Come ha reagito il “Sistema Giustizia” alla prova del “Coronavirus” e qual è la “lezione” da trarne per il futuro?
Lo abbiamo chiesto al Dott. Antonio Didone, Magistrato dal 1977 al 2020, già Presidente di Sezione della Corte di Cassazione e in precedenza giudice delegato ai fallimenti presso i Tribunali di Sondrio, Sulmona, Vasto e Pescara, svolgendo funzioni di giudice civile e penale. Docente di procedura civile presso le scuole di specializzazione per le professioni legali dell’Università di Teramo. Autore, curatore e coordinatore di numerosissime opere scientifiche e articoli in materia fallimentare. Membro della Commissione Rordorf per la riforma delle procedure concorsuali.
Egregio Presidente, come sta impattando l’emergenza sanitaria sull’operatività della “Giustizia”?
«Piena di colpi di scena e quasi più appassionante di una fiction, la storia della giustizia all’epoca del COVID-19 sembra non avere mai fine». Faccio mie le parole ad effetto con le quali l’avv. Metafora su “processo civile” ha descritto il tormentato periodo trascorso dalla giustizia civile a far tempo dalla presa di coscienza del diffondersi della pandemia e dal primo decreto legge dell’8 marzo 2020 e così via fino all’ultimo (?) di fine aprile. Si attende il c.d. decreto “maggio” per vedere se i termini saranno ulteriormente sospesi.
Quali interventi legislativi Le sembrano più significativi?
La sospensione dell’attività giudiziaria non urgente disposta – in verità in modo non chiaro ma chiarito in sede di conversione – dal decreto legge n. 11 del 2020, prima fino al 15 aprile e poi fino all’11 maggio, era in certo qual modo obbligata e, d’altra parte, anche gli altri Paesi europei colpiti dalla pandemia hanno adottato provvedimenti analoghi
In Portogallo – solo per fare un esempio – l’attività giudiziaria è limitata sin dai primi giorni di marzo anche in assenza di provvedimenti legislativi. Come riferisce il Presidente del Tribunale di Lisbona, il Consiglio superiore della magistratura ha deciso di adottare misure di gestione eccezionali per gli uffici di primo grado. Si dà corso solo agli atti procedurali e alle attività istruttorie relative ai diritti fondamentali o relative a minori a rischio, o a misure educative urgenti, a processi con imputati detenuti e a tutti gli altri processi o attività che i giudici, secondo il loro prudente apprezzamento, individuano come necessari per prevenire danni irreparabili. Solo il 18 marzo 2020, con il decreto del Presidente della Repubblica n. 1-A / 2020 in Portogallo è stato dichiarato lo stato di emergenza.
Sotto quali profili, invece, si mostrano “insufficienti”?
Per restare all’esempio fatto del Portogallo, sarebbe stata auspicabile anche in Italia, così come è stato disposto in quel Paese, l’inversione del periodo feriale. I giudici portoghesi, sin dal 18 marzo, sono in ferie e trattano solo gli affari urgenti e il periodo feriale cesserà al termine dell’emergenza quando sarà emanato un altro decreto legge. In Italia, invece, vige un analogo regime di sospensione dei termini, ma a fine luglio e fino al primo settembre inizierà l’ordinario periodo feriale, sempre con attività limitata agli affari urgenti. Le aziende private in Italia sono state incentivate a concedere le ferie ai propri dipendenti. La proposta, ovviamente, presuppone ottimisticamente che nel periodo estivo – come dicono alcuni virologi – l’emergenza sarà meno impellente se non addirittura cessata.
La nostra Rivista si sta occupando, in particolare, delle esigenze degli operatori del mercato “NPL”, che sollecitano una garanzia minima di prosecuzione delle attività di recupero del credito ed una accelerazione delle procedure distributive, per contrastare l’inevitabile “crisi di liquidità”. Come sta reagendo il settore delle procedure individuali e concorsuali?
