In materia di imposta di registro, nel caso di vendita di terreno con sovrastante fabbricato, la successiva richiesta di concessione edilizia per la costruzione di un nuovo immobile, previa demolizione del fabbricato, comporta la riqualificazione dell’atto quale vendita di terreno edificabile e la conseguente rettifica dell’imposta, dovendo il negozio essere sottoposto a tassazione in ragione degli effetti giuridici che oggettivamente produce.
L’art. 1 comma 87 lett. a) L. n. 205/2017, modificativo dell’art. 20 D.P.R. n. 131/1986 con effetto dal 1 gennaio 2018, non ha natura interpretativa, ma innovativa, in quanto introduce limiti all’attività di riqualificazione della fattispecie precedentemente non previsti: ne deriva che tale disposizione non ha efficacia retroattiva, e pertanto gli atti antecedenti alla data della entrata in vigore della stessa continuano ad essere assoggettati all’imposta secondo la disciplina contemplata dal detto art. 20 D.P.R. n. 131/1986 nella previgente formulazione.
Questi i principi espressi dalla Commissione Tributaria Regionale, Pres. Mainini, Rel. Morlini, con la sentenza n. 47 del 7 gennaio 2019.
La vicenda è stata originata da un atto di compravendita, datato 16 settembre 2011, con cui i due comproprietari alienanti hanno venduto un immobile a una società acquirente. L’imposta di registro, al momento dell’acquisto, è stata tassata con l’aliquota del 7%, essendo il rogito riferito alla vendita di fabbricato.
Tuttavia, sette giorni dopo la vendita, la società acquirente ha richiesto al Comune il cambio di intestazione della pratica edilizia intestata con voltura a suo favore e, in data 15/12/2011, ha ottenuto il rilascio del permesso a costruire un nuovo edificio residenziale di sei alloggi, previa integrale demolizione di quello esistente.
A tal punto, l’Ufficio ha contestato ai venditori e all’acquirente la natura dell’atto di acquisto, riqualificandolo “compravendita di terreno” e rettificando la tassazione operata sull’imponibile con l’applicazione dell’aliquota dell’8% anziché del 7%, alla stregua di quanto previsto dall’articolo 1 della tariffa allegata al DPR. n. 131/1986, con conseguente accertamento di maggiore imposta.
Per tale ragione i venditori e l’acquirente hanno impugnato l’accertamento davanti alla CTP di Forlì, ribadendo che oggetto della compravendita doveva ritenersi il fabbricato e non già il terreno, tenuto conto che al momento della vendita il fabbricato era effettivamente presente.
Ha resistito l’Ufficio, ribadendo che il reale intento delle parti non poteva che essere quello di compravendere un terreno edificabile, avendo la cessione come oggetto formale il fabbricato ma come oggetto sostanziale il terreno edificabile e la sua cubatura.
La CTP ha accolto il ricorso, sul presupposto che non poteva essere immutato l’oggetto della cessione, e che la successiva demolizione del fabbricato doveva ritenersi un evento futuro ed incerto, ed in ogni caso successivo alla stipulazione del rogito di compravendita, come tale irrilevante ai fini della sua tassazione.
Avverso la sentenza ha interposto appello l’Ufficio, rappresentando, in fatto, che nella fattispecie oggetto di causa, l’intento perseguito era quello di ottenere il terreno al fine di edificare alloggi, essendo il fabbricato esistente stato immediatamente demolito. In diritto, l’Ufficio ha, invece, rappresentato che, ai sensi dell’articolo 20 DPR n. 131/1986, l’imposta va applicata sulla base dell’intento effettivamente perseguito dalle parti.
Gli alienanti e la società acquirente hanno resistito all’appello sul presupposto della correttezza delle argomentazioni sviluppate dall’impugnata sentenza.
Tuttavia, il giudice dell’appello ha rappresentato che, ai sensi dell’art. 20 DPR n. 131/1986 vigente al tempo dei fatti di cui è causa, l’imposta è applicata secondo la intrinseca natura e gli effetti giuridici degli atti presentati alla registrazione, anche se non vi corrisponda il titolo o la forma apparente”.
In sostanza, come evidenziato dal Giudice, la disposizione normativa prevede che l’applicazione dell’imposta di registro prescinda dal nomen iuris dato dalle parti all’atto, e chiede invece di verificare quale sia la reale causa concreta del negozio soggetto a tassazione, dovendosi applicare le imposte in base all’effetto pratico che è stato conseguito dall’atto stesso e non già in base alla qualificazione autonomamente data dalle parti, ciò anche a prescindere dall’intento elusivo.
Con riferimento al caso di specie, è evidente come l’intento reale concreto perseguito dalle parti fosse quello di procedere alla compravendita di un terreno edificabile, non già di un fabbricato. Tale conclusione, peraltro, appare confermata anche dalla giurisprudenza di legittimità.
Il Giudicante ha, altresì, evidenziato che le suddette conclusioni non solo non sono contraddette dalla novella apportata all’articolo 20 DPR n. 131/1986 da parte dell’articolo 1 comma 87 lettera a) L. n. 205/2017 (norma peraltro nemmeno invocata dagli appellati), ma anzi, sono vieppiù rafforzate dall’entrata in vigore di tale novella.
Invero, l’articolo 20 ora in vigore impedisce la riqualificazione dell’atto da parte dell’Ufficio sulla base di collegamento negoziale o elementi extratestuali, salvo il caso di abuso del diritto.
Tuttavia, la giurisprudenza ha chiarito che la novella, in vigore del 1 gennaio 2018, non ha natura interpretativa, ma innovativa, in quanto introduce limiti all’attività di riqualificazione della fattispecie precedentemente non previsti: ne deriva che tale disposizione non ha efficacia retroattiva e, pertanto, gli atti antecedenti alla data della entrata in vigore della stessa continuano ad essere assoggettati all’imposta secondo la disciplina contemplata dal detto art. 20 del d.P.R. n. 131 del 1986 nella previgente formulazione.
Alla luce delle suesposte argomentazioni, la CTR ha ritenuto legittimo il comportamento dell’Ufficio, e, conseguentemente, in riforma della sentenza appellata, ha rigettato l’originaria impugnazione delle parti private.
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