ISSN 2385-1376
Testo massima
In tema di imposta di registro, lo scioglimento del rapporto contrattuale per mutuo dissenso, pur rientrando nella vasta categoria degli eventi risolutivi del contratto, realizza la ritrattazione bilaterale del contratto con la conclusione di un nuovo negozio, da assoggettare a tassazione secondo il disposto dell’art. 28, comma 2, del T.U. Registro.
Questo il principio affermato dalla Suprema Corte, Sezione Sesta, Pres. Cicala Rel Caracciolo, con ordinanza n. 41342, depositata il 02.03.2015.
Il provvedimento in commento trae origine da un ricorso dell’Agenzia delle entrate avverso una sentenza della Commissione Tributaria Regionale che, rigettando l’appello proposto dall’Ente, confermava la pronuncia di primo grado ed annullava il silenzio – rifiuto “sull’istanza di rimborso della tassa di registro corrisposta (a seguito di notifica di avviso di liquidazione), su registrazione di scrittura privata autenticata in data 13.7.2009 di mutuo consenso per la risoluzione di un precedente contratto di cessione di ramo d’azienda, a sua volta registrato il 29.2.2008 e nel quale non risultavano espresse clausole o condizioni risolutive di sorta”.
La CTR motivava la propria decisione affermando che in detto atto di risoluzione non poteva configurarsi un trasferimento di ricchezza cui correlare l’imposta di registro mediante la retrocessione del bene ipotizzata dall’Ufficio, ma la semplice volontà delle parti di ripristinare l’originario assetto patrimoniale.
I giudici di piazza Cavour, alla luce di quanto esposto dalla ricorrente, hanno accolto il motivo di impugnazione, confermando un consolidato orientamento di legittimità in ordine alla rilevanza fiscale del contratto di mutuo dissenso.
Ed invero, gli ermellini, nell’ordinanza in commento, hanno affermato che il contratto di mutuo dissenso è qualificabile come un nuovo contratto, di natura solutoria e liberatoria, con contenuto eguale e contrario a quello del contratto originario e con efficacia ex nunc, determinante, nel caso di specie, un nuovo passaggio di proprietà del bene oggetto del contratto da risolvere.
In altre parole, la volontà delle parti di liberarsi dagli obblighi contrattuali originali, produce una regressione della proprietà del bene, di cui al primo contratto, dall’acquirente al proprietario alienante.
Per tale ragione, la Suprema Corte ha ritenuto che un siffatto negozio giuridico non possa non considerarsi annoverabile nella categoria residuale contemplata dall’art. 28 del T.U. Registro, e perciò tassabile in applicazione della norma contenuta nel comma 2 del medesimo articolo, posto che l’imposta è dovuta per le prestazioni derivanti dalla risoluzione contenuta in un autonomo negozio e non per effetto di clausole o di condizioni risolutive espresse contenute nel contratto originale.
Ed ancora, il Giudice di legittimità ha altresì aggiunto che, nel caso di specie, considerato il trasferimento di proprietà determinato dagli effetti risolutivi del mutuo dissenso, quest’ultimo debba essere assoggettato all’imposta proporzionale di registro, da applicarsi con la aliquota prevista per i contratti di cessione di ramo d’azienda.
Alla luce di quanto sopra, la Corte ha accolto il ricorso, disponendo la cassazione della decisione della CTR ed il rinvio alla medesima Commissione, in diversa composizione, chiamata altresì a pronunciarsi sulle spese di lite.
Testo del provvedimento
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