La giurisprudenza di merito, come è noto, si è mossa proprio nella direzione della accelerazione da lei indicata. In particolare si è ritenuto che in relazione al progetto di riparto parziale predisposto dal curatore ex art. 113 l. fall., in considerazione dell’entità della somma da ripartire e della necessità di favorire la circolazione del denaro, ricorrono le condizioni per dichiarare l’urgenza della trattazione ai sensi dell’art. 83 DL. 18/2020 (“Cura Italia”) al fine di escludere la sospensione dei termini per il reclamo, attesa la necessità di assicurare la tempestività dei pagamenti in questo periodo di emergenza sanitaria e di conseguente crisi economica per il fermo delle attività d’impresa. Peraltro, cessato il periodo di sospensione e a far tempo dal 12 maggio 2020 non vi sono impedimenti alla trattazione di affari concernenti la distribuzione del ricavato sia nelle procedure individuali che in quelle concorsuali. In genere i protocolli dei tribunali prevedono l’esigenza di trattazione scritta dei procedimenti relativi all’approvazione del rendiconto e delle contestazioni relative ai riparti. Modalità di trattazione compatibile con le esigenze di salvaguardia del diritto alla salute che consentirà di dichiarare urgenti – come è stato fatto nel corso del periodo di sospensione – gli affari concernenti la distribuzione del ricavato.
Come giudica, in particolare, la norma “blocca procedure” sulle abitazioni principali dei debitori (art. 54 ter del d.l. “Cura Italia”)? Può aiutarci a chiarire gli aspetti più “dubbi” della sua applicazione (sospensione ex officio; necessità o meno di apposita riassunzione; estensibilità anche agli “occupanti”-non debitori; acquisizione dei dati informativi necessari per giustificarne l’applicazione)?
«Extraordinary times require extraordinary measures», si legge nel rapporto CERIL (CONFERENCE ON EUROPEAN RESTRUCTURING AND INSOLVENCY LAW, COVID-19). L’esigenza – espressamente indicata dalla norma – “di contenere gli effetti negativi dell’emergenza epidemiologica da COVID-19”, ne denota chiaramente lo spirito solidaristico che ha ispirato finora tutta la legislazione dell’emergenza e non può che essere approvata, pur dovendosi riconoscere che una formulazione più precisa della disposizione avrebbe evitato alcuni dubbi interpretativi sollevati dai primi commenti alla normativa.
Quanto alle singole questioni poste dalla domanda, ritengo che si possa aderire alle opinioni espresse in varie linee guida di tribunali (v. linee guida del Trib. Cassino, 8.5.2020, conformi a documento CESPEC) nel senso che l’art.54-ter cit. delinea una ipotesi di sospensione ex lege delle procedure esecutive immobiliari aventi ad oggetto l’abitazione principale del debitore dalla data di entrata in vigore (30 aprile 2020) fino al 30 ottobre 2020.
L’operatività ex lege presuppone che sia il custode a segnalare l’esistenza di una situazione abitativa rilevante ai fini dell’applicazione della norma, acquisendo idonea documentazione.
Per la stessa ragione (operatività ex lege), conformemente al citato documento, occorre concludere che le procedure esecutive sospese ai sensi dell’art. 54 ter cit. riprenderanno il loro corso allo scadere del termine di sei mesi dall’entrata in vigore della predetta legge (30 aprile 2020) senza necessità di istanza di riassunzione.
La norma richiede, per la sua operatività, che la procedura abbia «ad oggetto l’abitazione principale del debitore». Non vedo, quindi, come possa essere estesa all’abitazione di non debitori.
Il processo civile è forse quello che si presta ad una maggiore digitalizzazione, essendo peraltro il primo ad essere stato declinato in forma “telematica”. La “lezione-Covid19” può suggerire interventi strutturali in ottica di snellimento delle procedure?
