslativo e di godimento, con conseguente esclusione, una volta inquadrata la fattispecie nel primo, del diritto a trattenere i corrispettivi già incassati e a percepire quelli per i periodi successivi all’inadempimento dell’utilizzatore, sostanzialmente ritenendo superata tale distinzione alla stregua della riforma della legge fallimentare.
6. – I controricorrenti BETA e C. U., con separati controricorsi, invocano la piena conformità della gravata sentenza alla giurisprudenza di legittimità in tema di distinzione tra leasing traslativo e di godimento e comunque contestano nel merito le tesi difensive delle controparti, quanto al secondo motivo del primo ricorso argomentando per la piena correttezza della soluzione della corte territoriale in punto di solidale condanna di quelle, siccome non fondata sul capoverso dell’art.2560 cc.
7. – I due ricorsi sono inammissibili perchè contengono una esposizione del fatto, necessaria ai sensi dell’art.366 cpc, n.3, articolata sulla pedissequa riproduzione degli atti dei gradi di merito, che si protrae, sui trecentoquarantaquattro fogli del primo ricorso e sui trecentoquarantadue del secondo (molti dei quali stampati in modalità fronte – retro e quindi su entrambe le facciate), per i primi trecentodiciannove di essi, con scarse inserzioni, tra l’uno e l’altro, di testi di presentazione dello scritto processuale immediatamente successivo.
8. – Ma le sezioni unite di questa Corte hanno stabilito che, in tema di ricorso per cassazione, ai fini del requisito di cui all’art.366 cpc, n.3, la pedissequa riproduzione dell’intero, letterale contenuto degli atti processuali è – per un verso – del tutto superflua, non essendo affatto richiesto che si dia meticoloso conto di tutti i momenti nei quali la vicenda processuale si è articolata, mentre – per altro verso – è inidonea a soddisfare la necessità della sintetica esposizione dei fatti, in quanto equivale ad affidare alla Corte, dopo averla costretta a leggere tutto (anche quello di cui occorre sia informata), la scelta di quanto effettivamente rileva in ordine ai motivi di ricorso (Cass. Sez. Un., 11 aprile 2012, n. 5698); in tal modo confermando una analoga tendenza interpretativa già invalsa presso le sezioni semplici (tra le molte: Cass., ord. 22 settembre 2009, n. 20395; Cass. 16 marzo 2011, n. 6279; Cass., ord. 23 novembre 2011, n. 24749; Cass. 9 febbraio 2012, n. 1905).
9. – Per come sono stati strutturati entrambi i ricorsi, essi – da riunirsi ai sensi dell’art. 335 cod. proc. civ. – sono quindi inammissibili per inosservanza del disposto dell’art. 366 cod. proc. civ., n. 3, come interpretato dalla giurisprudenza, ormai anche delle sezioni unite, di questa corte di legittimità: e si propone pertanto la relativa declaratoria”.
MOTIVI DELLA DECISIONE
2. Non sono state presentate conclusioni scritte, ma tutte le parti hanno depositato memoria – anzi i controricorrenti anche producendo documentazione – ed i loro difensori hanno chiesto di essere ascoltati in camera di consiglio.
3. A seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella camera di consiglio, ritiene il Collegio, preliminarmente disposta la riunione dei due ricorsi, in quanto proposti contro la medesima sentenza, di condividere i motivi in fatto e in diritto esposti nella su trascritta relazione e di doverne fare proprie le conclusioni, non potendo giustificarsi il suo superamento alla stregua delle repliche contenute nella memoria depositata dalle ricorrenti. Infatti, le concrete modalità di redazione dei due ricorsi impediscono l’enucleazione del fatto, secondo quanto ribadito dalla giurisprudenza richiamata nella relazione ed alla quale ritiene doveroso il Collegio assicurare continuità, così privando detti atti di quegli specifici requisiti di contenuto-forma assolutamente indispensabili.
4. Pertanto, ai sensi degli artt.380 bis e 385 cpc, i ricorsi riuniti vanno dichiarati inammissibili, con condanna delle soccombenti ricorrenti – tra loro in solido per l’evidente comunanza della causa – al pagamento delle spese del giudizio di legittimità in favore delle controparti, tra loro in solido per analogo motivo.
5. Compete ai controricorrenti altresì la liquidazione delle spese del procedimento ai sensi dell’art. 373 cod. proc. civ., conclusosi con ordinanza di accoglimento da parte della corte territoriale: al riguardo, spetta invero a questa Corte (Cass. 22 luglio 2011, n. 16121; Cass., ord. 25 marzo 2009, n. 7248; Cass. 11 febbraio 2009, n. 3341), una volta prodotti i relativi documenti con le forme e i termini dell’art. 372 cod. proc. civ. (in atti rinvenendosi la notifica a controparte in data 4.10.12), liquidare le relative spese, attesa la funzionalizzazione di tale sub-procedimento al giudizio di legittimità; peraltro, proprio tale suo inserimento funzionale impone, in applicazione del principio di tendenziale ed esaustiva omnicomprensività della liquidazione dei “compensi”, nel sistema di cui al D.L. 24 gennaio 2012, n.1, art.9, convertito, con modificazioni, dalla L. 24 marzo 2012, n.27, di comprenderli in quelli del giudizio di legittimità, con adeguata ed apposita – ma non separata – considerazione, verso il limite massimo previsto dal vigente D.M. 20 luglio 2012, n.140 (“regolamento recante la determinazione dei parametri per la liquidazione da parte di un organo giurisdizionale dei compensi per le professioni regolarmente vigilate dal ministero della giustizia, ai sensi del D.L. 24 gennaio 2012, n. 1, art. 9, convertito, con modificazioni, dalla L. 24 marzo 2012, n. 27”): dovendo esso applicarsi anche a tale fattispecie alla stregua dei principi desumibili da Cass. Sez. Un., 12 ottobre 2012, n. 17406.
PQM
La Corte, pronunciando sui ricorsi riuniti, li dichiara inammissibili;
condanna la R. spa e la BANCA SPA, ciascuna in persona del rispettivo legale rappresentante p.t. e tra loro in solido, al pagamento delle spese del giudizio di legittimità in favore della M.E.C.I. spa uni personale in liq.ne – in pers. del leg. rappr.nte p.t. – e di C.U., tra loro in solido, liquidate in Euro 15.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi.
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Numero Protocolo Interno : 94/2012