ISSN 2385-1376
Testo massima
Gli eredi del parente deceduto rispondono pro quota per il debito fiscale riguardante l’imposta di registro in mancanza di norme speciali che vi deroghino, e vale la comune regola della ripartizione dei debiti ereditari pro quota di cui agli articoli 752 e 1295 cc.
È quanto emerge dalla sentenza emessa dalla Corte di Cassazione n. 22426 del 22 ottobre 2014 in materia di imposta di registro.
Nel caso di specie, un contribuente proponeva ricorso innanzi alla CTP di Latina avverso un avviso di liquidazione con cui l’Ufficio aveva recuperato a tassazione una maggiore imposta di registro.
La suddetta CTP, con sentenza passata in giudicato, respingeva il ricorso; così, gli eredi – che ricevevano in seguito la cartella di pagamento – si rivolgevano alla CTR del Lazio, sez. distaccata di Latina, la qualeconfermava la decisione ritenendo che gli eredi “rispondono in solido del debito del de cuius” e che, nel caso in esame, non potesse trovare applicazione l’art. 477 c,p,c, “in quanto tale procedura è adottata quando si deve dare inizio alla esecuzione forzata e non certo nel caso in esame in cui l’iscrizione a ruolo è stata fatta in base ad un titolo in precedenza notificato al dante causa“; e, da ultimo, giudicando che “l’eccepita carenza di motivazione non è fondata perché la cartella riporta l’indicazione delle sentenze da cui è derivata l’iscrizione“.
Contro la sentenza della CTR, gli eredi ricorrenti proponevano ricorso innanzi alla Suprema Corte, Sezione Tributaria, lamentando, tra l’altro, la violazione e la falsa applicazione dell’articolo 65 del D.P.R. n. 600/73, nonché degli articoli 752, 754 e 1295 c.c. perché, non trattandosi d’imposte dirette e né d’imposta di successione, bensì del debito ereditario conseguente al recupero nei confronti del de cuius della maggiore imposta di registro, a giudizio della contribuente la CTR avrebbe errato a statuire che del debito fiscale oggetto della cartella fossero solidalmente responsabili tutti gli eredi e non invece che gli stessi fossero soltanto tenuti pro quota in ragione della comune regola di cui all’art. 1295 c.c.
La Cassazione ha ritenuto fondato il motivo e, uniformandosi ad un proprio precedente (Cass. sez. trib. n. 780 del 2011), ha rilevato che «in mancanza di norme speciali che vi deroghino, deve essere applicata la comune regola della ripartizione dei debiti ereditari pro quota previsti dagli articoli 752 e 1295 del codice civile».
Infatti, al caso di specie non risultavano applicabili né la regola speciale della solidarietà dei coeredi di cui all’art. 65 d.p.r. 29 settembre 1973, n. 600, soltanto predisposta per i debiti contratti dal de cuius relativamente al mancato pagamento delle imposte sui redditi; né la regola speciale della solidarietà dei coeredi contenuta all’art. 36 d.lgs. 31 ottobre 1990, n. 346, soltanto predisposta per il pagamento dell’imposta di successione; né, infine, la speciale regola della solidarietà di cui all’art. 57 d.p.r. 26 aprile 1986, n. 131, che non riguarda i coeredi del debitore solidale dell’imposta di registro.
Pertanto doveva ritenersi applicabile l’ordinaria regola della ripartizione pro quota dei debiti ereditari.
In conclusione, l’impugnata sentenza è stata cassata, ma senza rinvio. La Suprema Corte ha, infatti, ravvisato i presupposti per la decisione della controversia nel merito sicché il debito di cui alla cartella è stato ridotto in ragione della quota ereditaria spettante al contribuente.
Testo del provvedimento
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