ISSN 2385-1376
Testo massima
In tema di imposta di registro, le scritture private non autenticate che contengano disposizioni relative ad operazioni soggette ad I.V.A., tra le quali sono incluse anche le prestazioni di servizi, in caso d’uso, sono sottoposte tassazione in misura fissa ex art. 5, comma 1, del D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131.
È quanto stabilito dalla Corte di Cassazione, Sezione Quinta, Pres. Di Blasi Rel. Terrusi, con la sentenza n. 24268, depositata in data 27 novembre 2015.
La vicenda originava da un avviso di liquidazione che l’Ente per la riscossione aveva notificato ad una società di capitali (s.r.l.), per contestare l’omessa registrazione in termine fisso di un atto di concessione di un finanziamento infruttifero da parte della società controllante. Ai sensi del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 5, l’Ente recuperava, quindi, l’imposta proporzionale di registro al 3 %, l’imposta di bollo, gli interessi e le sanzioni.
La società interponeva opposizione, sostenendo che si trattasse di negozio tassabile in caso d’uso, siccome formato mediante corrispondenza, sicché l’imposta si sarebbe dovuta applicare in misura fissa.
Di contrario avviso, la Commissione Tributaria Provinciale adita, la quale rigettava il ricorso.
Dello stesso parere i giudici della Commissione Tributaria Regionale che, all’esito del giudizio d’appello, confermavano la sentenza di primo grado. Ad avviso della commissione, non poteva considerarsi non provata la circostanza che il contratto fosse stato perfezionato per corrispondenza, giacché era mancata la spedizione della proposta a mezzo del servizio postale ed era peraltro mancata anche la sottoscrizione del proponente della copia sottoscritta dall’accettante.
“Per aversi prova certa della formazione della volontà contrattuale a mezzo di scambio di corrispondenza ha chiarito la CTR sarebbe stato necessario uno scambio di raccomandate, o quanto meno un invio a mezzo posta della proposta e dell’accettazione. In difetto di consimile prova, essendosi in presenza di un’operazione di finanziamento, correttamente l’ufficio aveva applicato l’art. 9 della tariffa, parte 1^, allegata al D.P.R. n. 131 del 1986, con registrazione in termine fisso e imposta proporzionale al 3 %. Nè l’operazione poteva ritenersi rilevante ai fini dell’Iva, attesa la specifica esclusione prevista dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 2, comma 3, lett. a)“.
Di qui, il ricorso per cassazione e la decisione in commento.
A ben vedere, il punto centrale della controversia attiene al regime di cui all’art. 1, lett. b), della tariffa, parte 2^, allegata al D.P.R. n. 131 del 1986, essendo stata dedotta come dalla sentenza si apprende l’astratta soggezione dell’operazione ad Iva. Su questo che era il tema decisivo l’impugnata sentenza aveva sostenuto che l’operazione, in quanto di finanziamento, non rilevava ai fini dell’Iva per la specifica esclusione prevista dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 2, comma 3, lett. a), (cessioni aventi a oggetto denaro o crediti in denaro).
Invero dichiarano i giudici della Corte “(
) secondo il combinato disposto D.P.R. n. 131 del 1986, ex art. 5, comma 2, e art. 1, lett. b), dell’allegata tariffa, parte 2^, sono sottoposte a registrazione in caso d’uso, e scontano l’imposta in misura fissa, le scritture private non autenticate contenenti disposizioni relative a operazioni soggette ad Iva, fra cui le “prestazioni di servizi“.
Sicché non è utile la considerazione della commissione tributaria siccome limitata al distinto concetto di “cessione di beni”.
Viceversa, tra le prestazioni di servizi il D.P.R. n. 633 del 1972, art. 3, comma 2, n. 3, comprende proprio i prestiti di denaro.
E il fatto che questi siano poi esentati dall’imposta, in virtù del successivo art. 10, n. 1, allorché possano considerarsi “operazioni di finanziamento”, è questione non rilevante nel caso oggetto di giudizio, ove invece, si tratta della debenza dell’imposta di registro, non dell’Iva”.
Ne deriva, pertanto, che “ai limitati fini del regime di registro, il punto essenziale è che le operazioni di finanziamento in astratto siano soggette a Iva e che, per questa ragione, esse non debbano scontare l’imposta proporzionale di registro, come d’altronde prevedono espressamente il D.P.R. n. 131 del 1986, art. 5, comma 2, e art. 40, comma 1, laddove considerano soggette all’Iva (e quindi a registrazione a imposta fissa) anche “le prestazioni per le quali l’imposta non è dovuta“ (a eccezione di alcune ipotesi qui non ricorrenti). Nel che è poi l’orientamento prevalente di questa corte (v. Sez. 5^ n. 9403-07, cui adde Sez. 5^ n. 4748-06 e Sez. 1^ n. 11431-99)“.
Nel complesso affermano i Giudici della Suprema Corte “doveva trovare applicazione, quanto al caso in esame, il regime fiscale afferente gli atti soggetti a registrazione in caso d’uso, con applicazione della sola imposta fissa. Invero la norma fiscale, subordinando al beneficio della registrazione solo in caso d’uso gli atti formati “mediante corrispondenza”, si limiterebbe a imporre la materiale trasmissione del relativo carteggio, prescindendo dal mezzo all’uopo impiegato, essendo gli “atti formati per corrispondenza” necessariamente quelli, unilaterali o meno, che acquistano efficacia dalla corrispondenza; e dunque gli atti di cui agli artt. 1334, 1326 e 1335 c.c.. Pertanto il beneficio fiscale non poteva esser ritenuto subordinato alla prova dell’invio di proposta e accettazione a mezzo posta, né alla prova della conclusione contestuale mediante documento contenente la sottoscrizione di entrambi i contraenti“.
Testo del provvedimento
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Numero Protocolo Interno : 32/2015