ISSN 2385-1376
Testo massima
È differente l’aliquota dell’imposta di registro per i singoli beni alienati in caso di contratto di cessione di azienda quando vengono pattuiti per diversi corrispettivi.
È questo il principio statuito dalla Commissione Tributaria Regionale Lombardia, la quale, in ragione dell’art. 23 D.p.r. 13l/86, ha riconosciuto che, in caso di cessione di singoli rami di azienda, i beni alienati devono essere tassati alla luce della propria aliquota d’imposta di registro, anche nel caso in cui vengano ad essere trasferiti con una sola operazione di cessione.
La vicenda ha riguardato una società impegnata a cedere un ramo di attività costituito da beni mobili, avviamento e, per la maggior parte, da crediti. La società ha fatto ricorso distintamente alle aliquote sull’imposta di registro applicando il 3% per i beni mobili e l’avviamento e lo 0,5% per i crediti.
L’Agenzia delle Entrate, tuttavia, richiamandosi all’art. 23, D.p.r. 131/86, ha ritenuto dovesse applicarsi solo l’aliquota più alta del 3% dato che i singoli beni rientravano comunque nella medesima operazione di cessione di ramo di azienda.
La società, dal canto suo, non ha condiviso l’avviso di liquidazione ed ha impugnato il provvedimento sostenendo che, come previsto da una lettura più completa dell’art. 23, i singoli beni sarebbero sì soggetti ad un’unica aliquota d’imposizione quando oggetto di una sola disposizione, ma non anche nel caso in cui si applichino doversi corrispettivi per ciascun bene.
Giunta la causa dinanzi al Ctr i giudici hanno accolto la tesi del contribuente e sostenuto che la tesi della tassazione ad aliquota unica non poteva essere condivisa perché questo avrebbe significato dare una lettura forzata dell’art. 23, considerato che i singoli componenti del complesso aziendale, sebbene rientranti nella medesima operazione di cessione, sono stati venduti a corrispettivi distinti.
In conclusione il Ctr ha accolto la tesi della società ed ha annullato l’avviso di liquidazione.
Testo del provvedimento
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DI MILANO
SEZIONE 6
riunita con l’intervento dei Signori:
SILOCCHI SERGIO Presidente
CITRO GUIDO Relatore
STRATI ANTONIO Giudice
ha emesso la seguente
SENTENZA
– sull’appello 3146/2013 depositato il 07.06.2013
– avverso la sentenza n.245115/12
emessa dalla Commissione Tributaria Provinciale di MILANO
AG.ENTRATE DIREZIONE PROVINCIALE ll Dl MILANO
-appellante-
(Omissis) S.P.A.
-appellato-
Atti impugnati:
AVVISO Dl LIQUIDAZIONE n° 08/1 T/03 49421000/PO01 REGISTRO R.G.A. .N. 3146/13
Oggetto: appello proposto da Agenzia delle Entrate dir. prov. avverso sentenza n. 245/15/12 della CTP di Milano.
Svolgimento del processo. L'(Omissis) SpA ricorreva avviso di liquidazione imposta di registro emesso in considerazione che l’imposta di registro liquidata per l’atto di cessione di un ramo di attività dovesse essere calcolato al 3% sul valore del complesso aziendale, anziché come liquidata dalla società ad aliquota dello 0,50% sul valore dei crediti.
La società faceva presente che in sede di registrazione dell’atto, come previsto dall’art. 23 DPR 131/86 per la cessione di singoli rami d’azienda, furono correttamente tassati con aliquota del 3% i beni mobili e l’avviamento, mentre veniva applicata un’aliquota dello 0,50 del valore dei crediti costituenti quest’ultimi la maggior parte delle attività aziendali. Riteneva non corretta l’interpretazione dell’Ufficio e chiedeva di annullare l’atto impugnato.
L’Ufficio costituitosi sostiene che l’indicazione differenziata dei diversi beni non porta all’applicazione di aliquote differenti, trattandosi comunque di un complesso aziendale e che quindi il valore complessivo di esso andava tassato ad aliquota del 3%. Chiedeva il rigetto del ricorso e la conferma dell’avviso di liquidazione. I primi giudici ritengono applicabile alla fattispecie le disposizione del 1° c. dell’art. 23, DPR 131/86, nella parte che dispone la non applicabilità dell’aliquota più alta nei casi in cui, per i singoli beni e diritti siano stati pattuiti corrispettivi distinti. Essi accolgono il ricorso e compensano le spese del giudizio.
Appella la sentenza l’Ufficio insistendo sulle conclusioni pervenute in sede di emissione dell’atto impositivi e criticando la sentenza dei primi giudici ne richiede la riforma con conferma della legittimità dell’avviso di liquidazione. Il contribuente con atto di costituzione insiste sulla correttezza dell’applicazione di aliquote differenziate secondo i vari beni ceduti e ritenendo corretta la sentenza appellata ne chiede la conferma.
Motivi della decisione. La diversa interpretazione dell’art. 23 delle due parti, nasce dalla poca chiarezza delle norme in esso previste. Perché, se al comma 1°, la prima parte dice che ” se una disposizione ha per oggetto più beni o diritti, per i quali sono previste diverse aliquote, si applica l’aliquota più elevata” e continua al secondo periodo ,,salvo che i singoli beni o diritti siano stati pattuiti corrispettivi distinti”.
All’ultimo comma recita” nelle cessioni di aziende o di complessi aziendali relativi ai singoli rami dell’impresa, ai fini dell’applicazione delle diverse aliquote, le passività si imputano ai diversi beni sia mobili che immobili in proporzione del loro rispettivo valore”. Ci si chiede se la normativa stabilisce un’aliquota del 3% fissa indipendentemente dai beni che formano il complesso aziendale, perché la normativa distingue il caso in cui sono stati pattuiti i valori dei singoli beni e poi perché prevede la detrazione delle passività al valore dei singoli beni?
Questa Commissione ritiene essere corretta l’applicazione delle aliquote per singoli beni così come operato dalla contribuente e, pertanto, risulta annullabile l’avviso di liquidazione emesso dall’Ufficio per la pretesa della differenza di imposta.
La Commissione rigetta l’appello dell’Ufficio e per l’incertezza interpretativa ritiene corretto compensare tra le parti le spese di giudizio.
P.Q.M.
La Commissione respinge l’appello e compensa le spese
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