La irreperibilità del testamento, di cui si provi l’esistenza in un certo tempo mediante la produzione di una copia, è equiparabile alla distruzione, per cui incombe su chi vi ha interesse l’onere di provare che esso “fu distrutto lacerato o cancellato da persona diversa dal testatore” oppure che costui “non ebbe intenzione di revocarlo”.
Questi i principi espressi dalla Corte di Cassazione, II sez. civ., Pres. Di Virgilio – Rel. Tedesco, con l’ordinanza n. 22191 del 14 ottobre 2020.
IL CASO
In un giudizio in materia di eredità, il giudice di prime cure aveva accolto la domanda proposta da una donna contro gli eredi legittimi di un uomo cui era stata legata sentimentalmente, riconoscendo che quest’ultimo aveva disposto in favore di essa attrice con disposizioni contenute in un testamento olografo, del quale la donna possedeva solo una copia. In particolare, la copia del testamento debitamente pubblicata con verbale notarile, riproduceva in fotocopia le disposizioni testamentarie olografe con le relative data e sottoscrizione, da un lato, e conteneva frasi olografe, siglate e sottoscritte, oltre a un codicillo con cui il testatore revocava una delle disposizioni testamentarie, dall’altro lato. La sentenza di primo grado, tuttavia, veniva impugnata dalla legittima coniuge del testatore e la Corte d’appello competente rigettava la domanda dell’attrice del primo grado, proseguita nel frattempo dagli eredi, dato che la stessa era deceduta. La Corte territoriale, nello specifico, riconosceva che l’irreperibilità del documento originale rendeva operante la presunzione di revoca stabilità ex art 684 c.c., presunzione che nella specie non era stata superata. Per la cassazione di quest’ultima sentenza, gli eredi della donna legata sentimentalmente al testatore proponevano ricorso.
LA DECISIONE
La Suprema Corte, prendendo le mosse da tale controversia, ha chiarito una serie di aspetti in materia di successioni. In particolare, è stato affermato che una scheda testamentaria irreperibile pone in essere una “presunzione di revoca”, nel senso che il testamento può essere stato distrutto dallo stesso testatore a fini di revoca. Per vincere tale presunzione, occorre che colui che mira a ricostruire mediante prove testimoniali, ai sensi dell’artt. 2724, n. 3, e 2725 c.c., il testamento che asserisce smarrito o distrutto, non ad opera dello stesso testatore, fornisca la prova dell’esistenza del testamento stesso al momento dell’apertura della successione. Solo in tal modo si può infatti raggiungere l’assoluta certezza del fatto che non sia stato lo stesso de cuius a distruggere la scheda e così a revocare il testamento.
Ai fini di tale prova può ricorrersi, secondo la Cassazione, anche alle presunzioni semplici. Nello stesso tempo la giurisprudenza di legittimità chiarisce che:
a) l’ammissibilità della prova per testimoni, diretta alla ricostruzione dell’olografo, deve coordinarsi con il disposto degli artt. 2724, n. 3, 2725 c.c: la prova è da considerare inammissibile in caso di dolo o colpa dell’erede che possedeva la scheda;
b) la ammissibilità della prova che la scomparsa del testamento non sia dovuta a chi chiede la ricostruzione «presuppone in ogni caso il positivo esperimento della prova contraria alla presunzione di avvenuta revoca della disposizione testamentaria»;
c) laddove esista copia informe dal testamento, l’eventuale mancanza di un espresso disconoscimento della conformità all’originale della prodotta fotocopia, di per sé, è irrilevante ai fini del superamento della presunzione di revoca;
d) infatti, il mancato disconoscimento potrebbe venire in considerazione solo dopo che sia stata superata la presunzione di revoca, «essendo evidente che detta conformità non sarebbe valsa ad escludere la possibilità che il testamento dopo essere fotocopiato fosse stato revocato mediante distruzione dallo stesso testatore»
L’esame della giurisprudenza della Corte consente di ribadire, quindi, che la prova contraria può essere data, anche per presunzioni, non solo attraverso la prova della esistenza del testamento al momento della morte (ciò che darebbe la certezza che il testamento non è stato revocato dal testatore), ma anche provando che il testamento, seppure scomparso prima della morte del testatore, sia stato distrutto da un terzo o sia andato perduto fortuitamente o comunque senza alcun concorso della volontà del testatore stesso. È ammessa anche la prova che la distruzione dell’olografo da parte del testatore non era accompagnata dalla intenzione di togliere efficacia alle disposizioni ivi contenute.
In presenza di una copia informale dell’olografo il mancato disconoscimento della conformità all’originale diventa rilevante solo una volta che sia stata superata la presunzione di revoca. Ferma la prioritaria esigenza che sia stata data la prova contraria alla presunzione di revoca, sono applicabili al testamento le norme degli artt. 2724 n. 3, e 2725 c.c. sui contratti. È quindi ammessa ogni prova, compresa quella testimoniale e per presunzioni, sull’esistenza del testamento, purché beninteso la scomparsa non sia dovuta a chi chiede la ricostruzione del testamento.
Per ulteriori approfondimenti si rinvia ai seguenti contributi pubblicati in Rivista:
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