Penso si possa rispondere semplicemente richiamando le linee guida del Tribunale di Milano approvate il 7 maggio scorso là dove si evidenzia la possibilità di una ripresa generale e diffusa della giurisdizione civile, non manifestandosi la necessità di adozione di provvedimenti sistematici ex art. 83 comma 7 lettera g) D.L. 18/2020, disponendosi la ripresa delle udienze in via esclusiva (salve eccezionali peculiarità determinate da fattori non altrimenti risolvibili se noncon la presenza della parte), con il meccanismo di cui all’art. 83 comma 7 lettere f) e h), garantendo comunque il rispetto del principio del contraddittorio anche nella fase di cognizione sommaria. Si afferma testualmente nel provvedimento del Tribunale di Milano, «le forme di trattazione con modalità ex art. 83 comma 7, lettere f) e h), ancorché oggetto di recentissimi interventi di modifica legislativa, già sono state attuate e hanno permesso, in questa fase emergenziale, di consentire una indispensabile continuità nella giurisdizione civile». Ora, se si riflette che stiamo parlando del Tribunale del capoluogo della Regione maggiormente colpita dall’epidemia, non si può che concludere alla “lezione-Covid19” il sistema giudiziario ha saputo reagire traendo dalla sventura la forza per innovare.
Nella prassi processuale, alcuni dei momenti di interlocuzione con il Magistrato si sono trasformati in passaggi “formali”, per non dire “burocratici”. Si pensi, in particolare, all’udienza di precisazione delle conclusioni, alle udienze “interlocutorie” o, più in generale, alle udienze che non necessitano la presenza di soggetti ulteriori rispetto ai difensori. Si pensi ancora a quelle in grado di appello nei procedimenti che non richiedano una rinnovazione dell’istruttoria.
La “trattazione cartolare” – laddove possibile – potrà essere utilizzata “a pieno regime” per semplificare il lavoro degli operatori?
La domanda contiene in sé la risposta (affermativa) e mi limito, quindi, fare propri gli apprezzamenti insiti nella domanda stessa. D’altra parte è sufficiente richiamare l’esperienza del Tribunale di Milano or ora riferita.
E la trattazione “da remoto”? Anche questa potrà diventare una soluzione “strutturale”?
Come valuta, in particolare, la norma del d.l. 28/2020 che impone comunque la presenza del giudice nell’ufficio giudiziario? “Controsenso” o “presidio” di regolarità?
Sul punto sospendo ogni valutazione in attesa della conversione in legge del decreto che ha introdotto la necessità di presenza nell’ufficio che, peraltro, era già prevista in un provvedimento del Primo Presidente della Corte di Cassazione.
Concludiamo con la “gestione della crisi d’impresa”, uno dei settori che ha sicuramente caratterizzato la Sua carriera di Magistrato. La normativa emergenziale ha già impattato su tale ambito, procrastinando l’entrata in vigore del nuovo “Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza” al 1 settembre 2021. Nei prossimi mesi – se non addirittura anni – l’emergenza sanitaria si tradurrà inevitabilmente in emergenza economica. Ai Giudici impegnati su tale fronte si richiederà un ulteriore sforzo di “sensibilità” nel trattamento delle situazioni particolarmente critiche, tra realtà da “salvare” ed esigenze di recupero dei creditori. Come reagirà il “Sistema Giustizia” a questa sfida nel prossimo futuro?
Occorre prendere atto del rinvio dell’entrata in vigore del Codice della crisi, anche se alcune parti del nuovo testo normativo (sostituzione del fallimento con la liquidazione giudiziale, esdebitazione, sovraindebitamento, gruppi di imprese) non sono incompatibili con la situazione che si è venuta a creare a causa dell’emergenza sanitaria.
Il codice della crisi contiene altresì un istituto (composizione assistita della crisi) che, depurato dell’allerta c.d. “esterna”, potrebbe veramente rivelarsi un toccasana nella situazione economica emergenziale prevedibile per i prossimi mesi. Mi pare, insomma, che – se anche il legislatore vorrà mettere mano al Codice della crisi per meglio adattarne le previsioni alla realtà economica post-pandemica – alcune (non poche) parti di esso possano rappresentare una buona base di partenza per costruire un apparato normativo capace di venire incontro alle esigenze di un tessuto imprenditoriale molto colpito e di debitori sempre più indebitati.
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